5°Capitolo ❁ The Principal's Son

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 5°Capitolo

26 Marzo 2020

-Wow, già qui? –chiesi, guardando Jiyon strisciare pesantemente i piedi verso il suo armadietto posizionato qualche metro più in là del mio.
In pochi minuti sarebbe suonata la campanella della quarta ora e lei era appena arrivata.
-Zitta, ho un mal di testa incredibile. –ringhiò, appoggiandosi alla murata degli armadietti, lasciandosi scivolare lentamente verso terra. Mi avvicinai e incrociai le braccia al petto.
-Dove ti sei ubriacata, scusa? –solitamente il lunedì non andava in giro, le discoteche erano tutte chiuse e nessuno aveva mai osato fare una festa all'inizio della settimana, a meno che non fosse un'occasione particolarmente speciale.
-Sono uscita con un tipo del secondo anno. –ogni cosa che usciva dalla sua bocca sembrava un lamento. –Siamo andati nel pub di suo cugino e abbiamo bevuto gratis e illegalmente. -
-Ah. –capii immediatamente il perché delle sue condizioni. Ovviamente lei non poteva rinunciare all'alcol gratis, persino di lunedì. Non l'avevo però mai vista così tanto messa male.
Solitamente prima di ridursi così si fermava per via della mancanza di soldi. Non era povera, anzi, ma non portava mai dietro tutto il denaro proprio per evitare situazioni simili.
Cominciò a massaggiarsi le tempie e, dalla sua espressione, potevo leggere chiaramente il suo incredibile malessere.
Mi inginocchiai alla sua altezza e cominciai a rovistare dentro lo zaino in cerca di medicine che potessero farla stare meglio. Per fortuna, trovai un Oki nascosto in fondo alla tasca più grande dello zaino. –Tieni, prendilo e spera che ti passi entro il suono della campanella perché abbiamo la verifica di matematica. -
I suoi occhi si spalancarono non appena sentì la parola "verifica". –No, Hyunae che cosa stai dicendo? Non può esserci matematica ora. –mi guardò, sofferente, con gli occhi mezzi chiusi per via delle fitte alla testa.
-E invece sì, muoviti. –rimisi lo zaino in spalla e, nel mentre, si sentì un vocio fin troppo alto provenire dall'inizio del corridoio. Mi guardai attorno e incontrai lo sguardo cupo di mio fratello. Nonostante fossero passati due giorni dalla discussione, non era ancora intenzionato a proferirmi parola di sua spontanea volontà o, perlomeno, di rispondermi con tono calmo e pacato. Avevo provato a fermarlo per il corridoio di casa per parlargli, la risposta era stata una porta in faccia.
Da lì avevo smesso di provarci. Speravo solamente che si calmasse, come era successo l'ultima volta, e che tornasse tutto come prima.
Quando le voci si fecero più forti, ripresi a guardare il corridoio e vidi arrivare verso di noi il motivo di tutto quel casino.
Era un ragazzo, all'apparenza più grande di qualche anno, dai capelli castani. Il suo viso era nascosto da un paio di occhiali da sole, come se non volesse farsi riconoscere. E se fosse stato realmente quello il suo obiettivo, allora aveva fallito pienamente.
Quando mi passò accanto, li fece calare velocemente sul naso fino a toglierseli del tutto e puntò lo sguardo sulla mia figura, insistendo particolarmente sul mio viso. Continuò a camminare ma questo non gli impedì di interrompere il nostro contatto visivo. Si girò, camminando all'indietro, e mi fece l'occhiolino.
Io, in tutta risposta, gli rivolsi un leggero sorriso di cortesia mentre mi riservai di guardarlo dalla testa ai piedi.
Era veramente un bel tipo, alto, con gli occhi grandi e castani, uno sguardo accattivante, buon gusto nel vestire e corpo abbastanza palestrato. Si riconosceva bene tra la folla perché al posto della divisa portava un cappotto lungo grigio, sotto una maglietta nera e dei jeans.
Rimasi parecchio colpita, era difficile incontrare dei ragazzi così belli che mi davano una buona impressione sin da subito.
Mi sarebbe piaciuto avere la possibilità di rincontrarlo, in qualche modo.

Durante la verifica di matematica, la segretaria mi venne a chiamare dicendo che il preside mi aspettava nel suo ufficio ma, essendo occupata a fare un esame, rimandò l'incontro all'ora successiva.
Me ne dimenticai completamente però quando la prof di coreano entrò in classe rossa dalla rabbia e, sbattendo i libri che portava in mano, annunciò delle interrogazioni a sorpresa.
La mia pressione scese di colpo e diventai bianca come un lenzuolo. Non avevo minimamente aperto il libro, convinta che lei andasse avanti con l'argomento, e vidi i miei voti calare drasticamente davanti i miei occhi.
-Hai studiato? –mi chiese Jiyon, non spostando lo sguardo dalla prof che si era seduta e aveva aperto il registro elettronico sul suo Tablet alla ricerca di qualche interrogato.
Accennai un no con la testa, avevo una paresi. Non potevo rovinare la mia media in quel modo.
Per mia gran fortuna, bussarono alla porta e mi sembrò di vedere la luce.
Ci girammo tutti, speranzosi di essere salvati in qualche modo da quella persona, ma l'unica ad essere salvata fui io.
Stavolta non era la segretaria, ma era il ragazzo che avevo incrociato prima nei corridoi a chiamarmi. Fui estremamente felice di vederlo.
-Kim Hyunae, in presidenza. –la prima cosa che pensai fu quanto fosse bella la sua voce. Era bassa e rilassante, proprio come piaceva a me.
Guardai la prof per chiedere conferma e lei, con un cenno della mano, mi fece segno di andare. Quando mi alzai in piedi e mi girai nuovamente verso la porta, vidi Jungkook fulminarmi con lo sguardo. Lo ignorai, non potendo iniziare un litigio proprio nel bel mezzo della lezione, e uscii dall'aula; il ragazzo chiuse la porta per me.
Finimmo per camminare uno accanto all'altro per i corridoi della scuola, dovuto dal fatto che l'ufficio del preside era dalla parte opposta della mia classe.
-Ci siamo visti prima. –cominciò a parlare il ragazzo, ottenendo la mia attenzione.
-Hai attirato l'attenzione di parecchie ragazze prima, era impossibile non notarti. –neanche per mio fratello le ragazze urlavano così tanto. Se avesse saputo che aveva appena battuto il ragazzo più amato della scuola, molto probabilmente ne sarebbe andato fiero.
Mi maledissi mentalmente quando mi resi conto che collegavo troppi pensieri a lui. Purtroppo, da anni Jungkook era al centro della mia vita per moltissime cose. In casa, a scuola, nelle amicizie e nelle uscite. Ovunque andavo, di ogni cosa parlavo, c'era sempre di mezzo lui. Forse era per questo che non riuscivo a staccarmi completamente da lui.
In risposta, ridacchiò leggermente imbarazzato. Mi venne spontaneo sorridere a mia volta.
-Purtroppo succede spesso. –si grattò la nuca con fare improvvisamente timido, questo mi incuriosì.
-Purtroppo? –ripetei le sue parole, incredula di quello che avesse detto. Dal tipo che mi si era presentato qualche ora prima, sembrava uno che se la tirava.
-Non pensare io sia uno di quelli che si vanta di avere molte ragazze attorno, anzi. Solitamente questo mi porta unicamente tanti guai. –
-Mi sorprendi. –dissi, dopo qualche minuto di silenzio che avevo fatto scendere per via dell'incredulità.
Sembrava una cavolata, ma la verità era che trovare un ragazzo con quella particolare mentalità era veramente raro.
-Non vale lo stesso per te? Una ragazza così bella non può non avere tanti uomini che le vanno dietro. -
Rigirai gli occhi, cercando di trattenere un sorriso, e guardai da un'altra parte per nascondere il mio evidente imbarazzo. Ero abituata ai commenti dei ragazzi, ma sentirli dire da lui mi provocava un certo disagio interiore. Felice di sentirli, ma comunque a disagio.
-Scommetto però che hai abusato di questo qualche volta. –improvvisamente riacquistai la mia sicurezza.
-Potrei fare la stessa supposizione. -
Alzai un sopracciglio, bella risposta.
Ci fermammo davanti all'ufficio del preside e lui bussò due volte prima di aprirla per me. Mi fece entrare per prima ma lui rimase sullo stipite, per lasciarci la nostra privacy.
-Buongiorno. –mi inchinai non appena vidi l'uomo seduto alla sua scrivania intento a lavorare al computer.
-Oh, buongiorno Hyunae, prego siediti. Jongin, entra pure, puoi rimanere. –mi girai a guardare il ragazzo che chiuse la porta dietro di sé e mi rivolse un sorriso.
Jongin, mi sembrò fin da subito un bel nome.
Mi sedetti sulla sedia posizionata davanti la scrivania, mentre il ragazzo si sedette sul divanetto a fianco al preside. Sembravano in particolare confidenza, ma non mi feci tante domande.
-Penso tu sappia il perché ti abbia chiamata nel mio studio. -
Annuii automaticamente. Me ne aveva già parlato qualche mese prima e sapevo che prima o poi sarei capitata nel suo ufficio, anzi, in verità ci speravo con tutto il cuore.
-Ovviamente dovremo vedere i risultati finali dei tuoi esami ma, vedendo i voti che hai preso dall'inizio dell'anno scolastico a oggi, direi che non avremo particolari sorprese. –si sistemò sulla sedia, poggiò i comiti sui braccioli e intrecciò le dita. –Avrai la borsa di studio completa per l'università. -
Finalmente era arrivato l'annuncio ufficiale.
Dopo tutta la fatica che avevo fatto per compiacere mia madre e per andare in un'università prestigiosa e assicurarmi un posto sicuro nell'alta società, alla fine c'ero veramente riuscita.
Sorrisi e nel frattempo sospirai, come se mi liberassi da un grande peso. Non vedevo l'ora di dirlo a mia madre. Anche il signor Jeon ne sarebbe stato contento.
-Grazie mille. –dissi, sentendomi realmente sollevata.
Vidi Jongin guardare prima suo padre poi me con la bocca aperta. Sembrava una statua.
-Bene, definirai poi la scelta dell'università con la coordinatrice di orientamento in uscita. Volevo solo darti la notizia di persona, sapendo quando ci tenevi. –annuii vigorosamente e mi alzai assieme a lui. Mi porse la mano e io la strinsi, inchinandomi più volte.
-Veramente, complimenti. Puoi tornare alla tua lezione. –tutto ciò era stato veloce ma intenso.
-Sì! –mi girai verso la porta, ma mi passò davanti il ragazzo prima che potessi solamente compiere un passo.
-Papà, l'accompagno in classe. -
-Va bene, ma non perdere tempo. -
-No... -allungò la vocale, come per renderlo più credibile, e chiuse la porta dietro di noi.
Quindi era il figlio del preside.
Mi soffermai a guardarlo nei particolari. Effettivamente aveva qualcosa che me lo ricordava, forse gli occhi, forse la forma del viso. Fatto sta che sia il preside che lui erano due gran bei uomini e se il figlio avesse avuto solamente la metà della intelligenza e simpatia del padre, allora sarebbe già stato perfetto.
-Bella e intelligente, una rarità. –commentò, incrociando le braccia al petto e accostandosi a me mentre camminavo verso l'aula.
-A quante ragazze lo hai detto prima di me? –chiesi, con una forte nota di sarcasmo. Nonostante quella bella impressione che mi aveva fatto, non voleva dire che avessi calato completamente le difese.
-Una decina. -
-L'importante è essere sinceri. –mi venne quasi da ridere quando lo sentii rispondermi così seriamente e senza timore.
-Ma tu lo sei veramente, cavolo, una borsa di studio per qualsiasi università tu voglia fare. Sfido chiunque a dire il contrario. -
Sorrisi senza accorgermene e guardai dal lato opposto al suo. Ancora quella sensazione di imbarazzo, stava cominciando a darmi seriamente fastidio.
-Complimenti, veramente. –continuò.
-Grazie. –sussurrai, molto probabilmente ero rossa in viso.
Arrivammo presto alla mia classe, avendo dovuto accelerare il passo per via del tempo speso a parlare, ma prima di entrare ci fermammo davanti alla porta. Io con la mano sulla maniglia e lui davanti a me, a guardarmi con le mani in tasca.
-Grazie per avermi fatto compagnia. -
-Grazie a te, è stato un piacere. –chinò leggermente la testa.
Feci per aprire la porta ma mi fermai.
-Ti rivedrò? –Non so il perché gli feci quella domanda. Semplicemente mi ero trovata bene con lui, volevo seriamente conoscerlo. Era come una forza interiore che mi spingeva verso di lui. Forse attrazione fisica, forse semplice curiosità. Non importava molto in quel momento.
Non mi rispose, si limitò a sorridermi e farmi l'occhiolino, poi si voltò e se ne andò mentre io entrai in classe, chiudendomi la porta dietro le spalle.

Girai le chiavi nella serratura, dopo averle cercate nello zaino per almeno una decina di minuti, ed entrai in casa. Avevo suonato almeno cinque volte al campanello, sapendo che Jungkook era in casa, ma nessuno mi aveva risposto o era venuto ad aprirmi.
Non pensavo fosse ancora così tanto arrabbiato da neanche farmi entrare in casa.
Mi tolsi le scarpe e appoggiai lo zaino sul pavimento a fianco l'entrata. Lasciai il bomber nero che indossavo sull'attaccapanni e mi diressi in salone.
Pensavo di non trovare nessuno e già ero pronta a vedere la mia serie tv del momento, ma notai una figura sdraiata sul divano.
Jungkook.
Mi avvicinai e solo in quel momento mi accorsi che stava dormendo. Mi venne naturale andargli a prendere una coperta per coprirlo dal freddo e, vendendo il suo viso talmente rilassato e in pace, mi inginocchiai alla sua altezza per poterlo ammirare meglio.
Aveva la bocca leggermente aperta e da quella distanza potevo sentire chiaramente il suo respiro regolare.
Mi ritrovai ad allungare una mano fino a raggiungere il suo viso, accarezzando delicatamente la sua guancia, insistendo sul leggero solco della cicatrice che aveva. Mi aveva raccontato che se l'era fatta da piccolo mentre giocava con suo fratello più grande, in quel momento negli Stati Uniti per lavoro. Non lo avevo mai visto, neanche ci avevo mai parlato, ma mi aveva sempre parlato molto bene di lui.
-Sai, oggi mi ha chiamato il preside nel suo ufficio. –cominciai a parlare, sottovoce, sapendo perfettamente che non mi potesse sentire. Era mia abitudine oramai raccontargli tutto quello che mi accadeva e quella era una delle cose che più aspettava di sentire, come me del resto, ma essendo arrabbiato non avrei avuto la possibilità di dirgli tutto da sveglio, così ne approfittai. –Ho ricevuto la borsa di studio, quella che desideravo tanto. – per un momento mi diedi della deficiente e della pazza per parlare al vuoto, ma continuai lo stesso. –Non sai quanto io sia felice. –la mia mano si spostò sui suoi capelli, spostando alcuni ciuffi dalla fronte finendo per poi intrecciare le mie dita completamente tra la sua chioma scura. Erano così morbidi e lui era così perfetto.
Il sorriso che era comparso sul mio volto si spense, assieme a quel pensiero. –Mi dispiace. –cominciai nuovamente, facendo uscire un tono di voce serio senza neanche volerlo. –Mi dispiace di aver detto tutto quello che ho detto, hai ragione, non lo penso neanche. –i miei occhi si soffermarono sulle sue palpebre, che si mossero leggermente, e sulle sue ciglia lunghe e nere. –Odio averti come fratello. –dalle palpebre, passai alle sue labbra, e l'impulso di baciarlo mi travolse come un treno in corsa. Sarei voluta rimanere con lui per tutta la notte, senza preoccuparmi di altro e concedermi a lui interamente, essendo lui l'unica persona di cui mi fidavo ciecamente.
Ma, prima che potessi fare la mossa sbagliata, mi alzai, gli aggiustai la coperta sulle spalle e andai in camera mia, senza aggiungere altro.



┏My Hot Stepbrother┛✻ Jeon JungkookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora