EPILOGO - Le cose che Tetsurou adora

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20 luglio 2014

«Ehi quattrocchi, perché non vieni a fare qualche muro?»

Kei solleva la testa di scatto e i suoi occhi frugano il buio da dietro le lenti; prima che possa rendersene conto sta già sorridendo. La scena è diversa da due anni prima: oggi il quattrocchi del Karasuno è sulla soglia della palestra tre e l'ex capitano del Nekoma si trova all'esterno, sotto le pensiline che collegano gli edifici, ma quelle parole lanciate nel buio non hanno perso il loro potere magico.

Tsukishima Kei continua a sorridere (contro la propria volontà), freme di anticipazione mentre alza il dito medio; i tre del primo anno che sono alle sue spalle si accalcano alla porta per capire cosa stia succedendo.

«Fuori! Sloggiate!» intima Kei, tirandone all'esterno uno a caso, per la collottola.

«Ma senpai... » protesta quello.

«Senpai...» si lagnano gli altri.

Tsukishima sbuffa «Niente piagnistei, è tardi: tra poco chiude la mensa.»

«Dobbiamo pulire...»

«Ci penso io. Voi andate.»

«Ma che ore sono?»

«E' ora di muovere il culo e andare a mangiare.»

I primini si guardano fra loro, cercando di trovare qualche obiezione sensata e più che altro di mettere insieme il coraggio per esprimerla: dei senpai del terzo anno, Tsukishima-san è quello che fa più paura, anche se non alza mai la voce.

«Ma Shouyou-kun ci aveva detto che potevamo restare fino... »

«Ti sembro per caso Hinata? Ho qualcosa in comune con lui?» Kei, le mani appese alle estremità dell'asciugamano passato dietro al collo, si sporge leggermente verso il suo interlocutore. Incombe dall'alto, in realtà, visto che la differenza è di venti centimetri buoni.

Il ragazzino scuote la testa freneticamente.

Dopodiché si sente la risata. Una risata chiassosa e aperta, che viene da qualche parte verso la pensilina.

«Kei-chan! Piantala di fare il gradasso, non ci crede nessuno!»

I primini sgranano gli occhi. Kei-chan. Gradasso. Il tizio con i capelli scombinati dev'essere uno che vuole morire.

Invece Tsukishima-senpai sorride e poi abbassa lo sguardo e si sistema le lenti con due dita. «Crepa!» tuona.

Lo sconosciuto entra ridendo nel cono di luce del faretto, che disegna un bel fisico infilato in un paio di jeans e una maglietta nera con il logo del doppio ginko d'oro: uno studente della Todai, che a quanto pare ci tiene davvero a morire, visto che ha la brillante idea di mettersi a fare cuoricini con le dita all'indirizzo di Tsukishima-senpai, che è paonazzo (di collera, ovviamente).

Forse esploderà e verranno alle mani. Forse qualcuno dovrebbe correre a chiamare il capitano Yama.

In quel momento, gli occhi di uno dei primini si sgranano per un'improvvisa illuminazione; il suo sussurro concitato ai compagni genera meraviglia e una pioggia di bisbigli.

«Kuroo-san?» azzarda il ragazzino a voce alta.

Kei lo fulmina con lo sguardo.

«In carne e ossa» conferma compiaciuto Tetsurou, avvicinandosi e squadrando il soggetto che ha parlato.

«Com'è che hai un'aria familiare?» gli domanda, con una pacca gentile sulla spalla.

Kei sospira: «E' il fratello di Sawamura Daichi.»

Tsuki No Hikary (#KuroTsuki)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora