5. Reading my soul ☆

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"In una sola pagina,
bruciano
infiniti tormenti".

P.D

La sveglia del cellulare trillò vivace sul mio comodino.

Allungai un braccio controvoglia, impigliandomi tra le lenzuola e, dopo averci bisticciato per circa un minuto, riuscii a spegnerla.

Erano quasi le sette, dovevo alzarmi o avrei fatto tardi a scuola.

Quello era il giorno della settimana che mi piaceva di più.

Ogni mercoledì, durante le ore di letteratura, tutti gli studenti che avevano aderito al laboratorio, si riunivano nell'aula magna del liceo per discutere il classico del mese.

E io, naturalmente, non avevo mancato di partecipare, adoravo leggere e parlare dei miei amati romanzi, ascoltare le opinioni degli altri, rivivere a parole le emozioni che mi trasmettevano quelle pagine era come una boccata d'aria fresca per me.

Questa iniziativa era stata voluta dalla professoressa di lettere, Laura Amendola, una ragazza sui trent'anni che dedicava anima e corpo al suo lavoro. Era capace di trasmettere tutta la sua passione per la letteratura con un solo sguardo, tutto in lei emanava quel senso d'amore per i libri.

E io pendevo dalle sue labbra, mi ancoravo a quel mondo che andava oltre quello fisico.

Mi faceva sentire bene, mi elevava sulle soglie dell'infinito mostrandomi mondi sconosciuti e inesplorati, come se in quei mucchi di fogli e inchiostro si nascondesse un preziosissimo tesoro.

Dopo essermi lavata e vestita di fretta, scesi in cucina per la colazione.

Constatai la sua assenza, Kevin era già uscito, sicuramente per evitare di incontrarmi.

La mamma mi salutò con un buongiorno squillante, poi mi piazzò sotto al naso una brioche appena sfornata.

"Hai dormito bene?" domandò, premurosa.

Era sempre attenta e protettiva, era la mia mamma, la donna più buona e gentile del mondo. Aveva sempre una luce speciale che illuminava i suoi occhi nocciola, una luce che dilagava nello spazio circostante. Era sempre pronta a donare affetto al prossimo senza secondi fini, facendo germogliare tutta la realtà in un fiotto di colori sgargianti.

I suoi pazienti la adoravano.

Io la adoravo.

Tutto il mondo la adorava.

"Sì, mamma".

Terminai di fare colazione e mi precipitai alla fermata dell'autobus sotto casa.

Kevin non c'era, doveva essere salito su quello delle sette e trenta.

La sua ostinata volontà di ignorarmi era ammirevole, si impegnava così tanto a far finta che io non esistessi da annullarmi per davvero.

Quando raggiunsi le porte della scuola, notai con costernazione che non era ancora arrivato.

Anche Kevin frequentava il liceo classico, studiava nella sezione B, la mia era la A.

UCCIDIMI DOLCEMENTEWhere stories live. Discover now