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Dopo tutti i discorsi di mio padre, gli confermai che mi sarei occupata dell'azienda, ma ad alcune condizioni. In seguito mi riempirono di domande su Clara, alle quali inizialmente risposi facendo finta di nulla, poi gli dissi chiaramente che non mi andava più di parlarne e, confusi, stettero zitti.
Andai a riposare in camera mia e il mio letto era ancora comodissimo. Al mio risveglio, qualche ora dopo, frugai tra le mie cose, l'armadio, la libreria, era da tanto che non viveo lì ormai, era quasi strano.
Inoltre confessai ai miei genitori di voler vivere da sola e mio padre mi diede le chiavi di una delle sue proprietà, poco lontana da casa di Clara.

«Era la tua preferità da piccola, è già arredata ma puoi fare tuti i cambiamenti che vuoi, consideralo un regalo di benvenuto nell'azienda.»

Esclamó mio padre stringendomi la mano.

«Posso andarci subito?»

Chiesi entusiasta.

«Certo.»

Mi rispose papà.

Da quando sono nata, ho sempre avuto tutto ció che desiderassi senza dover chiedere più di una volta. I miei genitori hanno sempre accontentato ogni mio capriccio, anche il più stupido e avendo anche la possibilità economica, mi hanno cresciuto in tanti vizi.
Sarebbe stato tutto perfetto se mi avessero regalato anche l'affetto, invece di mille discussioni, problemi e pressioni. Non ho dimenticato che, poco tempo fa, mi avrebbero fatta sposare un ragazzo a diciotto anni, solo per affari.

Misi in una borsa il necessario per passare la notte nella nuova casa, dopodiché presi un taxi e ci andai. Salii al terzo piano, infilai le chiavi nella porta ed entrai. Era ancora la mia preferita in effetti, spaziosa e luminosa e stranamente mi piaceva l'arredamento, anche se qualcosa andava sistemata. C'era già tutto, acqua, luci, tv, tutti i comfort. Svuotai le valigie e mi misi comoda. Il giorno dopo tornai a casa dei miei genitori a prendere il resto delle mie cose e poi andai in un centro commerciale a comprare qualcosa per arredare meglio la casa e a fare la spesa. Appena tornata, sistemai ogni cosa al suo posto e spostai qualche mobile. Poi uscii dalla casa e rientrai ed era perfetta, esattamente come la volevo. Mi preparai da mangiare e dopo mi stesi sul divano per riposare. Iniziò a mancarmi Clara, provavo cose strane: un senso di rancore nei suoi confronti contornato dal desiderio di raccontarle della nuova casa e di tutto il resto. Tante volte mi passò per la testa la terribile idea di chiamarla, ma riuscii sempre ad evitarlo, per fortuna. E poi chiamarla per cosa? Pensavo. Per sentirmi dire che non ha voglia di parlare e capire solo che non sono degna nemmeno di una spiegazione e di un saluto? Naah. Non era ciò di cui avevo bisogno.

Sentii bussare il campanello.

Cosa? Pensai. Nessuno sa che sono qui tranne i miei genitori, e spero non siano loro che vengono a trovarmi dopo soli due giorni che ci vivo, ridacchiai e andai ad aprire la porta.

«Hey»

Mi sorrise, sul ciglio della porta, Clara.

La guardai ferma e senza risponderle.

Aveva un jeans e una canottiera bianca, i suoi bellissimi capelli biondi erano leggermente mossi e le cadevano sulle spalle.

«Ti ho cercato dai tuoi e mi hanno detto che eri qui.»

Aggiunse.

«Cosa gli hai detto di noi ? »

Chiesi preoccupata.

«Nulla, ho inventato una scusa, tranquilla.»

«Mh. Quindi? Cosa vuoi?»

Le chiesi strafottente appoggiando un braccio alla porta.

«Ho riflettuto e meriti delle spiegazioni.»

«Hai dovuto rifletterci per capire che meritassi spiegazioni? »

«Lasciami parlare.»

«Adesso a te è venuta voglia di parlare ma a me è passata quella di ascoltarti.»

Distolsi lo sguardo da lei e abbassò la testa.

«È finita?»

Chiese.

«A quanto pare.»

Risposi.

Dopo qualche minuto di silenzio sospirò.

«Ascoltami Clara, sono passati giorni da quella lite, giorni in cui sei sparita, non mi hai mandato messaggi nè fatto una chiamata. E prima di questi giorni, quando ti ho chiesto chiarimenti per cercare di risolvere le cose, mi hai mandata via. Ora che pretendi? Cosa dovrei farmene delle tue scuse dopo tutto questo? »

Le dissi guardandola negli occhi.

«Hai ragione. Non posso darti torto, ma se non volevo parlare c'erano dei motivi...»

«Beh certo, i motivi per non parlarne erano sicuramente più importanti di perdere tutto.»

«Sí, e non ti avrei trattata cosí se non fossero stati cosí importanti.»

«Passa domani, forse avrò voglia di ascoltarti, per oggi basta. Mi ha fatto già abbastanza male vederti e con le cose che dici stai solo peggiorando tutto. Ti chiedo di andartene.»

«Passerò ogni giorno, se necessario, finchè non avrai voglia di ascoltarmi. So di non averti ancora persa.»

Aspettai qualche secondo, la guardai impassibile e poi chiusi la porta. Andai a stendermi sul divano e mille pensieri si fecero spazio nella mia testa. Quando fu sera, non avevo voglia di cucinare quindi ordinai una pizza a domicilio, ma ne mangiai solo una fetta. Andai in bagno a riempire la vasca per fare un bagno caldo, accesi la Yankee Candle alla vaniglia e presto tutta la casa profumò. Cercai di rilassarmi il più possibile ma più provavo a farlo e meno ci riuscivo. Mi asciugai, indossai il pigiama e andai a letto, sperando di svegliarmi tardi il giorno dopo.
Non volevo continuare a deprimermi, mi sembrava più opportuno parlare ai miei amici della nuova casa, magari sentire qualcuno che non sentivo da tanto, uscire a passeggiare, cosí il giorno dopo cercai di circondarmi di positive vibes in tutti i modi.
Chiamai Ludovica, avevamo parlato tanto dalla sera in cui Clara ci presentò e avevo stretto amicizia anche con Lucas e Valerio, altri due amici di Clara. Solo con Carlotta non ero riuscita a mantenere una conversazione seria, non capivo il perchè , ma non me ne preoccupavo.
Ludovica propose di uscire, cosí ci incontrammo.

La donna della mia vita. Where stories live. Discover now