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× × ×

"Noemi.." Claudio si siede sul letto e poggia una mano sulla sua schiena coperta dal piumone che l'avvolge completamente.

"Vattene via!" urla per l'ennesima volta, dimenandosi per cercare di toglierselo di dosso.

A furia di urlare contro sia a lui, che a Davide e a sua madre di lasciarla in pace e di non entrare nella sua stanza, ha perso la voce per questo tossisce e prende respiri profondi. Il fratello, sconfitto, esce dalla stanza e chiude la porta alle sue spalle.

"Allora?" domanda speranzosa la madre, preoccupata.

"Non vuole parlare." si passa una mano sul viso, non ha idea di cosa sia successo e Marika non vuole aprire bocca al proposito.

"Ho finito adesso di parlare con la scuola e, ancora, dopo due giorni, nessuno sa cosa sia successo." comunica Davide, sbattendo il telefono sul bancone.

"Che abbia litigato con qualche insegnante? Aveva detto di aver avuto una discussione con la professoressa di chimica." tenta la donna, sedendosi.

"Aveva risolto il problema con la chimica, a meno che non sia successo altro."

La porta si apre e, da essa, entra Paulo che era uscito a prendere le medicine per la gola di cui Noemi ha bisogno dato che non ha fatto altro che urlare e piangere.

"Niente?" domanda.

"No." sospira Claudio. "Non so cosa devo fare, sono ad un tanto così dal prenderla di peso e portarla qui!"

"Non ci provare Claudio, non ha bisogno anche della tua rabbia adesso." lo rimprovera sua madre.

"Posso provare a parlarci io?"

"Guarda che prende a calci anche te." dice Davide, che di calcio se ne è preso uno e anche bello forte.

"Non credo che lo farebbe."

"Io ti ho avvertito."

Sale le scale ed apre piano la porta della sua stanza da letto, guardandosi intorno ed osservando poi come sia completamente rannicchiata sotto quel soffocante piumone, ancora piangente. Si siede accanto a lei e subito lei smette di piangere, muovendosi di scatto per allontanarsi.

"Claudio, mamma o Davide, chiunque tu sia, esci da questa stanza!" urla ma non come vorrebbe, cominciando a perdere ancora una volta la pazienza e, per evitare di essere preso a calci, si abbassa su di lei e circonda quella che pensa essere la sua vita con un braccio.

"Non sono né la mamma, né Claudio, né Davide e nemmeno chiunque." mormora.

Si paralizza quando riconosce la voce di Paulo e si toglie dalla testa l'idea di picchiare anche lui, limitandosi a rannicchiarsi ancora di più su sé stessa per cercare di sfuggire alla sua presa.

"Vattene via."

"Sono tutti preoccupati per te, perché non spieghi cos'è successo?"

"Non ne voglio parlare con nessuno."

"È così grave?"

"È che.." viene interrotta da un altro pianto e allora lui stringe di più la presa e cerca di consolarla, fino a quando non sente il pianto fermarsi almeno un po'. Abbassa il piumone e scopre metà di quel viso stanco e rosso per le lacrime, abbassandolo poi fino a scoprirla e portandola a nascondersi nel cuscino.

"Smettila."

"Hey, guardami." la tira per un braccio e riesce a far si che sia lei stessa a girarsi. "No se lo que pasó, pero todo está bien."

"No, non va tutto bene." si mette seduta sul letto e stringe a sé il cuscino.

"Che cos'è successo?" domanda, accarezzando la sua nuca.

"Giura di non ridere."

"Perché dovrei ridere se stai piangendo?"

"Tutti gli altri lo hanno fatto."

"Si ma io non ho 18 e meno anni, ne ho 23."

"Giuralo lo stesso."

"Va bene." sospira. "Lo giuro."

Gli racconta tutto, non sa nemmeno perché con lui ne stia parlando così apertamente, forse perché aveva paura della reazione dei suoi fratelli e di un giudizio da parte della madre. Lo sguardo di Paulo e la sua mano che le asciuga le lacrime, però, la consolano parecchio e, quando finisce, sospira e si toglie di dosso il piumone.

"Sono diventata lo zimbello della scuola." mormora, venendo stretta in un forte abbraccio.

"È lui che è lo zimbello, tu e quella ragazza non avete fatto nulla di sbagliato."

"Però non hanno riso di lui, hanno riso di me. E lei." sussurra, ormai non ha nemmeno più la voglia di urlare.

"Non la pensano tutti così e solo gli stupidi potrebbero credere ad una visione come quella di quel ragazzo."

"Non voglio tornare a scuola."

"Devi, nena, o la dai vinta a lui."

"Non riesco nemmeno a guardare gli altri negli occhi per dirglielo, come potrei guardare un'intera scuola?" sbuffa, cercando un contatto visivo.

"Basta farsi vedere forti. Tu sai di aver ragione, devi mostrarlo anche agli altri."

"E dici che mi crederebbero?"

"Anche se non lo facessero, chi se ne frega?"

Bacia la sua guancia e la osserva mentre si strofina gli occhi, portando una mano sulla testa.

"Ho mal di testa." borbotta.

"Ci credo, hai urlato fino a perdere la voce." le accarezza la schiena. "Devi mangiare qualcosa e prendere qualcosa."

"No, non voglio scendere." ritorna a tenere tra le braccia il cuscino.

"Dai nena, non puoi restare rinchiusa qui per sempre."

"Puoi sempre aiutarmi a scappare." dice con un tono di voce ed uno sguardo così serio, da farlo scoppiare a ridere. "Non sto scherzando."

"E come? Guarda che non è come nei cartoni, non puoi calarti giù dalla finestra con il lenzuolo."

"E allora mi ci lancerò."

"Come no." sospira. "Vieni."

La prende per mano e la fa mettere in piedi, accompagnandola in bagno dove si sciacqua il viso e ne approfitta per respirare un po' dell'aria fresca che proviene dalla finestra aperta.

"Sai di aver dato un calcio nello stomaco a Davide?"

"Credevo fosse la faccia." confessa in realtà. "Gli ho fatto tanto male?"

"Direi di sì, per questo dovresti anche scusarti con lui."

"Io però gli avevo detto di non provare a togliermi il piumone di dosso."

"Credo che sia un pretesto piuttosto inusuale per picchiare qualcuno." ridacchia e la osserva mentre, finalmente, fa lo stesso.

"Già, forse hai ragione."

"Scendi?" domanda.

"Si, però.." abbassa lo sguardo. "Tu vieni con me?"

"Non ti lascerei sola." la tranquillizza e diciamo che scende uno scalino ogni 2 minuti e si nasconde dietro la sua schiena.

Favola / Paulo DybalaHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin