Capitolo 4

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«Secondo te cosa faremo oggi?»

«Probabilmente io sarò di nuovo sotto rete ad esercitarmi su quel dannato pallonetto di seconda intenzione. Da quando lo proviamo in vista della semifinale, il mio allenamento è diventato così monotono.»

«Sei un palleggiatore, il tuo ruolo è a prescindere il più monotono.»

«Come osi!»

Mi spintona e io scoppio a ridere mentre lei recupera le scarpe e le infila nel borsone.

«Se vuoi la mia opinione,» continua. «È il centrale il ruolo peggiore. Fa sempre avanti e indietro per il campo, tocca una palla ogni set e quando salta per murare il più delle volte si spacca le dita. Per questo sono sempre tutte incerottate.»

«Il fare avanti indietro dalla rete alla linea dei tre metri succede perché non gli alzi mai il pallone.»

«Vero, ma hai idea di quanto sia più facile passarla ai due laterali? Banda e Opposto non si lamentano di continuo se la palla gli arriva più bassa oppure più lenta oppure più vicina all'asticella. Loro fanno il loro dovere, schiacciano e la storia finisce lì, senza la benedetta palla che si schianta sulla rete e gli ritorna sui piedi.»

«Menomale che sono una banda e questi problemi non mi toccano.»

«Già, non immagino il Libero che alla fine ha il doppio dei nostri problemi.»

«E la colpa di ogni disfatta è sempre sua.»

Robin scoppia a ridere lasciando cadere la crema del corpo. Mi trattengo e gliela rimetto sul comò. Infilo la felpa e aspetto che Robin finisca di prepararsi. Si chiude in bagno per farsi la coda e guardo l'orologio. 19.20.

«Robin sbrigati o faremo tardi!»

«Arrivo, arrivo!»

Robin esce di corsa dal bagno e prende il telefono. Appena guarda l'ora, mi fissa perplessa.

«Ma non siamo in ritardo.» Dice. "L'allenamento è alle 20.00!»

***

Scendiamo di corsa le scale della palestra col borsone che sbatte contro le nostre ginocchia. C'è un gran casino dato che le ragazzine dell'under dodici stanno facendo l'ultima mezz'ora di gioco e i ragazzi della prima divisione maschile sono in sala pesi. La mia voglia di passare in mezzo a quella marmaglia sudaticcia è davvero minima per cui essendo in anticipo (Robin mi guarda ancora male per averla fregata prima), io e Robin ci fiondiamo nell'ufficio della presidentessa che ha un bellissimo cofanetto con le caramelle apposta per noi giocatrici. Non essendoci nessuno, Robin si siede sulla poltrona nera mentre io mi accomodo su una delle sedie di plastica nascondendo alcune Haribo nella tasca della felpa. Rossella, la presidentessa, entra poco dopo e ci saluta.

«Buonasera ragazze.» mormora mentre si siede dietro alla sua scrivania per compilare dei documenti.

Rossella è abbastanza robusta e alta poco meno di me. Nell'insieme se la guardo, mi sembra talmente buffa che non riesco mai a prenderla sul serio tranne quando fa i suoi discorsi burocratici prima delle partite importanti.

«Qualcosa di interessante da raccontare?» domanda la Pres con lo sguardo incollato al monitor. È molto gentile e confidente, tanto che è quasi una seconda mamma per tutti noi della società.

«Una cosa c'è in effetti.» Le dice Robin mangiucchiando un coccodrillo gommoso rubato dalla mia tasca. "Stamattina si è tenuto a scuola un incontro sulla pallavolo che ci ha parecchio turbato. Un certo Coach Bro, teoricamente è un allenatore, ci ha raccontato una storia assurda a cui Lex insiste a non voler credere.»

«Andrea Brovies dici?»

«Sì, un tipo scorbutico, capelli bianchi e felpa che profuma di ammorbidente alla vaniglia misto a sudore. Per caso lo conosci?»

«Oddio, certo che lo conosco!»

La Pres si alza e ci mostra una vecchia foto che li ritrae insieme.

«È una persona gentilissima, tra le più umili che conosca. Credo che non ci sia allenatore o società che non conosca la storia della sua squadra. Sono stati i primi di una piccola società a vincere il campionato provinciale.»

«Quindi ha detto la verità?» Sgrano gli occhi avvicinandomi alla scrivania della Pres. «È successo realmente? Tutta quella folle storia che ci ha raccontato è vera?»

«Sì, strano che tua madre non te ne abbia parlato Lex, lei faceva parte della sua squadra. Era il vicecapitano se non sbaglio.»

«Cosa? Mia madre giocava a pallavolo?»

Improvvisamente Rossella rimane in silenzio. Robin mi fissa sorpresa mentre io stranita come mi sento, non trovo neanche le parole. Non capisco se tutti si stanno facendo beffe di me oggi o c'è davvero qualcosa che non so. Rossella si siede accanto a noi.

«Robin.» mormora. «Va di là che tra poco comincia il vostro allenamento. Avvisa Max che Lex vi raggiungerà tra un po'.»

La guardo incredula. No, non ho intenzione di saltare un allenamento proprio ora! Mi alzo ma la Pres mi fa cenno di non muovermi e decido di non oppormi. Mi risiedo e Robin, dopo il mio consenso, scappa via lasciandoci sole a guardarci dritte negli occhi. Rossella mi prende la mano come avesse bisogno di trovare la calma piuttosto che trasmettermela.

«Credevo che ormai, già lo sapessi.» dice. «Non spetterebbe a me ma se vuoi ti posso dire ciò che so.»

«Pres.» La blocco ritraendomi. «Io non so nemmeno di cosa stai parlando. Cosa c'entra mia madre con quella storia folle?»

«Tua madre l'ha vissuta sulla propria pelle. Se ora me lo permetti, posso raccontarti..»

«Mia madre non ha mai giocato a pallavolo. Odia soltanto parlarne e quando ho scelto di giocare, lei non approvava e me lo ricorda costantemente la sua assenza ad ogni mia partita.»

«Invece ci ha giocato per dieci lunghi anni e magari non te lo ha detto perché voleva proteggerti o le è sfuggito, non so.»

«O forse è semplicemente una bugiarda. Non devi trattenerti Pres. Se vuoi esprimere il tuo parere quando lei non è qui, nessuno si offende.»

«È una questione delicata e non dovresti giudicare tua madre senza sapere quanto è accaduto.»

Sbuffo ma mi decido a lasciarla parlare. La Pres chiude la porta dell'ufficio e torna alla scrivania.

«Ricordo quel giorno come fosse ieri: era il 20 maggio del 2000. Ancora non sapevamo che la nostra vita e quella di tutto il mondo pallavolistico, sarebbe stata sconvolta per sempre.»

La Squadra Del 2000Where stories live. Discover now