38 - Amare [18+]

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31 dicembre 2012

Anche nelle terre del sogno Tsukishima Kei ha sempre camminato con gli occhi bene aperti. Il suo mondo onirico è vivido, colorato, incredibilmente realistico. Da bambino si svegliava di soprassalto, confuso, pretendendo che Akiteru gli dimostrasse (perché dirlo e basta non era abbastanza) quale fosse la realtà "reale".

A sedici anni, Kei sogna ancora a quel modo, senza abbandono, come se anche nel suo subconscio valessero le leggi della fisica e gli effetti dovessero per forza seguire le cause. Si tratta di sogni di intensi, spossanti perfino, esatti come formule matematiche e densi di emozioni e stimoli sensoriali. Solo la scansione del tempo sfugge a un rigido realismo: accelera per dare risalto ai momenti che contano e lascia svanire nel nulla i passaggi fra una scena e l'altra, gli intermezzi di ordinarietà, tutto quello che non è abbastanza forte o significativo; nei sogni di Kei, la noia non esiste.

Quello che sta vivendo dev'essere per forza un sogno. Perché sono le sei di pomeriggio dell'ultimo giorno dell'anno ed è seduto, con tutta evidenza, sugli sgabelli di legno chiaro dello Zanmai Sushi di Nerima e non riesce proprio a capire come ci sia arrivato, quando solo poche ore prima era in camera sua.

Soprattutto, c'è Kuroo lì di fronte. In carne e ossa. Vivo, vero, che non smette di sorridere come se avesse il mondo in tasca, non smette di guardarlo, continua a parlare e Kei non sa di preciso cosa stia dicendo. La presenza di lui, il suo modo di occupare lo spazio ben oltre i confini del corpo, parlano molto più forte delle parole e gli incasinano i pensieri.

Le ore del giorno si sono sgretolate nelle ombre di pochi momenti luminosi. Come quando l'ha visto in aeroporto (contro ogni pigrizia, Kei è partito di mattina apposta per poterlo andare a prendere a Haneda), che camminava spedito trascinandosi appresso un vecchio trolley fucsia e un'aura di dominanza capace di sciogliere identità e lineamenti di chiunque gli si avvicinasse. In quel momento Kei si è chiesto se non si sarebbe sciolto anche lui, se, dopotutto, non fosse quello il destino cui stava correndo incontro: di consumarsi lì accanto, come una torcia accesa.

Una manciata di secondi dopo, si è trovato le braccia di Tetsu avvinghiate attorno, la sua mano nei capelli, il viso di lui affondato nel collo, le sue parole articolate sulla pelle e il mondo intanto girava impazzito al quadruplo della velocità di crociera.

E allora Kei si è staccato, lo ha respinto, facendo leva su due braccia e un cuore che pretendeva di restare lì per sempre.

Forse è di questo che Tetsurou sta parlando.

«Anche gli amici si abbracciano quando si rivedono dopo un sacco di tempo» sta dicendo, mentre immerge il tonno nella soia.

«Solo quindici giorni»

Solo.

«Sedici» corregge Kuroo, con la bocca piena.

E quattro ore e ventidue minuti.

«Comunque noi non siamo amici» ribatte Kei, pescando singoli chicchi di riso e portandoli alle labbra uno a uno.

«Siamo anche amici, te l'ho già detto.»

Kei solleva gli occhi, si spinge in su gli occhiali, lo guarda. «E' una fesseria.»

«Per niente!» Tetsurou mastica beato. Pesca con le bacchette un chutoro, quello meno grasso del piatto da portata, e lo appoggia con delicatezza al centro della ciotola di Kei.

Kei osserva stupito quel gesto. E' di se stesso che si sta stupendo e di tutto il fastidio che non prova. Vorrebbe sussurrargli all'orecchio di farlo ancora, ché solo lui può. Cos'è che non può Kuroo Tetsurou?

Tsuki No Hikary (#KuroTsuki)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora