Capitolo 13

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Corro da ogni parte del campo in cerca della palla. La tocco, il più possibile. L'aria la fa vibrare e il mio corpo la restituisce alle avversarie e si appresta a riceverla di nuovo. Batto, ricevo e attacco. La partita è la somma di questa sequenza a volte veloce, altre più controllata oppure interrotta. Il sudore all'inizio del secondo set gronda dalla mia fronte. Ansimo in cerca di aria. Sento le membra affaticate, i muscoli tesi. Sono esausta, lo percepisco con chiarezza. I miei occhi focalizzano solo le luci abbaglianti e il pallone. Il resto è sfuocato. Le urla sugli spalti, della panchina e delle avversarie mi puntellano la mente senza riuscire a fare breccia. Batto le palpebre e la visibilità torna lucida. Mi asciugo le mani sui pantaloncini e riesco a ritornare concentrata. Il pallone arriva dalla mia parte. Difendo e prendo la riconcorsa. Destro, sinistro, destro e salto. La mano impatta contro la palla e una scossa mi percorre. Atterro e sento il fischio dell'arbitro. Punto per noi. Esulto assieme a Robin che viene ad abbracciarmi. L'eccitazione è alta, tutti sono al settimo cielo. Tra di loro, noto mia madre che si alza ad applaudire e il cuore si riempie di gioia. Le persone sedute accanto a lei e allo zio li guardano come fosse solo un atto eccessivo del tifo ma per me sono la più grande soddisfazione della mia vita. La partita continua. Le avversarie non sono forti ma non mollano. Il loro capitano incinta le compagne e tentano il recupero. Per evitare sorprese (e negli anni ne ho viste) aumentiamo il vantaggio. Arriviamo al terzo set. Siamo avanti due match e si susseguono numerosi cambi di formazione. Max ci tiene a permettere a tutte le giocatrici della squadra di essere protagoniste in modo da dare il merito a tutte di una possibile finale. È uno degli aspetti che ammiro del mio allenatore: Per lui siamo tutte egualmente brave e all'altezza. È un pensiero che dovrebbe echeggiare nella mente di qualsiasi allenatore o società. Detto ciò, non ho dubbi che vinceremo anche senza la squadra titolare. Gli avversari chiamano "tempo" e ci prendiamo una breve pausa. Max cambia la formazione dicendoci che al rientro in campo, attuerà diverse sostituzioni. Io e Robin siamo le uniche della formazione iniziale. Robin comincia a lamentarsi con un paio di altre ragazze mentre io faccio stretching. Dagli spalti sento Nathan chiamarmi e mi volto verso di lui. Assieme a dei compagni di squadra, alza uno striscione con scritto "Forza ragazze!". Sorrido e mi manda un bacio. All'improvviso sono investita da una vampata di calore e mi copro la faccia con la maglia. Sono sicura di essere arrossita. L'arbitro fischia la fine del tempo e rientriamo in campo. Non essendoci il capitano nella formazione attuale, Robin prende il suo posto. Penso che sarebbe portata per il ruolo di capitano: È un palleggiatore, ha sempre tutto sotto controllo e in più ha un carattere tranquillo non in perenne contrasto coi direttori di gara come me. La partita ricomincia da dove si era fermata cioè con me al servizio. Batto sul lungolinea ma le avversarie recuperano palla senza alcuna difficoltà gettandola di prima intenzione dalla nostra parte. Non essendo preparata la palla mi cade a pochi metri dai piedi. Max mi urla ma io non lo sento e resto incollata al punto in cui la palla è caduta. È assurdo che l'abbia lasciata cadere.


«Dai Lex, concentrati!»


Respiro e guardo gli spalti. Mi madre mi fa cenno e recupero sicurezza. Arrivo in posto quattro. Prendo la rincorsa e schiaccio in diagonale. Il libero dall'altra parte, una brunetta dalle treccine davvero adorabili, riceve con abilità. Mette la palla in testa al suo palleggiatore che può servire senza problemi l'opposto. Corro per murare insieme al centrale e salto. La palla si schianta contro le mie braccia provocandomi un brivido. Con la coda dell'occhio mi pare di vedere mia madre esultare ma poi il mondo comincia a girare. I miei piedi non toccano terra e sento una botta al fianco. Cado vicino al palo della rete. Le mie mani tengono la mia testa lontana da infortuni gravi ma una fitta mi fa lacrimare. La caviglia. La tengo con ambedue le mani e non riesco ad evitare di piangere. L'avversaria ha sicuramente invaso il campo e con la punta della scarpa deve aver toccato il mio piede facendomi perdere l'equilibrio. Abbasso la calza e tolgo la scarpa. Il dolore si fa più forte e d'istinto mi mordo il labbro. Robin corre subito da me e l'arbitro fischia interrompendo il gioco. Mi aiuta a mettermi a sedere mentre Max sopraggiunge per controllare la situazione.

«Non si muove.» piagnucolo riappoggiando la schiena a terra e tenendomi stretti i capelli. «Non riesco a muoverla!»

Max si inginocchia prendendomi il piede. Flette leggermente la caviglia e questa smette di dolere. Lo fissò incredula.

«Ci sei, Lex?»

Max mi piega ancora il piede e io, non provando alcun male, acconsento col capo.

«Sì, sto bene.»

Giro la testa e rassicuro le mie compagne che si sono raggruppate ai limiti del campo per vedere cosa succede. Il tabellone segna ancora il nostro vantaggio ma spero di non aver rovinato tutto. Spesso quando una ragazza si fa male, le compagne fanno due cose: o si deprimono, oppure tirano fuori la grinta e vincono. Spero solo di non aver rovinato le nostre speranze di vincere. Mi volto verso mia madre in cerca del suo conforto. I suoi occhi sono sgranati, come se avesse avuto un infarto. La sua espressione è ferma e pallida e le mani tremano. Realizzando quanto l'accaduto possa averla spaventata, faccio per farle capire che sto bene. Lei non si muove. Si copre la bocca e scoppia a piangere. Si alza e scappa fuori dalla palestra. Dominic, la segue con lo sguardo affacciandosi prima dalla tribuna per verificare se sto bene.

«Vai.»

Dominic sospira sollevato e si appresta a seguire mia madre. Una lacrima mi scende sulla guancia ma la nascondo appena sopraggiunge la Pres.

«Come stai?» Chiede passandomi il ghiaccio ma gli faccio cenno che non serve. Non provo dolore almeno, non dolore fisico.

«Sono solo scivolata, Pres.» Faccio tirandomi su a sedere. "Sto bene.»

«Dai, vieni.»

La Pres e Robin mi aiutano ad alzarmi assieme a Max e mi fanno uscire dal campo. La tribuna avversaria comincia a lamentarsi dell'attesa mentre l'arbitro segnala l'accaduto sul referto della partita. Mi siedo sulla panchina e appoggio la scarpa accanto al porta - borracce. Levo lo sguardo e osservo la porta d'emergenza ancora aperta scricchiolare mentre il vento la richiude.

La Squadra Del 2000Where stories live. Discover now