26. In the eye of the storm ☆

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"In una goccia di pioggia
si cela il fremito di una dolce carezza".

P.D

Kevin la stringeva a sè, condensando ogni molecola del suo essere con quello di lei.

La stringeva con il pensiero.

L'assaporava con lo sguardo.

L'annusava con l'anima.

Si smarriva in lei, nella scia del suo profumo, e si ritrovava dentro i suoi occhi, sulle sue labbra.

L'amava, l'amava da sempre, di un amore sublime e terrificante, di un amore intenso e terribile.

La nebbia sottile le conferiva una parvenza divina, un visione luminosa, orpellata di bianco, colorata di ghiaccio, armata di comete, ammaliante come la luna.

Era bellissima.

Più bella della vita, più forte della morte.

Kevin le lasciò un casto bacio sulla fronte, poi s'incamminarono verso il castello, lasciando sulla sabbia un delicato strascico d'impronte.

"Vengo spesso qui" disse lui, ammirando la grandezza della torre.

Le sue mura di pietra spadroneggiavano sul mare, inibendo l'irrequieto moto delle onde sugli scogli circostanti.

Quel luogo lo rasserenava, ammansiva quella rabbia che sgorgava all'improvviso, quella voglia irrefrenabile di combattere contro un mulino a vento, di inabissarsi in un cratere rovente ed uscirne incenerito.

Alcuni giorni, una creatura orrenda e deforme lo torturava, spargendo piccoli aculei appuntiti sulle sue membra, lo divorava sibilando uno stridulo orripilante. Un seviziatore meschino in costante agguato, un criminale che premeva il grilletto dritto alla sua fronte.

E lui conosceva il volto del suo carnefice perché era identico al suo.

Alessandro era il suo assassino, la causa del suo male, il mostro che aveva scatenato l'apocalisse.

Era lui l'artefice del suo trauma irrecuperabile, del suo male insanabile.

Avrebbe voluto dimenticare quel giorno, avrebbe voluto cancellare quel momento dalla sua memoria, quel cadavere accartocciato sulla strada, gli occhi sbarrati in un muto grido d'aiuto.

Quella postura macabra e innaturale gli provocava, ancora adesso, repulsione e conati di vomito.

Da anni, ormai, soggiornava nei suoi incubi.

Durante la notte, quell'immagine s'imbatteva nelle sue sinapsi all'improvviso, macinando terrore e sgomento.

Ricacciò indietro il brivido di quel ricordo madido d'orrore e si concentrò sul paesaggio.

Osservò le mura imponenti del castello che s'innalzavano verso il cielo plumbeo, ripercorse con lo sguardo le linee appuntite e squadrate della torre, che dominava l'intera struttura con immobile eleganza.

Per fortuna Selene era svenuta subito dopo l'impatto e si era risvegliata quando il corpo di Alessandro era stato già portato via.

UCCIDIMI DOLCEMENTEDonde viven las historias. Descúbrelo ahora