Capitolo 21

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«Ho dato uno sguardo alla lista ma non mi ricordo chi c'è subito dopo Loren e Gemma. Come si chiama la numero sette?»

«In realtà andiamo dalla numero otto: Sara Borsati. Non ci è stato possibile organizzare tutti gli incontri in ordine, perciò, dobbiamo rassegnarci a seguire un piano leggermente diverso. Comunque, ho scritto a Sara poco fa e ci aspetta nel suo studio.»

«Che cos'è, un pubblico ministero?»

«Un architetto, in realtà.»

«E può permettersi uno studio?»

«Proviene da una famiglia benestante e fa un lavoro che una volta che ottieni successo, ti porta un sacco di soldi quindi sì, può permettersi uno studio.»

«Avrei dovuto scegliere una scuola di Design invece, come uno stupido, ho optato per ragioneria.»

Nathan si siede davanti con Lucrezia e continuano a chiacchierare tra di loro dopo aver spento la radio. Robin li ignora e fissa fuori dal finestrino. Dalla parte di riflesso che riesco ad intravedere, sta addirittura dormendo. Le sistemo i capelli che le arrivano in faccia e la lascio in pace. Allaccio la cintura e mi ritaglio il mio angolo personale tra le voci di Lucrezia e Nathan isolandomi con le mie cuffie. La musica si infiltra nella mia mente cancellando ogni preoccupazione. Seguo il ritmo con la testa e nel frattempo prendo la penna e metto la spunta alle due caselle dell'elenco sul mio quadernetto. Loren e Gemma sono state disponibili e volenterose di darci una mano e nonostante siamo ancora all'inizio, sono ottimista. Parte di me è felice non solo perché ci stanno aiutando nel nostro progetto ma perché in qualche maniera, noi stiamo facendo lo stesso per loro. È una sensazione che mi fa stare davvero bene. Il viaggio è più lungo del previsto per via di una deviazione nei pressi di Como. Le palpebre lottano per calare e a tratti ne approfitto per riposare come Robin. Il sole comincia a scendere tra le case e torniamo in città. Dopo aver passato la nostra palestra, raggiungiamo una piazzola privata nei pressi di Monza. Lucrezia ci guida per una serie di piccole via aggrovigliate e arriviamo davanti alla casa di Sara Borsati. La cassetta della posta straborda di lettere e il cancello è sporco di vernice verde. Lucrezia si prende un attimo e suona il campanello. Ad aprirci arriva una giovane donna dalle forme voluminose ma dal corpo snello, a dir poco magro. Ha le dita affusolate e braccia e faccia coperte da lentiggini e piercing. La donna ci fissa e si raccoglie i capelli rossicci in uno chignon striminzito. Indossa una bandana e un camice sporco di vernice. Più che un architetto sembra una contadina.

«Ehi Lex.»

Robin mi chiama e mi sussurra nel mio orecchio cogliendo le mie stesse perplessità.

«Io credevo che gli architetti fossero tutti con indosso un completo super serio e l'aria da intellettuali.»

«Lo so. Anche a me quel grembiule e quella bandana danno una strana impressione.»

«Sembra più una contadina o un'amante del bricolage.»

Cavolo, tu sì che mi leggi nel pensiero! La donna si avvicina e apre il cancello. Fissa Lucrezia torva e subito dopo quell'occhiata gelida punta su di noi

«Ho ricevuto il messaggio.» dice. «Prego, venite pure.»

Lucrezia entra per prima e la seguiamo come dei pulcini dietro la chioccia. La donna ci scorta nel soggiorno luminoso. L'ambiente è caldo e arredato con mobili moderni contrapposti a oggetti d'antiquariato racchiusi in teche accanto ad alcuni suppellettili graziosi. Sara si toglie la bandana e ci invita ad accomodarci sul divano. Si slaccia il grembiule e lo appoggia su una sedia davanti al camino spento.

«Perdonate il mio aspetto.» Continua la padrona di casa riordinando i capelli sulla fronte. «Di solito non è il mio abbigliamento tipico ma stavo lavorando ad una commessa importante e non ho avuto il tempo di cambiarmi.»

«Tranquilla Sara.» mormora Lucrezia. «Non siamo qui per giudicarti.»

«Allora, perché siete qui?»

Il tono della nipote della Pres e di Sara non è rilassato come quando stavamo parlando con Gemma e Loren. C'è una nota di nervosismo nelle loro voci che appaiono controllate, nel tentativo di non lasciarsi andare ad eccessi di aggressività.

«Vedo che te la passi bene.» Osserva Lucrezia cambiando discorso. «Bel giardino, bella casa, bei mobili.»

«Tutto sommato sì anche se gli incarichi scarseggiano in questo periodo e faccio fatica a mantenere tutta la bella roba che hai elencato.»

Sara si siede dinanzi a noi accavallando le gambe e indicandoci come guardasse dei cuccioli di animale.

«Sono i tuoi figli? Non credevo ne volessi.»

«No, infatti, non lo sono. Non mi sono sposata e non ho mai trovato quello giusto o forse non l'ho mai voluto. Comunque questi ragazzi sono degli amici e sono venuti con me perché devono parlarti, come ti ho accennato al telefono.»

«Sono a vostra disposizione per circa mezz'ora. Dopo ho un appuntamento e non posso tardare.»

«Non ci metteranno molto.»

«Ah, questo lo spero.»

Lucrezia ci introduce presentandoci uno ad uno prima di farci spiegare quanto abbiamo intenzione di fare. Sara, a differenza delle precedenti persone che abbiamo conosciuto, non si sofferma a studiarmi. Sì, forse un po' di curiosità nei suoi occhi la percepisco ma nulla di più. Al contrario ci osserva con sospetto come preferisse non darci troppa confidenza.

«Quindi siete venuti qui, in casa mia, per propormi di prendere parte ad una partita di ragazzine? Whao, non ti ricordavo tanto sciocca Lucrezia.»

«Non una partita qualsiasi ma una finale di campionato come l'ultima che abbiamo giocato. È importante, perciò, che tu presenzi.»

«Non vedo come la mia presenza possa fare la differenza.»

«Senti, nemmeno noi abbiamo tempo da perdere, quindi: Sei dei nostri, sì oppure no?» La blocca Lucrezia dopo averci fatto concludere. Sara storce il naso e incrocia le braccia al petto sospirando.

«Non lo so. Siete sicuri che Riley voglia tutto questo? Insomma, se non ha più voluto avere a che fare con tutti noi, un motivo ci sarà.»

«Non importa ma sono sicura che ne ha bisogno.»

«E in base a cosa puoi dirlo, Lucrezia? Non sei mai stata la sua migliore amica, era Ginevra a ricoprire quel ruolo nella sua vita. Per quanto tu possa aver avuto il privilegio di entrare nella sua sfera di amicizie, Riley non ti ha mai considerato quanto la sua gemella o Cassidy. È triste, deprimente, ma la verità è che la conoscevi quanto me quindi, praticamente per nulla.»

«Questo non è vero.»

«Ah, sì? Allora le hai parlato dopo la morte di Ginevra? Ti ha mai telefonato per chiederti come stai?»

Lucrezia abbassa lo sguardo.

«Ecco, vedi? Non puoi dirlo.»

«Io però posso."

Sara si volta verso di me e per la prima volta da quando abbiamo iniziato la conversazione, il suo sguardo si addolcisce.

«Che cosa vuoi anche tu, piccoletta?»

«Voglio solo fare un regalo a mia madre e portarla sullo stesso campo in cui è morta sua sorella. Ho bisogno anche del tuo aiuto e ti prego di concedermelo.»

«Tu credi davvero che così le farai dimenticare quanto sia stato brutto quel giorno? Tu non c'eri, non hai idea di come è stato sentire la sua voce spezzarsi, vedere il corpo a terra, sapere che era morta.»

«No, ma so che mia madre vuole superarlo e il modo più efficace, è farle capire che esiste un epilogo diverso a due vicende che si assomigliano sempre di più.»

Sara sospira e si risiede. Mi fissa coi suoi occhi chiari e per un attimo il mio cuore si ferma.

«Sei tale e quale a lei.» dice.

«A mia madre?"

«No, a Ginevra. Parli col suo stesso entusiasmo, quello capace di scaldare anche la pietra più fredda. È un dono che ti ha lasciato ed è bello vedere che ce l'hai tu.»

La donna spegne la sigaretta che aveva acceso e prende l'invito che Robin aveva appoggiato sul tavolo.

«Spero di non pentirmene.»

La Squadra Del 2000Where stories live. Discover now