Capitolo 2

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Si avvicina di più e trattengo una smorfia. Ha i capelli grigi che gli scendono sulla fronte e la felpa sintetica che odora di sudore e ammorbidente alla vaniglia. Il suo sguardo è allegro; eppure, gli occhi sono pallidi come avessero visto un fantasma.

«Lei forse non lo sa o non se lo ricorda.» Continua Brovies appoggiandosi alla mia sedia. «Ma io l'ho vista da piccola anche se solo in una fotografia. È tale e quale a sua madre.»

Alzo il sopracciglio confusa. Nessuno, a meno che non abbia una memoria e una capacità di visualizzazione incredibile, si ricorderebbe di qualcuno da una banalissima foto. Mi metto composta e cerco di nascondere l'imbarazzo. Tutti sono ancora volti verso di me. Il Coach accenna ad un sorriso e riprende a parlare alle classi senza tornare sull'argomento.

«Sapete, appena i vostri professori mi hanno chiamato, ho pensato molto a cosa dire. Se fare la solita lezione teorica oppure optare su qualcosa per cogliere l'attenzione anche di quelli a cui la pallavolo non piace. Ho pensato, dunque, di narrarvi una storia che magari vi resterà nel cuore. Che dite, va bene a tutti?»

Nessuno si oppone e lui inizia a raccontare. Sento le parole arrivare vagamente al mio cervello e comprenderne ben poco il significato. Sospiro socchiudendo gli occhi. Il mondo si ferma mentre il sonno cerca di battere la mia resistenza. Sto per cedere, è questione di secondi.. No, non posso dormire. Sbadiglio e mi ricompongo osservando Andrea Brovies fare avanti e indietro per l'aula magna. Ho l'impressione che ogni tanto si volga nella mia direzione. Ci presto più attenzione ma proprio mentre sono sul punto di beccarlo, lui distoglie lo sguardo come non l'avesse mai fatto e non penso sia casuale. Io non ricordo di averlo mai visto prima. Non lo conosco affatto ma a quanto pare lui conosce me. D'accordo, sono una brava giocatrice e magari mi ha notata nel corso della stagione ma ho la sensazione che dietro, ci sia qualcosa di più.

***

Finito l'incontro durato due ore senza pause, mi alzo appena il suono della campanella irrompe dai corridoi. Gli studenti cominciano ad uscire e io cerco di farlo il più discretamente possibile. Sono ancora rimbambita dai miei cinque minuti di dormiveglia durante la lezione e fatico a restare in piedi. Alcuni ragazzi mi passano dinanzi e ne approfitto per nascondermi dietro di loro. Li seguo finché mi portano in corridoio. Una volta al sicuro dietro una colonna, riprendo fiato. Mi guardo intorno. Nessuno mi sta guardando. Via libera. Faccio per scendere le scale quando l'allenatore che aveva tenuto la lezione, mi si para davanti. Gli rivolgo un cenno e tento di fuggire. Scendo i primi gradini ma lui mi chiama per nome.

«Alexandra.» dice con la voce un po' euforica. «Sei cresciuta tantissimo.»

Mi volto senza capire.

«Dovrei conoscerla?»

«No, ma tra allenatori ci si parla, lo dovresti sapere. Sei nell'ambiente pallavolistico da parecchio ormai.»

«Già.»

Ammetto che sono un po' delusa da questa spiegazione ma cerco di liberarmi di lui il prima possibile.

«Bella storia comunque.» dico per evitare il silenzio imbarazzante creatosi. «L'ha raccontata con una tale enfasi che secondo me, qualcuno l'ha scambiata per vera.»

«In effetti lo è.»

«Sì, come no. Ha mai pensato di fare teatro? Secondo me sarebbe un perfetto cantastorie.»

Lui fa per replicare ma io lo saluto e mi congedo appena Robin mi raggiunge. Con la coda nell'occhio lo vedo ritirarsi in un angolo e tirare fuori il cellulare. La curiosità di saperne di più mi uccide ma non ho tempo per quello. Scendo le scale pronta ad andare a casa di Robin per mangiare. Esco dalla porta con il cellulare alla mano ma i fari di un'auto mi abbagliano. Riconosco mio zio Dominic accanto al SUV nero e le mie aspettative di un pomeriggio libero, si frantumano. Gli vado incontro facendo finta di esser sorpresa. Non avevo avvisato nessuno della intenzioni di andare da Robin e lui teoricamente, era venuto a prendermi per portarmi a casa. Dominic mi saluta con quell'aria composta che proprio non sopporto e io incrocio le braccia.

«Oggi vado da Robin.» chiarisco e lui comincia a fissarmi torvo. «So di non aver avvisato e mi dispiace ma ti assicuro che poi torno a casa da sola. Non devi disturbarti a venirmi a prendere.»

Silenzio. Detesto quando fa così. Alzo le spalle e faccio per fuggire ma lui mi blocca per il braccio.

«Lo sai come la pensiamo io e tua madre sulle improvvisate.» Mi ricorda. «Perciò sali in macchina. La signorina Taiberg aspetterà.»

Sbuffo ed incrocio le braccia al petto. Vorrei desistere ma so di non avere scelta con lui.

«Fantastico, l'ennesimo pomeriggio rovinato. Dovrebbero darti una medaglia per questo.»

Mio zio mi fa segno di salire in auto e non insisto oltre. Robin capendo la situazione, si allontana ed io la osservo mentre immagino tutto quello che avremmo potuto fare oggi. Giocare a Cluedo, provare i profumi di sua madre o gli ultimi vestiti che ha comprato.. Dominic apre la portiera e mi siedo tirando fuori gli auricolari per la musica. Se devo sopportare la tortura che mi aspetta preferisco farlo con della buona musica nelle orecchie.

«Sei di pessimo umore.» commenta mio zio mentre lo ignoro facendo velocemente la playlist. «Brutta giornata?»

«Tu che dici?» Taglio corto districando le cuffiette. «E come se non bastasse, oltre a te ci si è messo anche quello stupido allenatore a quell'incontro del cavolo.»

«Quale incontro?»

«Uno in cui abbiamo perso tempo.»

Sorride capendo che non ho voglia di parlarne. Sapendo che quella è solo una maschera che poi si trasformerà nella solita sfilza di domande inopportune, lo precedo.

«Un allenatore di pallavolo ci ha parlato della sua esperienza. Si è inventato una cavolata assurda su due gemelle che hanno vinto una finale e che poi una è morta subito dopo. Incredibile come la gente racconti storie così surreali e stupide.»

«A volte quelle storie alle quali non riusciremmo mai a credere, sono le più vere che abbiamo.»

Ed ecco che ricomincia. No, grazie. Mi infilo gli auricolari e smetto completamente di ascoltare. Mi concentro sul ritmo e riesco a perdermi nei miei pensieri mentre mio zio ci riporta a casa borbottando tra sé per tutto il viaggio.

La Squadra Del 2000Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin