4°Capitolo ❁ Lies

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4°Capitolo

Flashback × 26 luglio 2018

-Hyunae, per piacere, metti in tavola questi. –mia madre mi porse una serie di candele che io presi in mano per poi appoggiarle delicatamente al centro del tavolo.
Presi l'accendino dal bancone della cucina e le accessi una ad una. Solo dopo qualche minuto mi resi conto che erano candele profumate, tutte al muschio bianco e vaniglia, le mie preferite.
Guardai la figura di mia madre lavorare in cucina, sembrava totalmente assorta dal contenuto di quelle padelle e pentole che decisi di non disturbarla. Sapeva quanto questa situazione non mi andasse a genio e stava cercando di mettermi più a mio agio possibile, questa cosa la apprezzai ma mi innervosì allo stesso tempo. Non aveva provato a parlarmi con tatto, anzi, mi aveva buttato la notizia di questa cena solo qualche giorno prima e solo dopo aver visto la mia reazione particolarmente violenta, aveva cambiato tono e aveva provato a parlarmene in tranquillità.
Queste candele erano solo un minimo sforzo di ingraziarsi propria figlia e ne ebbi la prova quando suonarono al campanello e mi disse di andare ad aprire. Mi rifiutai categoricamente e, se non fosse stato che il suo nuovo compagno e suo figlio stavano aspettando fuori dalla porta al caldo, avrebbe cominciato ad urlarmi addosso.
Io l'aspettai seduta su una delle seggiole affiancate alla penisola e quando sentii la porta aprirsi il mio cuore perse un battito. Il mio piede cominciò a muoversi nervosamente contro l'unica gamba della sedia e provai a controllare il tremore della mia mano.
Odiavo queste situazioni, odiavo la mia ansia e la mia timidezza.
Inspirai ed espirai pesantemente, cercando di calmarmi un minimo, ma quando sentii i passi avvicinarsi il mio corpo si congelò. Cosa sarebbe potuto andare male? Tutto in verità.
Il primo che apparve da dietro il muro fu il compagno di mia madre e, incontrando il suo sguardo famigliare, riuscii a calmare i nervi di poco.
Lo avevo già incontrato e visto delle volte per casa, non era totalmente un estraneo, ero riuscita persino a intrattenere una conversazione piacevole con lui una volta e, personalmente, lo trovavo un uomo affascinante, simpatico ed educato. Potevo comprendere il perché piacesse a mia madre, non gliene feci una colpa.
-Buonasera, signor Jeon. –mi alzai dallo sgabello per andargli incontro e mi chinai leggermente prima di stringergli la mano, in segno di rispetto. Nonostante lui mi avesse detto parecchie volte di smetterla con questo tipo di onori, ancora non riuscivo a prendere quella giusta confidenza.
-Ciao Hyunae, sei splendida come sempre. –disse dolcemente, facendomi abbassare lo sguardo imbarazzata.
Mormorai un "grazie" e mi sorrise.
Una voce maschile e la voce di mia madre si fecero improvvisamente più vicine e io e il signor Jeon ci guardammo per qualche secondo.
Molto probabilmente lesse nel mio sguardo l'ansia che mi attanagliava, poiché mi accarezzò dolcemente una spalla.
-Ti presento mio figlio. –disse, girandosi verso l'apertura che conduceva alla porta d'entrata. Allungò una mano verso essa e dopo pochi secondi comparve il ragazzo.
La prima cosa che notai furono i suoi occhi enormi, nascosti leggermente dai ciuffi neri dei suoi capelli. Stava arrotolando le maniche della camicia lungo il braccio, sul suo viso era già presente un largo sorriso dovuto molto probabilmente alla piccola conversazione che aveva avuto con mia madre, ma quando mi vide sembrò allargarsi ancora di più.
Il mio cuore si fermò per qualche secondo, lasciandomi senza fiato, e l'ansia svanì.
-Piacere, Jungkook. –disse, avvicinandosi a me chinandosi leggermente e stringendomi la mano. Feci lo stesso ma non riuscii a staccargli gli occhi di dosso. –Piacere, Hyunae. -
Mi rivolse uno sguardo particolare, non era malizioso o lussurioso come la maggior parte di quelli che mi venivano rivolti, era come se mi stesse ammirando.
Era ancora un ragazzino, ma nonostante questo era incredibilmente bello.
Ci fu una specie attrazione tra noi due, non so bene come spiegarlo. Era come se qualcosa ci attirasse l'uno verso l'altro senza neanche volerlo.
Ogni sguardo era pura elettricità.

Fine Flashback × 24 marzo 2020

Provai ad andare al piano di sotto, provai a tapparmi le orecchie, provai persino a infilarmi le cuffiette e alzare il volume al massimo rischiando di bucarmi entrambi i timpani ma, nonostante questo, continuai a sentire quei rumori.
Come se fosse una cosa nuova per me sentirli, no? Sembrava non avessi mai sentito mio fratello scopare in camera sua con una delle sue tante bamboline, invece era una delle innumerevoli volte.
La cosa che non potevo sopportare in realtà era che in quel momento, al contrario delle altre volte, nel sentirli provavo un grandissimo senso di vuoto e dolore. Mi sentii persino schifata.
Cosa ancora peggiore, avevo voglia di piangere. Mi trattenni dal farlo solo per il mio orgoglio oppure per restare nella convinzione che tutto quel malessere fosse dovuto al fatto che mi dovesse venire il ciclo e non per via degli avvenimenti accaduti la sera prima.
Poggiai la schiena al muro e portai le ginocchia al petto, cominciai persino a mangiucchiarmi un'unghia.
Non potevo essere realmente ritornata al punto di partenza dopo due anni, non potevo essere così debole e i miei sentimenti verso di lui ancora così forti.
Erano passati due anni. Due anni da quando avevamo fatto quel maledetto patto, due anni in cui avevo persino frequentato dei ragazzi. Non potevo essere ancora dipendente da lui, era proprio una cosa fuori ogni logica.
L'unica spiegazione plausibile era lo shock provocato da quel bacio e quindi i sentimenti non c'entrassero nulla.
Dopo la festa, eravamo tornati a casa ad orari differenti e io, arrivata per prima e per evitare di incontrarlo, mi ero buttata a letto ancora struccata non appena avevo sentito la porta chiudersi.
Lo vidi aprire la porta della mia camera e guardarmi nel buio per qualche minuto, per poi sentirlo sospirare e chiuderla nuovamente.
Aveva decisamente intenzione di parlarmi, ma io non avevo avuto il coraggio di confrontarmi con lui. Non mi credevo così stupida e non lo credevo così volenteroso.
Ripensando a quanto fossi stata scema, sbattei la nuca al muro più forte di quanto volessi e mi ritrovai a tenere il punto colpito con una mano, lamentando il dolore. Fece male, ma almeno smisi di pensare.
Sfregai le mani e mi resi conto che, se non avessi messo del ghiaccio, mi sarebbe uscito presto un bel bernoccolo. Decisi quindi di alzarmi dal letto e andare a prendere qualcosa al piano di sotto.
Uscii dalla mia camera con la musica ancora nelle orecchie e tanta, tantissima attenzione. Scesi le scale il più velocemente possibile, cercando di non farmi sentire anche se molto probabilmente il loro ultimo pensiero in quel momento era chi saliva e scendeva dalle scale.
Una volta in cucina, aprii l'anta del freezer e, rovistando tra i vari surgelati, riuscii a trovare un pacchetto di ghiaccio.
Mi sedetti sul divano per comodità, mi tolsi le cuffiette e accesi la televisione per tenermi un po' di compagnia. Non si sentivano più rumori. Appoggiai il ghiaccio sulla nuca e dei brividi di dolore si propagarono dalla testa a tutto il corpo. Mi lasciai scappare un lamento mentre continuavo a cambiare i canali, cercando qualcosa di interessante da vedere.
Niente di niente.
Possibile che la televisione, dopo l'ascesa di Netflix, fosse diventata così noiosa e inutile?
Dopo qualche minuto di ricerca inutile, sentii la porta della camera di Jungkook aprirsi e qualcuno scendere le scale, sembrava un rumore di tacchi. Non mi mossi dalla mia posizione, tenni fissi gli occhi sullo schermo, che in quel momento stava trasmettendo un vecchio Drama coreano, fino a quando non sentii la porta d'ingresso aprirsi.
Provai a sbirciare, girandomi leggermente, e vidi una ragazza bellissima. Aveva i capelli biondi, palesemente tinti, gli occhi coperti da delle lenti a contatto azzurre, lineamenti che rasentavano la perfezione, delicati e molto femminili. Il seno pareva lo avesse rubato a una delle Kardashian, assieme al sedere. Indossava un top e una gonna di qualche taglia più piccola rispetto alla sua e ai piedi portava più dei trampoli che delle scarpe.
Perché ovviamente la bellezza è naturale.
La ragazza mi lanciò un'occhiataccia e le rivolsi uno sguardo palesemente schifato. Tornai a guardare la televisione quando si avvicinò al viso di mio fratello per dargli un bacio che schioccò fin troppo evidentemente.
Che schifo. Non pensavo avesse certi gusti.
Cercai di ignorare quell'ansia che comparve non appena la porta di casa sbatté.
Aveva rispettato i patti, la ragazza se n'era andata prima, quindi aveva ancora intenzione di fare quella lezione di matematica.
Mi passai la mano libera sugli occhi, consapevole di ciò che mi sarebbe aspettato di lì a qualche minuto.
-Perché hai del ghiaccio in testa? –chiese, esattamente a qualche centimetro dal mio orecchio. Balzai per aria dallo spavento, non lo avevo sentito avvicinarsi, e mi cadde il sacchetto del ghiaccio per terra, bagnando il pavimento di marmo.
-Jungkook! Mi hai fatto prendere un crepo. –dissi, girandomi esattamente verso di lui. Non persi tempo a guardarlo in viso, lo aggirai e andai a prendere uno straccio in cucina. –Per fortuna è acqua. –sospirai, asciugando quel poco di liquido che era rimasto e riponendo il sacchetto nel freezer.
-Ti sei fatta male? –chiese, poggiandosi allo stipite della porta che conduceva in cucina con le mani in tasca.
-Sì, solo una testata, niente di che. –risposi, cercando successivamente di uscire dalla stanza ma venendo prontamente bloccata da lui. Mi prese per un braccio e mi girò verso di lui, finendo per sfiorare il suo petto con la punta del naso. Non mi azzardai ad alzare lo sguardo. –Che c'è? Non dobbiamo studiare? –
Sospirò pesantemente e mi prese il volto tra le sue mani, facendomi alzare lo sguardo. –Non credi sia necessario parlare di quello che è successo ieri sera? –la sua voce era fin troppo dolce e comprensiva, mi mise incredibilmente a disagio.
Mi liberai dalla sua presa e riuscii a raggiungere le scale. –Vado a prendere i libri. –scappai al piano di sopra e, una volta in camera mia, mi appoggiai al muro.
Odiavo il mio corpo. Odiavo il modo in cui reagiva a lui.
Il mio cuore aveva preso a battere velocemente e mi odiai per questo. Dovevo smetterla.
Presi velocemente i libri e qualche foglio per fargli prendere degli appunti e prima di tornare al piano di sotto feci un profondo respiro.
Dovevo comportarmi normalmente, come avevo sempre fatto, non pareva difficile.
-Eccomi. –dissi, poggiando i libri sul tavolo da pranzo e trovandolo già seduto ad aspettarmi.
Notai immediatamente il suo sguardo fisso su di me, ma provai a ignorarlo per un po'. Chissà perché sentivo che non avremmo realmente parlato di matematica.
-Quindi, cosa non hai capito esattamente? –mantenni lo sguardo fisso sui libri tra le mie mani, sfogliandoli velocemente cercando la pagina esatta.
Non ricevetti risposta, solamente l'insistenza del suo sguardo.
Non poteva farmi questo.
-Jungkook, mi rispondi? –cambiai tono, diventando più duro e spazientito. Non avevo voglia di perdere tempo in certe cavolate.
-Hyunae, guardami. –la sua voce, così bassa e seria mi fece rabbrividire.
-Non abbiamo tempo per queste cose, la verifica è dopo domani e ancora non sai nien-
-Hyunae! –il suo improvviso innalzamento di voce mi fece sobbalzare sul posto e mi strinsi nelle spalle, impaurita.
Se prima avevo timore nel guardarlo negli occhi, in quel momento ero completamente avversa.
Avevo paura che, incrociando il suo sguardo, non avrei potuto più ignorare completamente quello che sentivo. Avevo paura di ammettere la realtà.
-Non possiamo far finta di niente, di nuovo. –cercò di raggiungere le mie mani, ma io le spostai poggiandole sulle mie cosce.
-E invece sì. –non so dove trovai la forza di alzare gli occhi sui suoi. –Dobbiamo farlo. –sembrava ferito dalle mie parole.
-Non ti sembra una stronzata? –rispose, lasciandosi cadere all'indietro fino a toccare lo schienale della sedia.
Improvvisamente ricomparve il mio coraggio.
-Una stronzata? Jungkook siamo fratelli. –cercai di calcare bene quella parola, per far sembrare tutto più sbagliato. Magari mi avrebbe capito mettendo in evidenza il nostro legame.
-Fratellastri. –mi corresse prontamente. –Non abbiamo neanche un genitore in comune, come può essere considerata una stronzata? – si stava aggrappando al nulla.
-I nostri genitori si sono sposati, siamo diventati parenti. Quante volte dovremo ancora affrontare questo argomento prima che ti entri in testa? –la mia voce si alzò di qualche tono, innervosita dalla sua testardaggine.
-E quanti anni dovranno ancora passare per far sì che tu capisca che quello che proviamo non è sbagliato? –si alzò improvvisamente, cominciando a girare attorno al tavolo.
-Che proviamo? –chiesi, ridacchiando nervosamente. In quel momento, trovai la soluzione per fermare la litigata, qualcosa che non avrebbe potuto contestare ulteriormente e che lo avrebbe sicuramente stordito. –Io non provo niente. – Ma fu una delle più grandi bugie che gli dissi durante quei tempi.
Si fermò esattamente al lato opposto del tavolo e mi guardò dritto negli occhi. Si era arrabbiato. –Non cominciare a sparare stronzate che ne sento abbastanza già a scuola. –i muscoli del suo collo si erano tesi, mettendo in risalto le vene, mentre le sue sopracciglia si erano corrugate, mettendo bene in risalto la sua mascella.
Nonostante il suo aspetto intimidatorio, gli risposi nuovamente con tono fermo e sicuro. –Non sparo stronzate, Jungkook. L'unico che prova qualcosa qua sei tu. – provai in tutti i modi a mandare giù quel magone che si era fermato esattamente alla base della gola. Mi toglieva il fiato.
Si mise a ridere di gusto e questo mi fece rizzare i peli del corpo.
-Senti, fai quel cazzo che ti pare. –si arrese, allontanandosi per prendere delle chiavi. –Continua a rimanere nelle tue convinzioni di merda. –sbatté la porta violentemente e pochi secondi dopo si sentì il rumore del motore della sua moto allontanarsi sempre più.
Mi ritrovai a guardare il vuoto, con il fiatone e tanta voglia di piangere.
Avevo mentito, mentito spudoratamente, ferito mio fratello. Tutto perché avevo tremendamente paura del giudizio degli altri.


┏My Hot Stepbrother┛✻ Jeon JungkookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora