36 - Buon Natale

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24 dicembre 2012

Festeggiare Natale in un'orgia di addobbi, regali e buonismo è il tipo di stupida deriva occidentalista che Tsukishima Kei, dall'alto dei suoi arroganti sedici anni, giudica esecrabile. Di solito trascorre la vigilia a spegnere gli entusiasmi altrui, a sbuffare e a studiare con accanimento, sforzandosi di renderla una serata qualsiasi.

La parola qualsiasi, però, da quando c'è di mezzo Kuroo, è stata bandita per sempre.

E' un buco nero, Kuroo, una singolarità quadridimensionale che esercita su ogni cosa un'attrazione invincibile; tutto ciò che lo attraversa si trova inevitabilmente costretto al mutamento. Si gonfia, si deforma, acquista significati profondi e insospettabili, esplode di colori nuovi. E questo senso di metamorforsi continua, di irripetibilità che lo scemo infonde a ogni singolo momento, riesce a tenere le corde di Kei in perenne vibrazione, sempre al confine fra la difensiva e lo stupore, fra la negazione e il desiderio.

Voce del verbo sentirsi vivi.

Kei si sente vivo. VIVO, maiuscolo, grassetto.

Più vivo che mai quando sono insieme, anche in due continenti diversi, nelle immagini sempre troppo sgranate di uno schermo, mentre tutt'intorno il mondo palpita e sussurra. Vivo quanto basta il resto del tempo, in un fremito sottile, a bassissima frequenza, che scandisce la misura dell'attesa.

E in questa vigilia di Natale, diversa da ogni altra prima, Kei sta appunto fremendo nell'attesa, frequenza bassa, ma non bassissima. Seduto alla scrivania, con le cuffie in testa e un libro aperto di fronte, sgrana i minuti e lascia passare le ore, un po' studiando e un po' gettando lunghi sguardi obliqui al telefono e ai tre pacchetti infiocchettati lì accanto. Ogni tanto si sorprende a fluttuare in un limbo di immagini melense a metà fra il sogno e il ricordo e allora sbatte la fronte contro la scrivania e si insulta a mezza voce. Ridicolo. Patetico.

Lo scemo è in Francia: con sette ore di fuso, i suoi orari si sono fatti imprevedibili, ma ormai la cavia Tsukishima è perfettamente addestrata: sbava senza pietà, per tutto il tempo.

Il telefono vibra alle 23:16 e Kei risponde al secondo squillo, solo perché al primo gli tremava troppo la mano.

«Ciao Tsukki!»

«Ciao scemo.»

Si guardano, qualche attimo, fingendo che sia per stabilizzare l'immagine, e invece è per godersi i dettagli, scoprire mutamenti impercettibili, sorridere del sorriso dell'altro più che del proprio. E' il volto gentile della nostalgia, l'unico che ancora conoscono.

Tetsurou occhieggia la stanza alle spalle di Kei: solo la luce sulla scrivania è accesa, tutto il resto è scivolato nel buio e nel silenzio. «Movida dalle tue parti, vedo. Facciamo in fretta così poi vai a spassartela!»

Kei mostra il dito medio. Kuroo risponde con una faccia cretina e cuoricini fatti con i pollici e gli indici.

«Come stai, Kei?»

Quando lo chiede lui non è mai una domanda banale. Perché ha tanti livelli e il più profondo non passa dalle parole.

«Come uno che è stato tirato giù dal letto alle otto di mattina in un giorno di vacanza. Per colpa tua.»

Il sorriso obliquo di Tetsurou fa sponda negli occhi e va in buca dritto nello stomaco di Kei. «Mio cugino è mattiniero, forse mi ero dimenticato di dirtelo... vuoi ancora farci amicizia?»

«Ci tieni che faccia amicizia con uno che ha il cellulare pieno di foto del mio culo prese dagli spalti?»

Nello sguardo di Kuroo le emozioni si mischiano come correnti oceaniche, a diversa temperatura. «Cazzo! Non le ha cancellate?»

Tsuki No Hikary (#KuroTsuki)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora