Capitolo 17

110 76 1
                                    

Luke, il fratello maggiore di Robin, ci accompagna nel piccolo comune in periferia dove il coach ci ha suggerito di andare. Scendiamo dall'auto ritrovandoci in un vialetto privato con una serie di villette a schiera color mattone. La casa è la penultima del gruppo e appartiene al secondo allenatore che al tempo affiancava Brovies nella conduzione della squadra del 2000: Christopher Fossati. Faccio per suonare il campanello ma il cancelletto è aperto ed io e Robin entriamo. Il profumo del glicine aggrappato all'entrata, mi fa starnutire. Devo essere allergica al polline altrimenti non mi spiego perché ogni volta prima dell'estate, ho queste reazioni. Inspiro prima di bussare alla villetta. La porta si apre e compare un uomo giovane, ordinato e dalla barba bruna. Indossa degli abiti scuri e delle curiose pantofole a forma di gatto.

«Buongiorno,» saluto. «Mi chiamo Alexandra Voelking e lei è Robin Taiberg. Stiamo cercando Christopher Fossati. Il coach Andrea Brovies ci ha detto che potevamo trovarlo qui.»

«Sono io. Aspetta, hai detto Voelking?»

«Sì. Sono la figlia di Riley.»

Christopher sorride e ci fa cenno di entrare.

«Aspettavo il tuo arrivo. Prego, venite.»

Entriamo e la porta si chiude alle nostre spalle. Christopher ci prega di accomodarci mentre sposta dei vestiti dalla poltroncina sulla destra. Il soggiorno è spazioso e illuminato. Alla mia sinistra noto delle ripide scale condurre ai piani superiori mentre davanti a noi c'è un camino spento. Nonostante i colori vivaci, mi appare una stanza triste anche se non riesco a spiegarne il motivo. Christopher ci osserva ma io non faccio che guardare le foto poste sopra il camino. Sono ritratti di famiglia, un po' come quelli che mia madre tiene appesi un po' ovunque per casa. Nonostante la malinconia che si percepì, i quadretti sembrano possedere una loro personale felicità.

«Scusate il disordine, non ho fatto in tempo a sistemare.»

Christopher sospira vedendo che ci guardiamo intorno. La sua voce è dolce proprio come quella di mia madre quand'è di buon umore.

«Non importa, stia tranquillo.»

Christopher si siede sulla poltrona e incrocia le gambe. Mi studia dal momento in cui ho messo piede in casa sua. Devo ricordargli mia madre, anche se non immaginavo di assomigliarle tanto. Faccio per sedermi ma l'occhio si ferma su una foto girata contro il muro. Vado a prenderla. Raffigura un giovane Christopher assieme a mia zia.

«Sì, è Ginevra.» mormora Christopher giungendo alle mie spalle. «Era bellissima.»

«Stavate assieme?»

«Sì. Avevamo alcuni anni di differenza ma a lei non è mai importato e neanche alla squadra. Ci hanno sostenuto sin dal momento in cui glielo abbiamo detto.»

«Mia madre mi ha detto che eravate molto uniti, una famiglia in pratica.»

«Non avrei saputo dirlo meglio.»

«Io gliela la ricordo? Mia zia, intendo.»

«Un po', per questo ti guardavo prima. Non volevo sembrare indiscreto.»

«È tutto ok, lo capisco. Non è certo il primo a farmelo notare e non sarà l'ultimo.»

Christopher riappoggia la foto sul mobile, stavolta non rivolgendola contro il muro, e si risiede sulla poltrona. Io raggiungo Robin e mi accomodo sul divanetto.

«Sono a vostra completa disposizione,» dice Christopher riaccavallando le gambe. «Ditemi pure ragazze.»

Robin mi picchietta sulla spalla e prendo la lista.

«Stiamo rintracciando le persone che appartengono o sono legate alla squadra che nel 2000 ha vinto il campionato provinciale di pallavolo. Lei come vede, è il secondo nome dopo Coach Brovies e proprio quest'ultimo ci ha consigliato di rivolgerci a lei per ulteriori domande.»

«Posso vedere?»

Gli passo la lista e Christopher la guarda con lo stesso sguardo nostalgico di Brovies. Gli concediamo un minuto e Robin si avvicina sussurrando al mio orecchio.

«Qual è il tuo piano?» dice. Io alzo le spalle.

«È semplice: fare in modo che le cose si sistemino.»

«Ottimo, ma in pratica in cosa consiste questo: «Fare in modo che le cose si sistemino"?»

«Nulla di che, tranquilla.»

Christopher rialza lo sguardo dal foglio e Robin molla la presa.

«Linee precise, stile elfico. L'ha scritta Riley, vero?»

Acconsento e lui lascia scivolare alcune lacrime dalla sua guancia.

«Sono passati sedici anni; eppure, sembra esser stato ieri il giorno in cui abbiamo perso Ginevra. Mi manca lei, tua madre, le ragazze, il coach. Mi mancano tutti moltissimo.»

Christopher comincia a singhiozzare e mi avvicino prendendogli la mano. La sua pelle è calda e al contatto con la mia perennemente fredda, ho un brivido.

«Ci dispiace farle rivivere questi momenti. So che non è facile ma abbiamo davvero bisogno del suo aiuto.»

Faccio un cenno a Robin e indico la lista.

«È un'idea ancora abbozzata ma ho intenzione di riportare mia madre sul campo da gioco il giorno della nostra finale. Non come giocatrice, so che quando si mette una pietra sopra a questo sport, difficilmente ci si riavvicina ad esso. Voglio portarla lì come spettatore e l'intenzione è convincerla a venire alla partita. Vorrei ci fosse e che a sostenerla, trovasse tutte le persone che sono state importanti nella sua vita. Lei, il coach, Lucrezia, ovvero la squadra al completo.»

«Vuoi far ritrovare la squadra del 2000?»

Christopher e Robin mi fissano sorpresi ma io non esito a rispondere:

«Sì, ho intenzione di riunire quelle persone per aiutare mia madre a superare la sua paura di entrare in una palestra e di assistere ad una partita. Lei mi aiuterà?»

Christopher riprende la lista e fa cenno di sì col capo.

«Dopo tutti questi anni. Non mi sembra vero.»

Robin mi dà una pacca sulla spalla. Ero sicura che ne sarebbe stata entusiasta.

«Abbiamo solo una settimana di tempo per provarci.» mormoro e Christopher torna a guardarmi. «Il coach aveva i contatti di alcune persone della lista e ha segnato tutto sul mio quaderno. Temo però che non sia abbastanza e ha detto che per le altre persone potevamo rivolgerci a lei.»

«Fammi vedere.»

Christopher prende i fogli trascritti da Brovies e si mette ad analizzarli. Nel momento in cui rialza il capo, sento la porta spalancarsi. Un ragazzo entra e il fiato mi resta in gola.

La Squadra Del 2000Where stories live. Discover now