34 - Numero dodici

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18 dicembre 2012

Tadashi sta volando giù per la discesa della scuola in sella alla bici di Hinata.

Prima che inizi l'allenamento ha esattamente un'ora e tre quarti, devono bastargli per andare e tornare. Schiva una pozzanghera, salta su un cordolo e resiste alla tentazione di tirare fuori il telefono, che vibra forsennato nella tasca della giacca.

Il cielo è bianchissimo e il meteo dava neve.  Può solo sperare che il tempo regga ancora un po'.

La scuola di Koganegawa Hayame è a Misato; da Osaki, pedalando molto in fretta, ci vogliono una ventina di minuti abbondanti. Ieri sera con Tsukki hanno studiato il percorso: proprio dietro al Sakanoshita si imbocca una ciclabile che corre parallela ai binari della linea regionale. Prima di arrivare in paese si piega a sinistra, in salita e si arriva in un attimo a destinazione.

Il coach Ukai sta fumando fuori dal negozio, Tadashi lo saluta con la mano.  Gli sembra sempre che sia un po' triste, tranne che in palestra. Una delle grandi e inconfessabili paure di Yamaguchi Tadashi è diventare così anche lui: un adulto solo e un po' spento, svogliato, che compie gesti ripetitivi e mastica giornate senza sapore, mentre il tempo gli sfugge fra le dita.

Non pensa di essere speciale e neppure di voler cambiare il mondo, o che i fatti suoi possano interessare qualcun altro; ma per se stesso, vorrebbe vivere una vita significativa. Quale dovrebbe essere questo significato, non ne ha la minima idea.

Svolta in una curva stretta intorno allo stabile e si immette nella ciclabile deserta.

Gli sembra incredibile quello che sta facendo, e che sia proprio lui a farlo. E' una sensazione strana guardarsi dall'esterno mentre compie scelte impulsive, come essere sia dentro che fuori da se stesso, spettatore attonito della propria irrazionalità.

Tsukki dice che, come al solito, la sta facendo troppo lunga: ha una banale cotta per Koganegawa Hayame, tutto qui. Incasinarsi più del dovuto non serve.

Tadashi non lo sa, se ha una cotta per Hayame.

Non ne è sicuro, non lo ha capito bene, non sa neppure se a piacergli sia lei o la bizzarra sensazione (bizzarra, ma per niente banale) che si sente addosso anche adesso: di essere a mille, con il vento in faccia, il sole negli occhi e non avere la più pallida idea di dove stia andando. Ma di volerci andare.

Al momento il sole manca, ma il vento in faccia c'è davvero. Gelido, anche.

Hayame gli ha scritto cinque giorni fa, giovedì pomeriggio.

Un messaggio semplice e diretto, in cui gli comunicava che la sua ricerca scientifica era conclusa e lo ringraziava molto per aver collaborato. Si chiedeva se potesse interessargli sapere i risultati.

Tadashi le ha risposto che sì, gli interessava.

Ecco: le ha risposto subito, senza stare tanto a pensarci, senza stare per dieci minuti a fissare il testo prima di inviarlo: la paura di non fare in tempo a rispondere (come se poi ci fosse una scadenza) è stata superiore a quella di pentirsi della risposta. Una cosa che non gli era mai successa prima; di solito esita, rilegge, cancella e riscrive mille volte persino i messaggi che manda a Tsukki.

Anche Hayame ha risposto subito.

Gli ha spiegato che, dei dodici soggetti, lui era il numero nove. E, pur essendo uno di quelli che partivano svantaggiati (in che senso? questo Tadashi non ha avuto il coraggio di chiederlo) alla fine la sua è stata la prestazione migliore.

A Tadashi è venuta la pelle d'oca e ha ingoiato un groppo enorme di saliva.

- Migliore in che senso?  Ha chiuso gli occhi quando ha premuto invio. Li ha riaperti solo quando ha sentito il cicalino della risposta.

Tsuki No Hikary (#KuroTsuki)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora