14. Come to me ☆

1.6K 98 86
                                    

"Una lastra di ghiaccio può racchiudere tutte
le fiamme dell'Inferno".

P.D

Il sabato a scuola sembrava interminabile, il professore di storia stava spiegando la guerra fredda. Il suo tono di voce sommesso rendeva difficoltoso l'ascolto e, ad un certo punto, smisi di scrivere gli appunti e mi accasciai sul banco, sconfortata.

Kevin non mi rivolgeva la parola da due giorni.
Quella sera, al suo rientro a casa, si era chiuso in camera, disertando la cena.

Era sfuggente, evasivo, lontano.

E io stavo morendo, letteralmente.

Il vuoto caotico nel mio stomaco si mescolava alla mia mente gremita di pensieri e ragionamenti.

Ipotizzavo strane spiegazioni sul suo comportamento dopo quello che era successo tra di noi e tutte si orientavano verso una voragine senza fondo, incuneandosi in un cono di lava, cenere e zolfo.
Ero in bilico sul filo di una spada affilata che rifulgeva, inesorabile, sulla carne tenera della mia laringe.

Ero spacciata e Kevin era la mia sola salvezza.

Alzai lo sguardo sulla testa riccioluta di Nicolò, due posti davanti a me.

Anche lui, come Kevin, eludeva persino il mio sguardo.

Ne ero dispiaciuta, la sua amicizia contava molto per me.
Ci conoscevamo da cinque anni ed era sempre stato disponibile con me.
Certo, i suoi tentativi di conquista a volte erano irritanti, ma lui era fatto così, era testardo, ma aveva anche un cuore d'oro.

"Avete domande, ragazzi?".

Il professore aveva improvvisamente alzato la voce di un tono, segno che la lezione volgeva al termine.
Tutti scossero il capo, impazienti di porre fine a quello strazio, così l'insegnante indicò le pagine da studiare prima che suonasse la campanella per la ricreazione.

Aspettavo con ansia che quella giornata di scuola finisse.

Non vedevo l'ora di tornare a casa, speravo di rivederlo, di parlargli.
Volevo sapere cosa gli passava per la testa, cosa pensava di me, di noi.

Che supplizio!

Kevin era il mio supplizio.

Il mio supplizio più dolce, la mia amara felicità.

Lui era una fredda brughiera invasa dai lupi, uno spruzzo di vernice nera sulla Gioconda, una tigre indiana che stava azzannando ogni mia particella quantica.

La campanella suonò riportandomi al presente.

Uscii in corridoio intenda a chiarire con Nicolò, almeno con lui, visto che con Kevin l'impresa sembrava impossibile.

Era vicino alla finestra e stava conversando animatamente con due ragazzi della sezione B.

"Nicolò" lo chiamai.

Non si voltò.

"Nicolò" insistetti.

Si girò verso di me incenerendomi con lo sguardo.

UCCIDIMI DOLCEMENTEWhere stories live. Discover now