Capitolo 36

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L'odore forte di disinfettante mi invade le narici con fare prepotente e violento mentre mi prendo un secondo per me prima di avviarmi verso la mia meta. Dopo aver trovato la forza necessaria per raggiungerla, cammino a passo spedito fino a quando non sono davanti alla stanza numero 57. Faccio irruzione nella camera bianca e asettica mentre sul mio volto compare un ampio sorriso nel vederlo. Poggio lo zaino sul pavimento vicino all'ingresso come ogni giorno e mi rendo conto che il mio olfatto si è già abituato all'odore pungente d'ospedale.

"Ciao piccola mia" anche le labbra di mio nonno Paul s'inarcano in uno splendido sorriso luminoso che è sempre lì, nonostante i dolori forti e costanti "Come stai oggi?" gli lascio un bacio sulla fronte e mi accomodo accanto a lui sul letto dal materasso duro.

"Questo dovrei chiedertelo io, non credi?" ridacchio per il suo modo di essere spumeggiante e allegro nonostante tutto.

"Però te l'ho chiesto prima io" mi fa una linguaccia e sono costretta a rispondergli.

"Sto bene" questa volta sorrido in modo spontaneo, anche se non mi sfugge la sua espressione di dolore quando cerca di sistemare gli infiniti cuscini dietro di lui "Credo che Megan ed io diventeremo ottime amiche"

"Sono felice di sentirtelo dire" mi carezza la guancia nonostante questo semplice movimento gli costi uno sforzo enorme. Sospiro nel pensare che, venendolo a trovare in ospedale ogni pomeriggio, mi sto rendendo conto di quanto, man mano che il tempo passa, gli diventi più difficile anche fare i gesti più banali. Anche se non lo dà mai a vedere e mai lo farà perché lui è fatto così. È abituato a mettere il bene degli altri sempre prima del suo "Anche io sono convinto che questa Megan sia una bella persona... Non ti vedo così felice da tempo, ormai" e so che è davvero felice per me, anche se in questo momento tutto sembra remargli contro.

"Tu come stai?" provo a rivolgergli la domanda a cui so che non darà mai una risposta diretta. È nella sua natura lottare e non lamentarsi mai di nulla per quanto stia soffrendo, soprattutto in quest'ultimo periodo.

"Oggi mi sento un po' debole" ammette davanti alla mia faccia preoccupata "Però tu sta' tranquilla" anche adesso che la malattia lo sta divorando non smette mai di essere il mio albero maestro, colui che t'impedisce sempre di cadere e che pur di proteggerti sarebbe disposto a dare la sua stessa vita.

Gli occhi mi si stanno per riempire di lacrime, però faccio un respiro profondo e butto giù tutto quanto. Non devo esplodere adesso, cazzo. Dovrò aspettare fino a stasera come faccio sempre, posso farcela.

"Ieri ho conosciuto una signora che mi ricordava tanto la nonna" cerca di distrarmi a causa degli occhi lucidi che di certo non gli sono passati inosservati "Era così logorroica che una volta che ha iniziato a parlare non riuscivo più a farla smettere, proprio come lei" sorride nel ricordare la moglie defunta, poi all'improvviso la sua pelle perennemente abbronzata si schiarisce un po' di più e mi prende le mani con le sue.

"Sei bella come il sole" mi rivolge uno sguardo carico d'amore mentre il bip ritmico del suo cuore, amplificato dal monitor a lui collegato, inizia a rallentare vertiginosamente facendo risalire le lacrime che prima avevo respinto da qualche parte dentro di me. Vorrei urlargli a pieni polmoni che è lui il mio sole e pregarlo di non spegnersi né ora né mai, però persino questa frase si perde prima di raggiungere le mie labbra carnose.

"Vuoi che chiami qualcuno?" chiedo invece in un sussurro nella speranza che, forse, non mi sta crollando tutto addosso come mi sembra che stia succedendo.

"No, tesoro mio" le sue mani si spostano sul mio viso e me lo stringono con affetto sincero "Voglio che l'ultimo volto che io veda sia il tuo, non quello di un medico o un infermiere sconosciuto" il suo respiro si fa più affannoso e il bip rallenta.

Perfectly WrongWhere stories live. Discover now