37 - Coincidenze

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11 agosto 2003


«Non lo sai che non si gioca con la palla qui?»

La parole arrivano alle orecchie di Te-chan scandite severamente da una voce infantile.

«La sto tenendo, non ci sto giocando» risponde, mentre si volta. Ad avergli rivolto la parola è un bambino magro e alto, della sua età o forse un po' più piccolo, con gli occhiali spessi e i capelli più strani che Tetsurou abbia mai visto: chiarissimi, dorati.

«E' uguale. Se ti scappa di mano... »

«E' una Mikasa» si vanta Tetsurou con un gran sorriso, porgendola a due mani al bambino, perché la ammiri.

Quello si aggiusta gli occhiali sul naso e lo guarda male. «Lo so. Ne ha una anche mio fratello. Ma qui non va bene che... »

«Come sei noioso» sbuffa Tetsurou e lancia la palla in alto, solo per provocazione. «Ma chi sei? Un custode nano?»

«Non sono nano! Sono alto quanto te!» protesta vivacemente il quattrocchi, punto sul vivo. «Anzi forse un po' di più... »

«Ma io sono un bambino» risponde Tetsurou strafottente.

«Anch'io sono un bambino!» reclama l'altro, offeso. «Faccio sette anni il mese prossimo.»

«Ah. Sei proprio piccolo. Allora se non sei un nano, sei solo noioso come i grandi.»

«Non sono noioso, sono...» si spinge gli occhiali sul naso con due dita, alza il mento, sembra uno abituato a pensare bene alle parole che dice. «Sono molto maturo per la mia età.»

Tetsurou scoppia a ridere, con la testa all'indietro e le spalle che sussultano. «Secondo me fai ridere. Come ti chiami?»

«Non te lo dico.»

«Perché?»

«Perché non parlo con gli sconosciuti.»

«Se non mi dici come ti chiami non ci possiamo conoscere.»

«Esatto» risponde il quattrocchi, compiaciuto.

Tetsurou si avvicina e lo squadra, inclinando la testa, con la faccia a un palmo da quella dell'altro. Fa una smorfia e la palla, stavolta, gliela fa volare sotto il naso. «Sai giocare a pallavolo o sei capace solo di vantarti del tuo fratello fantasma che secondo me non esiste?»

«Piantala con questa palla! Siamo nel museo!»

Tetsurou riprende al volo la Mikasa e se la caccia di nuovo sotto braccio. «Sai una cosa? Secondo me sei proprio un nano. I bambini veri non li fanno entrare al museo da soli.»

«Non sono da solo!»

«Ah no? Io sono con mio nonno, eccolo lì! E' quello alto.» Tetsurou si volta e indica un signore imponente, con i capelli grigi e un ingombrante aggeggio al collo, che lo saluta con la mano. «Guarda! Abbiamo appena comprato una macchina fotografica nuovissima, quelle senza rullino. Ci stiamo facendo un sacco di foto! Mio nonno è fantastico a fare le foto» si vanta, tronfio d'orgoglio.

«E' una Nikon, vero? Mio papà ce l'ha già da un anno» risponde l'altro con noncuranza, stringendosi nelle spalle magre. «Ed è molto più alto di tuo nonno.»

«Davvero? E dov'è? Non lo vedo da nessuna parte» provoca Te-chan, voltandosi teatralmente da una parte e dall'altra. La sala è mezza vuota.

Il bambino biondo aggrotta le sopracciglia, stringe i pugni, si morde il labbro, pare stia per piangere. 

Tetsurou è sul punto di scusarsi, è pur sempre un bambino piccolo.

Invece quello fa due respiri profondi e quando rialza lo sguardo sembra tranquillissimo. Dietro le lenti brillano due grandi occhi ambrati, freddi e scostanti. 

«Mio padre fa un lavoro molto importante, per questo non c'è. Sono qui con mia mamma e mio fratello, che sono andati al bagno e tornano subito. Se non ci credi è un problema tuo. E se con quella palla spacchi qualcosa... »

«Che succede? Mi portano in prigione?»

Il bambino biondo inorridisce. «No! Ma avrai rovinato il patrimonio scientifico del Tohoku!»

«Ed è come andare in prigione?»

«Molto peggio!»

Te-chan ride e fa spallucce «Chisseneimporta del Tohoku. Tanto io abito a Tokyo, sono venuto qui solo a trovare mia zia. Tu ci sei mai stato a Tokyo? Sendai è piiiiccola così rispetto a Tokyo» Te-chan stringe fra pollice e indice una minuscola Sendai, grande come una caramella. «E poi in questa stanza ci sono solo pietre, non le posso mica rompere.»

«Non sono pietre, sono fossili!» replica il bambino biondo, scandalizzato.

«E quindi?» A Tetsurou i fossili piacciono e sa benissimo cosa sono. Solo che qui sono troppi e un po' tutti uguali. E poi fare arrabbiare il quattrocchi è diventata una missione.

«I fossili sono impronte di cose vive dentro le pietre. Un'importantissima testimonianza evolutiva!» recita, citando a memoria la scritta sulla parete alle sue spalle.

Tetsurou ghigna. «Lo sai che quando parli fai la faccia da pesce e sembri un libro di scuola?»

«E tu lo sai che con quei capelli sembri uno scemo? Metti via la palla!»

La risposta di Tetsurou è uno sguardo di sfida e subito dopo un palleggio violento e altissimo: la mikasa sfiora il soffitto e urta l'angolo di un neon, deviando la propria traiettoria con un cupo suono metallico. Te-chan è costretto a inseguirne i rimbalzi fra le teche.
La acchiappa al volo giusto un attimo prima che si abbatta contro il sederone di una signora vestita di rosa.  
Il suono acuto del fischietto del custode, risvegliato dal torpore, lo fa scattare sull'attenti.

Mentre viene redarguito, dal custode, dalla signora e anche dal nonno, Te-chan coglie lo sguardo impertinente del bambino biondo, all'altro capo della sala. Lo sta scrutando da sopra le lenti, con un sorrisetto irritante e le braccia conserte. Tetsurou muore dalla voglia di farci a botte, o forse di fare amicizia, o una confusa e urgente miscela delle due istanze. Quando solleva la testa dall'ennesimo inchino di scuse, però, il bambino è sparito.

Tetsurou ci metterà un bel po' a dimenticarsene, ma poi succederà, perché, in fondo, anche se era interessante, il quattrocchi era proprio antipatico.
Kei ci metterà ancora di più a dimenticarsene, ma poi succederà, perché, in fondo, anche se era divertente, il tizio con la palla era proprio uno scemo.

Tsuki No Hikary (#KuroTsuki)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora