Capitolo 12

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Dominic posteggia la macchina nel parcheggio di fronte alla palestra. Sbatto le palpebre e mi affaccio dal finestrino. Il cielo è grigio, le persone silenziose. Nulla dà l'impressione che oggi, possa essere una bella giornata. Mia madre sospira stringendo la cintura di sicurezza e ritorno a guardarla. Sbircio il suo sguardo dallo specchietto retrovisore. È più pallida del solito e i suoi occhi sono immobili, come non avessero il coraggio di confrontarsi con la realtà. È stressata proprio come me e mio zio. Non sono sicura che sia stata una buona idea trascinarla qui ma meglio esser abbandonata alla semifinale che alla finale. Dominic si sporge dal sedile anteriore e si rivolge verso di me.

«Comincia ad andare Lex. Noi arriviamo tra poco.»

Cerco l'approvazione di mia madre prima di alzarmi ma lei fissa il vuoto con insistenza. Acconsento col capo a mio zio ed esco dopo aver preso il borsone. Corro in palestra consapevole del mio ritardo e mi infilo tra il gruppo di genitori avversari. Mi faccio strada nella massa e scendo le scale. Incrocio due giocatrici avversarie intente a fare stretching con gli elastici vicino all'ufficio della Pres. Sono esercizi da preriscaldamento, molto utili per le braccia che io ultimamente sono solita saltare. In teoria si farebbero in campo ma decido di chiudere un occhio. Le due ragazze continuano ad allenarsi e passo oltre. Supero la sala pesi e imbocco il corridoio prima del campo da gioco.

«Ehi, Lex!»

Qualcuno mi chiama. Mi giro e il borsone mi cade dritto sulle scarpe. Maledizione!

«Nathan.»

Lo saluto cercando di nascondere il fatto che, come una stupida, ho lasciato cadere il borsone.

«Ciao.»

«Ciao, splendore.»

Lui si avvicina e mi abbraccia. I suoi occhi sorridono più delle sue labbra.

«Sono in ritardo.» dico cercando di togliermi dalla sua stretta.

Nathan si scosta e rimetto il borsone in spalla. Non ci conosciamo da molto e mi sembra un eccesso di confidenza seppur mi uccida il fatto che non mi dispiaccia.

«Mi spiace ma non ho tempo da perdere.» Gli ricordo e lui sorride.

«Volevo solo augurarti buona fortuna. Oggi vincerete di sicuro!»

«Ti ringrazio, Nathan. Ora per favore mi lasci andare? Max altrimenti non mi fa giocare.»

Lui alza le mani e si incammina verso gli spalti. Lo osservo ma quando sento le voci delle mie compagne, mi appresto a raggiungere lo spogliatoio e a cambiarmi. Mi asciugo la fronte con la maglia da riscaldamento. È incredibile che io sia sudata ancor prima di aver iniziato a giocare. Mi sfilo i pantaloni della tuta e allaccio le scarpe uscendo dagli spogliatoi. Le mie compagne sono già in campo e Robin, appoggiata al palo della rete, mi rimprovera con gli occhi.

«Ohi.» mi richiama sconcertata appena la raggiungo. «Ti sembra questo il momento di arrivare ad una semifinale?»

«Scusami ma ho dovuto convincere mia madre a venire e poi ho incontrato Nathan e..»

«Lex.»

La voce di coach Max mi fa sobbalzare.

«Vieni un momento.»

Guardo Robin ma lei scuote la testa non sapendo cosa l'allenatore voglia dirmi. Finisco il giro di corsa e gli vado incontro. Sistemo la coda sfoderando un sorriso ma l'espressione di Max è tutt'altro che allegra.

«Sì, Coach?»

Max non risponde e mi prende in disparte. Comincio a tremare. Penso a quanto sia stata sciocca ad aver tardato. Non mi succede mai. Sistemo nervosamente le gomitiere e di nuovo l'elastico della coda. Il rischio che mi metta in panchina è alto e non faccio altro che pensarci. Deglutisco e cerco di respirare.

«Sei riuscita a parlare con tua madre?» Chiede Max e il mio cuore ricomincia a battere.

«Sì, più o meno. Diciamo che cerco di convivere con quello che mi ha tenuto nascosto.»

«È tanta roba da digerire ma vedi di stare concentrata. Ho bisogno che tu tenga fuori dal campo le questioni personali e che dia il cento per cento.»

«Certo, coach.»

«Ora vai. Le tue compagne si stanno già riscaldando.»

Corro via ricongiungendomi con Robin.

«Allora, che ti ha detto?»

«Nulla di che. Adesso prepariamoci per i dieci minuti prima dell'inizio.»

L'arbitro fischia e ci posizioniamo lungo la fascia laterale del campo in posto quattro. Robin si sposta nella lunetta per i palleggiatori e prendo la palla per andare ad attaccare. Aspetto che passi una mia compagna e schiaccio. La palla esce sorda dalla mia mano e il colpo sulla zona uno risulta poco efficace. Mi sposto per rimettermi in fila. La seconda schiacciata è anche peggio. A quel punto mi defilo raccogliendo i palloni che ci arrivano dall'altra squadra. L'arbitro fischia i due minuti per le battute e poi la fine del riscaldamento. Le squadre tornano alla panchina per la formazione. Guardo la tribuna mentre L'allenatore da le istruzioni per la partita. Mia madre non c'è. Mi mordo il labbro. Max, nonostante il mio continuo scuotere la testa, mi mette in campo. Robin cerca di convincermi che andrà tutto bene ma non ci credo per niente. Vado a prendere la borraccia e bevo mentre ascolto il secondo allenatore fare il solito discorso di incoraggiamento. All'improvviso sento le mie compagne bisbigliare. Le loro mani e i loro occhi puntano qualcuno sugli spalti. Mi giro verso la tribuna. La porta è aperta. Noto mio zio entrare a piccoli passi con a braccetto mia madre. Si siedono sui gradoni, lontani dagli altri genitori che probabilmente conoscono a malapena, e faccio per salutarli. Dominic mi rivolge un'occhiata confortante ma mia madre sembra non vedermi. Le sue pupille oscillano nel visualizzare qualcosa nel vuoto. Sospiro cercando di attirare la sua attenzione. Niente. Mi metto le mani tra i capelli. È colpa mia se sta così. Il fischietto dell'arbitro mi richiama e ritorno dalle mie compagne. Mi sistemo sulla linea del campo e mi preparo per il saluto. Faccio un respiro profondo mentre Robin mi posa la mano sulla spalla. L'arbitro fischia e dopo aver salutato pubblico e avversarie, ci posizioniamo in campo. Sono in posto quattro e l'arbitro è proprio vicino a me. È un federale e ha un'aria arrogante. So come funziona in questi casi: o gli piaci oppure ti fischia per tutta la durata del gioco. Scosto i capelli per fargli vedere il numero sul retro della divisa. Lui dopo aver controllato entrambe le formazioni, sale sul seggiolone e la partita comincia.

La Squadra Del 2000Where stories live. Discover now