39 - Hatsumōde

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[NdA Hatsumōde è la prima visita dell'anno al tempio buddista o al santuario scintoista]

1 Gennaio 2013

Nella classifica delle assurdità che Tsukishima Kei avrebbe potuto giurare che non gli sarebbero mai capitate nella vita, c'è ai primi posti una corsa in moto per le vie di Tokyo, in abiti tradizionali e con un sorriso ebete nascosto dal casco integrale.

Il livello di squilibrio mentale successivo al mettersi addosso i vestiti dello scemo per cui si è perso il raziocinio è indossare quelli di suo nonno. 

E invece eccolo lì, il giorno di capodanno, le braccia serrate intorno a Tetsurou, avvinghiato alle sue vertebre, mentre fiotti di pensieri sconclusionati gli si agitano fra lo stomaco in subbuglio e quello che una volta era un cervello affidabile. Intorno alle gambe gli svolazzano lembi di seta dei kimono awase della famiglia Kuroo. 

E' tutto folle e sopra le righe, a tratti demenziale, ma non è questo il problema.

Il problema è che si sta innamorando.

Il che è grave. Perché Kei era convinto, certissimo, di essere già innamorato da un pezzo e poter solo risalire la china. Dopo la fuga, dopo la resa, dopo aver appiccicato un'etichetta alla relazione, dopo essersi spogliato nudo e ridotto il culo a pezzi, si poteva solo migliorare.

E invece no. Si sta innamorando. Ancora di più.

Gli sembra di avere le tasche piene di sassi e continuare ad affondare. Così tanto e così in fretta da non sapere più neanche in quale direzione dovrebbe nuotare per salvarsi: ascensione e caduta si sono mischiate, aggrovigliate, confuse una nell'altra e a lui non resta che trattenere il fiato e lasciarsi trasportare dalla corrente, fino alla grande soluzione salina (sudore, lacrime, sperma e stupide metafore marine) dove vanno a finire le emozioni profonde quando non si riesce a reprimerle (né a esprimerle).

C'è poco da fare: si sta innamorando.

Anche adesso, con il freddo che si insinua fra la sciarpa e il bordo del casco, qualche foglia secca che ancora volteggia, in mezzo ai rumori del traffico, nel ventre di un'immensa metropoli pulsante, Kei sente solo il cuore che batte troppo forte nel suo nido di ossa bianche. E la schiena di Tetsurou, e quel calore che trapassa i vestiti.

Si sta innamorando. Continua a innamorarsi. A cadere.

Arriverà in fondo a un certo punto? Così innamorato che di più non è possibile? Così rimescolato da non riconoscersi, da non avere più senso? E che succederà dopo?

Quando gli mancheranno le forze per opporsi, quando le distanze disegneranno vuoti da colmare di ossessioni. Quando...

«Tutto bene lì dietro?» lo scemo si è voltato, la sua voce è flebile oltre la doppia barriera di carbonio, e tuttavia risuona chiarissima, distinta dal brusio di fondo, dai motori delle auto, dai fischi del vento. Kei non è sicuro di averla udita con le orecchie.

«Bene» risponde Kei. Lo dice piano, eppure in qualche modo, le sue parole arrivano. Lui lo sente sempre: quando sussurra, rimugina, si ostina, si perde.

Prima, hanno discusso. O forse, il verbo giusto è litigato. O una strana via di mezzo, fatta di spingere, cedere e tirare. Di incalzare e ritrarsi, come una danza, come una marea. E' successo davanti allo specchio, di fronte alle scatole di cartone dei kimono, fra sbuffi di carta velina, seta foderata e ricordi di famiglia che non gli appartengono.

«L' Hadajuban è biancheria intima, Tsukki, si porta senza niente sotto...»

«Puoi scordartelo, che mi levi le mutande!»

Tsuki No Hikary (#KuroTsuki)Where stories live. Discover now