Capitolo 38

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Mi aggiusto il vestitino azzurro pastello per potermi asciugare le mani imperlate di sudore a causa dell'ansia. Più il tempo passa mentre aspetto che Cole varchi quella porta, più mi sento un'emerita idiota prossima alla sua perdita di dignità.

Oggi è il compleanno del padre di mia figlia ed io, per fargli un regalo decisamente originale ed unico nel suo genere e per tenerlo lontano dalla sua festa a sorpresa a casa mia, sto attendendo il suo arrivo nel suo locale preferito. 

La cosa che più ama di questo posto perennemente luminoso è il grande pianoforte al centro della sala e il piacevole sottofondo musicale che regala sempre a tutti i presenti.

Così eccomi qui, resa carina dalle mani esperte della mia make-up artist personale, nonché mia migliore amica, in attesa del suo ingresso per poter posare le mie mani sui tasti bianchi e neri davanti a me ed iniziare a suonare la canzone "Quite Miss Home" che, oltre ad essere la sua preferita, è stata la colonna sonora del nostro primo, singolare incontro. La voce di James Arthur, cantante per cui stravedo anche io, riecheggiava nella stanza in cui stavamo ballando e soprattutto risuonava nella mia testa decisamente brilla quando ci siamo baciati per la prima volta. Quando tutta questa lunga e bella storia è incominciata.

Il suono del campanello sopra la porta mi fa alzare lo sguardo dalle mani che mi stavo torturando fino ad incrociare i due zaffiri che Cole ha incastonati al posto degli occhi. È un po' confuso nel vedermi seduta davanti al pianoforte che ho avuto il permesso di utilizzare dal proprietario del locale solo dopo avergli assicurato di saperlo suonare. Fa qualche passo nella mia direzione, probabilmente per trovare risposte alle tante domande che si sta ponendo in questo preciso istante, però io non gli permetto di parlare.

Faccio un bel respiro profondo e, mentre poso entrambe le mani sulla tastiera, per un attimo infinitamente breve temo di aver dimenticato tutte le note e persino ogni singola parola del brano. All'improvviso mi ricordo di quando Cole mi ha incoraggiata a suonare in aeroporto e mi ricordo della sorpresa che ho intenzione di fargli per i suoi diciannove anni. Qui ed ora.

Le mani sono in posizione, gli occhi chiusi e la consapevolezza di potercela fare s'insinua dentro di me all'inizio lentamente, poi sempre più veloce fino a che non trovo il coraggio di premere i primi accordi. Tutto sembra tornare al suo posto e le mie mani iniziano a correre abili a causa di tutte le volte in cui mi sono esercitata affinché il mio fosse davvero un regalo speciale. La mia voce segue le note e mi dimentico di ogni singola persona seduta in questo bar, tutti tranne colui che mi starà di sicuro guardando scioccato. Apro gli occhi, improvvisamente invincibile e sicura di me, per potermi gustare la sua espressione sbalordita proprio come l'avevo immaginata.

La canzone termina e, mentre il suono di un grande applauso riempie il locale, prendo il microfono tra le mani che tremano leggermente per ciò che ho appena fatto.

"Buon compleanno, Cole" mi rivolge un grande sorriso che è capace di riempirmi dentro e farmi sentire la persona più felice del mondo.

Mi alzo in piedi e, dopo aver sceso i due gradini che mi separavano dal resto dei presenti, il moro mi viene incontro senza mai smettere di sorridermi.

"Hai davvero cantato davanti a tutte queste persone?" mi chiede stupito e felice.

"Mi sto chiedendo la stessa identica cosa" sorrido anche io e lui mi abbraccia forte. Mi solleva dal suolo ed insieme, stretti l'uno all'altro, volteggiamo come una trottola.

"Grazie" sussurra al mio orecchio solleticandolo con il fiato caldo.

"So che non è il massimo come compleanno, però..." gli indico il tavolino che ho prenotato assieme ad un cupcake al cioccolato con una candelina accesa.

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