Capitolo 5

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20 maggio 2000. Quella data è cerchiata di blu sul calendario di casa mia. Non essendoci una festa in particolare non ho mai pensato avesse qualche importanza. Guardo il calendario attaccato al muro dell'ufficio della Pres. Anche lì il giorno venti è segnato col blu.

«Perché?» Domando. «Perché anche tu l'hai segnato? Non c'è una festa o un compleanno. Quel giorno non ha alcuna importanza.»

«Ne ha, più di quanto credi.» La Pres continua ad alternare lo sguardo tra me e il vuoto. Le sue pupille oscillano.

«Quel giorno dell'anno 2000, si disputò la finale tra la squadra del coach Brovies e le favorite della provincia.» Continuò. «Tutta la comunità di giovani aspiranti giocatrici andò a quella partita perché per la prima volta una squadra di periferia era in gioco per il titolo. Io vi presi parte dal momento che mia nipote era nella squadra avversaria. Ero presente come tifosa ma sinceramente, ero soprattutto curiosa. Essendo nata e cresciuta in piccole società, vederne una della zona provare a vincere dopo tutte le disgrazie che aveva dovuto sopportare, era un'emozione. Molti dei miei colleghi l'hanno definito un evento fortunato che nessuno avrebbe mai considerato possibile ad inizio stagione. Per me non era stata la fortuna a dargli quell'opportunità ma la passione che Brovies e le sue giocatrici ci avevano messo durante tutto il corso del campionato.»

«Qual è il ruolo di mia madre in questa faccenda?»

La fermo non sapendo se sarei riuscita a sopportare l'ennesima ondata di ricordi strappalacrime di qualcuno che il passato, ancora non se l'è lasciato alle spalle.

«Rossella ti prego, passa al punto.»

La Pres acconsente e si sporge sulla sua scrivania. Allunga la mano in uno dei cassetti e tira fuori una foto. Resta un momento ad osservarla in silenzio. Mi alzo cercando di sbirciare ma lei me la mostra. Raffigura sua nipote Lucrezia e una ragazza dalla divisa simile alla mia di quest'anno. Ha un fiore sul retro sopra il numero e una fascia blu legata alla manica. La osservo sfiorando la ragazza che la indossa. Ha i capelli dorati con qualche accenno castano sulla ricrescita e gli occhi verde brillante. Sfoggia un sorriso schivo ma allo stesso tempo dolce, sincero e familiare come non l'ho mai visto sul volto di mia madre.

«La tua mamma,» continua la Pres. «Era un'amica di mia nipote. Si sono conosciute nel corso della stagione durante la prima fase a gironi. Hanno stretto un'amicizia profonda seppur per la squadra di mia nipote, non fosse ben vista. Prima dell'ultima partita che le vedeva entrambe in finale, hanno voluto che scattassi questa foto. Ricordo che si sono strette abbracciate pregandomi di sbrigarmi perché doveva cominciare il prepartita.»

«Per quale motivo è strappata?» Domando sfiorando il bordo sfilettato.

Rossella abbassa il capo e prende il frammento mancante dal cassetto. Lo accosta e i bordi si ricongiungono. Accanto a mia madre compare un'altra ragazza identica a lei. Le cinge le spalle e tiene un pallone Molten sotto l'altro braccio. Sospiro indicandola:

«La sua gemella. È mia zia Ginevra, vero?»

«Sì. Lei e tua madre giocavano nella stessa squadra.»

Cerco di restare lucida ma non è facile. Mi sento confusa, mille pensieri mi tormentano. Non ne sapevo nulla, non avevo idea di niente di tutto questo. Prendo la foto e la guardo meglio. Mia madre è minuta, con la coda alta e gli orecchini ad anello. Ginevra tiene i capelli legati in uno chignon con un codino blu brillante a tener assieme l'acconciatura. Sono particolari minimi e superficiali. A parte questo, sono identiche.

«Non l'ho mai conosciuta.» mormoro restituendo la fotografia alla Pres. «Mia madre e Dominic non ne parlano mai.»

«Era una ragazza stupenda. Aveva quel sorriso capace di coinvolgere persino la persona più solitaria al mondo. Era un vero miracolo.»

«Che si è spento troppo presto, ho ragione?»

Rossella non risponde. Si alza e fissa il giardino della scuola al di fuori della porta finestra. La notte è oscura e silenziosa. La luna non riesce a risplendere tra le nuvole. Cerco di districarne la sagoma ma ella resta nascosta. Non vuole esser rimirata, avere tutto il mondo incollato ad osservarla. Per quanto mi riguarda, è lo stesso. Percepisco gli occhi tutti puntati su di me ed è come se non volessero concentrarsi altrove.

«Mia zia Ginevra è morta quel giorno?»

La Pres si volta. i suoi occhi stentano a trattenere le lacrime.

«Quand'è successo? Durante la partita? Prima, dopo?»

«Alla fine. Poco dopo che l'arbitro ha fischiato il termine del quinto set.»

La Pres si asciuga le guance tornando a sedersi.

«Ero presente. Quando tutti stavano festeggiando lei si appoggiò al palo della rete tenendosi il petto. La notai perché non stava accanto a sua sorella. All'epoca pensai che si stesse riprendendo dopo aver esultato troppo finché la vidi cadere e mi prese il panico. Vidi la scena a rallentatore e ogni singolo frammento mi perseguita. Avrei dovuto gridare, raggiungerla. Ma la voce non mi uscì e il mio corpo non si mosse. Gli altri intorno continuarono a festeggiare. Nessuno se ne accorse finché si sentì un urlo. Tua madre corse da Ginevra assieme ai genitori e a Dominic. Vennero chiamati i soccorsi ma furono vani i tentativi di farla riprendere. Brovies, nonostante il parere dei paramedici, insisté per ben dieci minuti nel tentativo di rianimarla. Mi misi lì, in cerchio, per tenere Lucrezia e Riley distanti per far lavorare i soccorritori. Avevamo tutti la medesima espressione. Panico. Nessuno si rendeva conto di cosa stesse accadendo. Dopo dieci minuti, Brovies smise la rianimazione. I paramedici lo fecero allontanare e tutti lo accerchiammo nella speranza che dicesse qualcosa. Lui invece scosse la testa e rimanemmo in silenzio. Brovies scoppiò a piangere sorretto dal vice Christopher mentre le ragazze e i tifosi venivano fatti allontanare. Quelle grida, quel rimbombo nelle orecchie. Fu agghiacciante e rabbrividisco al pensiero.»

«Dopo cos'è successo?»

«Ci fu il funerale. Ginevra fu seppellita vicino a casa sua ma dopo la cerimonia, nessuno della squadra o dei loro genitori si è più visto. Sono spariti lasciando soltanto il ricordo di una tragica esperienza che aveva diviso non solo loro, ma tutta la pallavolo. Il coach ha ripreso la sua attività da qualche anno. Tua madre non ha più voluto avere contatti con nessuno compresa mia nipote ed è fuggita. Degli altri non so nulla. Anni dopo, quando ho visto che ti sei iscritta nella mia società, si è riaccesa una speranza. Ho provato a chiamare Riley e fu l'unico momento in cui ho potuto risentire la sua voce. Poi è sempre venuto tuo zio, lei è sparita di nuovo.»

La Pres si lascia scappare una lacrima e faccio per andare a porgerle un fazzoletto. D'un tratto la porta si apre e Robin compare nell'ufficio. Guardo l'orologio appeso al muro. Sono passate due ore. L'allenamento di questa sera è già finito. La Pres vedendomi agitata, mi rivolge un'occhiata di conforto.

«Tranquilla, con Max parlerò io. Capirà.»

La Squadra Del 2000Where stories live. Discover now