32. «Vieni a casa stasera.»

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Taehyung.




Mi era sembrato quasi surreale aprire la porta del mio ufficio ed entrarci. Dopo una delle primissime litigate mi ero proprio rifugiato lì dentro, avevo scaraventato oggetti per terra, avevo lanciato il computer aziendale contro la libraria, mi ero scaricato contro quei mobili prima di crollare devastato. Ovviamente ero stato costretto a ricomprare tutto nuovo ma una cosa non era cambiata e cioè la disposizione delle due poltroncine e del divano perché su quelle superfici io e Jungkook ci eravamo amati e non avrei mai avuto il coraggio di distruggerle o buttarle.

Ero arrivato al lavoro come al solito ma avevo perso tempo perché ogni singolo dipendente che avevo incontrato dall'entrata al mio piano mi aveva fermato per darmi il bentornato e per chiedermi com'erano andati gli affari. Avevo cercato di mantenere il sorriso e fingere che fosse andato tutto meravigliosamente. Solo Minjae sapeva la verità, al di là di Jungkook e Hoseok che però non avevo ancora visto. Era stato proprio il modello a tranquillizzarmi dopo aver parlato del suo nuovo ruolo per la campagna francese, avevo apprezzato i suoi consigli sinceri e amichevoli, aveva cercato di farmi ragionare perché io temevo che Jungkook mi avesse detto che non poteva rimanere solo perché in realtà non riusciva a stare in mia presenza ma Minjae mi aveva fatto riflettere sul fatto che ero stato proprio io a sbatterlo fuori di casa quindi avrei dovuto essere io a chiedergli di rimanere, cosa che io non avevo fatto e Jungkook ovviamente non si era fatto avanti né aveva sforzato in alcun modo una richiesta del genere. Dovevo avere pazienza, lasciare che gli animi si placassero, aspettare il momento giusto per fare la mossa più corretta. E Minjae aveva avuto ragione su tutto, per la prima volta da quando lo avevo assunto, mi ero sentito felice di averlo scelto, aveva fatto bene Jungkook a chiedermi di rinnovargli il contratto, forse lui aveva visto qual qualcosa in più che io avevo imparato a vedere solo ora.

Ero intento nel mio lavoro, a scegliere i capi da esportare in Francia e a chiamare in produzione per chiedere di replicare vecchie collezioni quando bussarono alla mia porta.

"Avanti!"

Ripresi a parlare al telefono, continuando ad impartire ordini ma il mio cuore perse un battito quando Jungkook fece capolino dalla porta, entrando e chiudendosela alle spalle. Mi salutò con un cenno del capo e io gli sorrisi. Ero felice che fosse venuto a cercarmi, anche se fosse stato solo per lavoro per me era già tanto poterlo vedere pochi minuti. Terminai la chiamata nel giro di un paio di minuti e poi riattaccai, alzandomi dalla sedia e facendo il giro della scrivania per avvicinarmi a lui che non si era mosso dalla soglia della porta.

"Non volevo disturbarti." Mi disse con tono pacato.

"Non mi hai disturbato, mi prendo cinque minuti di pausa se vuoi."

"Oh, non serve. Volevo solo restituirti queste." E mi porse la mano con le chiavi di casa appoggiate sul palmo. "Ieri nella fretta di andarmene mi sono dimenticato di lasciartele." Abbassò lo sguardo e persi il contatto con i suoi occhi.

Quando gli avevo chiesto di andarsene ero sicuro della mia scelta, lo volevo fuori da lì perché averlo intorno mi avrebbe solo fatto soffrire di più e io, per autoprotezione, avevo preferito rimanere da solo. La partenza per la Francia mi aveva destabilizzato perché avrei voluto che fosse lui a prendersi cura di Yeontan, volevo che rimanesse lui in quella casa, volevo saperlo lì però rimanevo orgoglioso e alla fine avevo deciso di lasciare una copia delle chiavi ad Imane e poi avevo implorato Hoseok di passare almeno una volta al giorno, promettendogli che avrei ricambiato il favore in qualsiasi modo. E ora Jungkook voleva restituirmi le chiavi, proprio le sue, quelle che avevano agganciato il portachiavi che gli aveva regalato Jimin quando eravamo andati a vivere insieme. Era il suo mazzo di chiavi quello e sapere che lui non lo considerava più tale fece più male del previsto.

Be my heavenly scenery | taekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora