24. Don't leave me ☆

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"All'ombra dei ricordi
manca il respiro
e la voce si spezza
in un canto notturno".

P.D

Quando ritornai a casa m'investì un invitante profumo di lasagna, mentre udivo le voci di mia madre e Kevin echeggiare nel salotto distintamente.
Non si accorsero del mio arrivo, erano assorti nella loro conversazione.

Lui gli stava raccontando di un nuovo piano terapeutico che il dottore gli aveva assegnato. Doveva prendere la sua medicina ogni mattina per un mese intero, poi una ogni quindici giorni per i due mesi successivi e, infine, una al mese per sei mesi.
Allo scadere della cura farmacologica, lo psichiatra aveva fissato una visita di controllo.

"Ha detto, che se la cura sortisce un buon effetto, mi assegnerà un piano di mantenimento" origliai.

"Hai già cominciato a prendere i nuovi farmaci?".

Il tono di mia madre era preoccupato.

"Non ancora" la informò lui.

"Devi cominciare al più presto, Kevin. La situazione potrebbe peggiorare".

Lo sentii sospirare, mentre l'angoscia di mia madre cominciava ad annidarsi anche nel mio petto.

Non sapevo che la situazione di Kevin fosse così grave.

"Passerò io in farmacia, domani è il mio giorno di riposo" aggiunse Sofia "L'hai... detto a tua madre?" chiese subito dopo, titubante.

Non sentii la risposta.

Kevin... stava male?

Non avevo mai compreso appieno l'entità del suo trauma.

Il terribile incidente di papà aveva segnato entrambi, lasciando una cicatrice indelebile, come un meteorite di proporzioni gigantesche, quella tragedia aveva invaso la nostra vita, schiacciandoci al suolo, incenerendo il nostro mondo, nullificandolo con la sua forza catastrofica in una voragine di dolore.

Il mio ricordo di quei momenti si riduceva ad una manciata di scatti sfuocati seguiti dal buio.

Ero svenuta subito dopo l'impatto, risvegliandomi in un ammasso di nebbia, polvere, sangue rattrappito e sirene.

Non avevo mai dimenticato il suono assordante delle sirene, le loro luci che ombreggiavano sulla barella, in attesa che i paramedici mi portassero in ospedale. Udivo voci lontane, disperse nelle urla convulse dei presenti, nelle manovre concitate degli infermieri.

Avevo tentato di sollevarmi in qualche modo, dovevo vedere cosa stava succedendo, il motivo di tutta quella confusione intorno a noi.

Avevo visto Kevin, con la testa e il busto arrotolato in spesse garze bianche, era sulla barella accanto alla mia e mi guardava con gli occhi pieni di lacrime trattenute.

Ero ritornata a guardarmi intorno, alla ricerca di papà. Non riuscivo a vederlo e avevo cominciato ad avere paura, pregai con tutta l'anima che stesse bene, che fosse uscito illeso dall'incidente.

Poi, un paio di infermieri ci circondarono. Leggevo pena e tenerezza sui loro volti, cercarono di tranquillizzarmi, mentre un dottore si dirigeva verso di noi.

UCCIDIMI DOLCEMENTEWhere stories live. Discover now