Capitolo quarantasei.

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Buongiorno, angeli. 🤍
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La suoneria di un cellulare rimbomba per tutta la stanza buia, apro le palpebre lentamente, ancora assonnata e confusa.

Dylan si siede sul letto, svegliato anche lui dalla suoneria insistente del telefono.
Allunga un braccio verso il comodino accanto lui, accende il lume e finalmente un po' di luce invade la sua camera.
Anzi, la nostra per il momento.

Anche se credo di tornare presto da Sophee, visto che lui sta bene ormai e non ha più bisogno della mia presenza costante in casa.

Devo ammettere però, che mi mancherà svegliarmi la mattina accanto a Dylan, oppure alzarmi mentre lui è già andato via per sbrigare commissioni per la congrega e trovare una rosa al suo posto.

«Non è il mio cellulare che squilla, ma il tuo.» Specifica, guardando l'ora sullo schermo.

«Chi cazzo ti sta chiamando alle quattro e mezza del mattino?» Alza la voce infastidito, nonostante sia ancora roca per via del sonno.

Ancora distesa, allungo una mano sul mobiletto accanto a me per prendere il telefono.

«Pronto.» Rispondo assonnata, non guardando il mittente della chiamata.

«Stiamo correndo in clinica, Isabelle ha rotto le acque!» La voce spaventata di Andres fa scattare in piedi sia me che Dylan, che corre fuori dalla stanza a chiamare gli altri.

«Cazzo, vi raggiungiamo subito!» Chiudo la telefonata ed entro nella cabina armadio, prendo un pantaloncino da ciclista e una maglia bianca di Dylan.

Corro verso il bagno prendendo l'intimo e mi do una veloce sciacquata.
Mi vesto di fretta mentre Dylan entra nella stanza e corre anche lui in bagno per lavarsi.

Lego i capelli in una coda alta ed infilo le scarpe, poi scendo le scale che portano alla cucina e noto Anastasia che corre a destra e sinistra mentre imballa alcune cose.

«La valigia di Isabelle, prendila Tyler! È nella mia stanza!» Urla contro al povero ragazzo ancora mezzo dormiente.

In assoluto silenzio ma di corsa, preparo due caffè per me e Dylan che mi raggiunge e mi lascia un bacio sulla testa.

«Buongiorno amore, grazie.» Sussurra, prendendo il caffè dalle mie mani.

«Siete pronti? Andiamo cazzo!» Continua a gridare Ana, mentre i ragazzi cominciano a correre fuori casa.

Beviamo il caffè di fretta e poi raggiungiamo gli altri fuori, in men che non si dica stiamo tutti correndo sulle strade deserte della città in piena notte, per raggiungere Isabelle in clinica e non perdere la nascita dei nostri nipotini.

𝗠𝘆 𝗳𝗮𝘃𝗼𝗿𝗶𝘁𝗲 𝗯𝗮𝗱 𝗯𝗼𝘆 Where stories live. Discover now