29 - Vecchi semi, nuovi fiori

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17 novembre 2012

Con la logistica, Kuroo Tetsurou è pessimo. Sottostima i tempi e non considera nessun imprevisto, come se l'intera popolazione di Tokyo, semafori compresi, fosse ansiosa di aprire un varco al suo passaggio, solo per il piacere di dare a lui la precedenza. Il risultato è un continuo affannarsi, per poi arrivare comunque in ritardo. Mentre sfrecciano sulla moto in mezzo al traffico, Kei decide che le prossime volte, la tabella di marcia la farà lui.

Se ci saranno delle prossime volte.

Di buono c'è che Akaashi è stato puntualissimo e Kei è riuscito a finire tutto prima che arrivasse Kuroo ed è anche moderatamente soddisfatto del risultato. Ad Aki farà uno squillo più tardi, dal treno. Intanto, gli ha lasciato un post-it attaccato al frigorifero.

Quando inchiodano di fronte all'ospedale sono le undici meno un quarto: Kuroo è in ritardo clamoroso per la cerimonia; abbandona il suo passeggero all'ingresso e riparte subito, blaterando inutili scuse.

Nel giro di pochi minuti Kei si trova di nuovo nel corridoio del reparto di cardiologia, di fronte alla stanza ventisette, con in mano una scacchiera portatile. Le sedie di plastica blu oggi sono vuote. 

Quello che è certo, è che deve essersi rimbecillito del tutto per aver accettato un tête-à-tête con il nonno di Kuroo senza neanche la decenza di essere presentato come si deve. Mentre si toglie il cappotto e le scarpe, si sente come un rappresentante di aspirapolveri, o quei tizi delle sette religiose: gente che uno non è mai contento di avere alla porta e che non vede l'ora di buttare fuori.

Per tirarsi indietro, però, è tardi. Bussa. Dall'interno una voce bassa lo invita ad entrare.

«Buongiorno» saluta Kei, inchinandosi. Keirei: inclinazione di trenta gradi esatti; il rispetto della forma è un faro nella nebbia di quel disagio. Anche poter contare su una faccia impassibile aiuta.

«Vieni avanti» lo invita Kuroo Tomo, in un colpo di tosse. E' seduto su un sedia imbottita, accanto al letto, con la flebo attaccata al braccio. «Tu devi essere il famoso Tsukishima Kei.»

«Famoso non direi, ma sono io» obietta Kei cortesemente, avvicinandosi.

«Famoso in casa nostra: entrambi i miei nipoti hanno  parecchio da dire sul tuo conto.»

Su quella scelta di parole ambigua, Kei manda giù qualche gallone di saliva, evitando accuratamente lo sguardo del suo interlocutore. Iniziare facendosi mettere in imbarazzo non è quello che sperava. Chissà che cazzo gli è andato a raccontare Tetsurou, a suo nonno. Scemo com'è, potrebbe avergli detto qualsiasi cosa.

«Perché non ti prendi una rivincita e mi parli un po' tu, di loro?» suggerisce il vecchio, con leggerezza. «Certo che sei davvero alto. Non vorresti sederti? Mi verrà il torcicollo, altrimenti.»

Sedersi sul letto di una persona anziana che non conosce affatto è ben oltre il limite della familiarità che Kei è disposto a concedere. Mentre entrava, ha scandagliato la stanza: un letto, un comodino, un armadietto di metallo all'ingresso, un portascarpe, un tavolino quadrato con due sedie, una vecchia televisione attaccata al muro.

Va a prendere il tavolo e lo sistema senza sforzo di fronte alla poltrona occupata da Kuroo; all'altro capo posiziona per sé una delle sedie.

Ora che sono separati da un solido piano di formica verdina, Kei prende coraggio e solleva lo sguardo, ritrovandosi a fissare Kuroo Tomo con gli occhi sgranati. E' praticamente una macchina del tempo puntata sul futuro: sta guardando Tetsurou come sarà fra qualche decennio. Deglutisce ancora, si sistema gli occhiali.

Tsuki No Hikary (#KuroTsuki)Where stories live. Discover now