Capitolo 23

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Nathan ci viene a prendere a casa di Robin alle 7.30 in punto. Ci apre la portiera e saliamo prima che la madre della mia amica si accorga che non andiamo a scuola.

«Destinazione?» Domanda Nathan preparandosi ad impostare il navigatore. Io lo precedo e la scrivo al posto suo. Lui mi osserva divertito.

«Scusami, ma era troppo lunga da dettare.»

«Non c'è problema.»

Robin, seduta dietro si sporge davanti appoggiandosi ad entrambi.

«Tra voi due c'è qualcosa?»

Mi mordo il labbro per l'imbarazzo e Nathan scoppia a ridere. Possibile che solo io non lo trovi divertente? Nathan si allaccia la cintura e partiamo prima che la mia faccia diventi del tutto paonazza. Guardo la cartina sullo schermo del navigatore. La strada è lunga, perciò, occorre mettere un bel po' di musica. Lasciamo la nostra cittadella e ci immettiamo in un groviglio di strade che ci portano fuori dalla regione. La destinazione, se male non ho interpretato le istruzioni di Lucrezia, è un parco faunistico in provincia di Novara. Per tale motivo, mi sono equipaggiata come si deve: pantaloni lunghi, cappello, occhiali da sole e zaino con borraccia, panini, penna e quadernetto. Non essendoci Lucrezia voglio esser sicura che non ci manchi nulla. La strada in continua salita e discesa, ci porta nei pressi di una boscaglia. Nathan e Robin mi fissano con la medesima espressione. Spero di non aver sbagliato ad impostare il navigatore. Scendiamo dall'auto e Nathan nota un portone in legno nascosto da due grossi alberi. Controllo. Intorno non c'è alcun avviso pubblicitario e nemmeno un cartello stradale.

«Ci siamo persi o sbaglio?» Chiede Robin infilandosi gli occhiali da sole. «Abbiamo sbagliato a seguire il navigatore?»

«In teoria, no.»

Nathan prende il telefono e dà un'occhiata. Mi avvicino e gli indico la nostra posizione sulla mappa.

«È l'indirizzo che mi ha lasciato Lucrezia.» mormoro. «Il posto è giusto.»

Ci guardiamo nuovamente intorno. Non si odono versi di animali o grida di bambini. Ridò uno sguardo alla mappa.

«Qui non c'è nulla.» Sbotta Nathan sedendosi sul sedile con la portiera aperta. «Tanto vale tornare indietro.»

«No, non se ne parla. Al massimo, prima chiamiamo Lucrezia per confermare l'indirizzo.»

Prima che possa insistere, il portone di legno scricchiola. Ci spostiamo e un uomo si sporge da esso.

«Siete Nathan Fossati, Alexandra Voelking e Robin Taiberg?»

Annuiamo.

«Venite con me.»

L'uomo ci fa cenno e lo seguiamo. Oltrepassiamo il portone e dinanzi a noi si apre uno spettacolo meraviglioso. La natura porta in alto un'insegna colorata e sia a destra che a sinistra ci sono gigantesche voliere ricche di pappagalli variopinti.

«Sono Gabriel de Luca.» Ci informa l'uomo continuando a condurci sul sentiero sterrato. «Sono il marito di Kayla. So che cercate lei e Iris Ifeachor e che è stata Lucrezia a mandarvi qui.»

«Sì, esattamente. Lucrezia non è potuta venire ma ci ha chiesto di salutarvi.»

L'uomo sorride senza aggiungere altro e continua a camminare. Ogni tanto si volta e noto la sua espressione. Sembra sollevata ma allo stesso tempo trattenuta, come avesse paura di dire troppo. Oltrepassiamo un cancello riservato sotto gli sguardi dei visitatori. La zona in cui ci ritroviamo, a differenza di come l'ho sempre immaginata, è ricca di piante esotiche e gabbie. Ci sono anche degli altri reparti sulla destra, in cui è vietato l'accesso ai non autorizzati. Arriviamo in una piccola piazzetta dietro ad un edificio in legno e una donna con lo stesso berretto di Gabriel, ci viene incontro.

«Ciao ragazzi.» dice porgendoci la mano. «È un piacere conoscervi. Io sono Kayla.»

Le stringo la mano per prima. Con la coda dell'occhio controllo i movimenti di un pavone comparso da una staccionata. Lo vedo che si avvicina con aria saccente intento a mostrare il suo piumaggio sgargiante. Vai da chiunque pennuto tranne che da me!

«Tranquilla, è il nostro pavone domestico.» Mi rassicura Kayla. «È assolutamente innocuo.»

Notando che anche Robin e Nathan sono tesi, si preoccupa di farlo allontanare. Gabriel ci scorta all'interno dell'edificio e lei ci raggiunge poco dopo. Il pavimento scricchiola come fosse vecchio di millenni. Cerco di tenere il passo più leggero ma le travi, fanno ugualmente rumore.

«Allora,» prosegue Kayla, facendoci sedere in quello che potrebbe apparire come un piccolo angolo bar.

«Lucrezia ha già provveduto a darmi un'infarinatura generale su quanto siete qui a chiedere. Innanzitutto vorrei cominciare dal dirvi che sono contenta di quello che state facendo, dico sul serio.»

«Lo stesso vale per me.»

Una ragazza con un camice veterinario irrompe nel bar. Il colore scuro della sua pelle fa risaltare gli occhi dalla scintilla chiara e i capelli neri sono intrecciati in piccole trecce africane.

«Sono Iris ma immagino lo sappiate già.» farfuglia impegnata a sfilarsi il camice.

Trattengo il respiro. Nathan e Robin mi fissano aspettando che racconti loro la medesima storia che racconto da giorni. Io però ho un'altra idea. Tirò fuori gli inviti e li metto sul tavolo. Le due ragazze si avvicinano e ne prendono uno ciascuna.

«Volete che veniamo ad una partita?» Chiede Iris incuriosita. «È da tanto che non vado a vederne una.»

«Col vostro aiuto speriamo di poter riunire la vostra squadra.» Le spiego. «Suppongo serva anche a dare un addio significativo e definitivo a mia zia Ginevra.»

«Siamo onorate davvero, ma non so con gli impegni che abbiamo se riusciremo a venire.» sospira Kayla ridandomi il biglietto. «Qui c'è molto lavoro da fare e siamo in pochi.»

«Tranquilla, tesoro.» La ferma Gabriel sedendosi accanto alla moglie. «Qui posso pensarci io. Al massimo chiamo mio cugino se mi serve una mano.»

«Sei sicuro?»

«È solo per una serata, saprò cavarmela.»

«Ti amo.»

Kayla lo bacia con tenerezza mentre Iris distogliendo lo sguardo, viene verso di noi entusiasta.

«Perfetto!" Esclama. «Sembra proprio che ci saremo.»

La Squadra Del 2000Where stories live. Discover now