28 Emily

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Mi sveglio di colpo. Non c'è la faccio più a stare distesa sul divano, mi fanno malissimo la schiena e il sedere, e poi ho un gran bisogno di andare urgentemente in bagno. Neanche il tempo di mettere il piede sano a terra, che una voce inizia a urlare alle mie spalle. «CHE CAVOLO HAI INTENZIONE DI FARE?»

Sobbalzo dallo spavento. Appoggio la mano sul petto per controllare se il mio cuore è ancora lì, fortunatamente sì tranne il fatto che batte fortissimo. «Ma sei impazzito? Perché urli?» domando.

Daniel viene a sedersi accanto a me, ma prima appoggia il vassoio con tre bicchieri di limonata sul tavolino. «Stellina, pensavo volessi provare a camminare per vedere se ti fa ancora male il piede», risponde guardandomi negli occhi.

«Pensavi male», dico. «Non ci pensavo minimamente di provare a camminare, volevo solo andare in bagno ovviamente zoppicando sul piede buono».

Mi fissa e per un attimo si acciglia. «Okay».

Mi aiuta ad alzarmi tenendomi per mano mentre mi aiuta ad arrivare al bagno degli ospiti accanto al salotto. Per fortuna mi lascia un po' di privacy.

Guardo la gamba destra e per mia delusione sembra che si sia gonfiata ulteriormente. Mi sto seriamente preoccupando, e non voglio che mio padre abbia ragione sul fatto che si sia rotta.

Per tornare in salotto Daniel si china, sollevandomi delicatamente da terra. Gli metto le braccia intorno al collo. Delicatamente mi rimette sul divano. «Ecco, questo è per te», dice appoggiandomi un'altra busta di ghiaccio sul piede.

«Ahi, fa male».

«Scusami tanto, stellina».

«Resisto al dolore, non ti preoccupare. Ho una domanda per te: dov'è Ryan?» domando guardandomi intorno per la stanza.

«Sono qui sorellina», risponde lui entrando nel salotto, seguito da Sky Blue, per poi appoggiare accanto alle limonate due buste. «Mentre tu dormivi, sono andato a comprare qualcosa da mangiare e per portare fuori questo bellissimo cucciolo. Anche per mamma e papà che stanno per tornare tra pochissimi minuti».

Neanche il tempo di aiutare i miei fratelli a tirare fuori tutto quello che c'era nelle buste per poi disporli sul tavolino, che i nostri genitori entrano in casa.

Mamma mette giù la borsa per poi venire subito a sedersi vicino a me e per abbracciarmi. «Come sta la mia piccola bambina? Ti fa ancora male la gamba? Hai avuto bisogno di alzarti?» domanda staccandosi e prendendomi il viso tra le mani.

Metto le mie mani sopra le sue sperando che in qualche modo la tranquillizzi. «Mamma, va piano con le domanda», dico. «Sto bene, tranne che a ogni minimo movimento mi fa male la caviglia. Ma è un dolore sopportabile. Mi sono dovuta alzare soltanto per andare in bagno».

«Spero per te che tu non abbia appoggiato il piede a terra, giusto oppure mi sbaglio?» domanda papà guardandomi dritto negli occhi.

«Stai tranquillo papà, ho aiutato io la mia stellina ad arrivare in bagno», risponde Daniel al mio posto.

Detto questo ci mettiamo tutti a mangiare.

«Bambina mia, ti devo dire una cosa», mormora papà con la bocca piena. Gli faccio cenno di continuare. «Dovremmo andare in ospedale, se entro domani mattina la caviglia ti fa ancora male e non si sgonfia».

Scuoto la testa.

«Come no?»

Ricordi bruttissimi si stanno insinuando nella mia mente e comincia mancarmi il respiro. «Non ci vado in ospedale».

Ryan fulmina nostro padre con lo sguardo, poi viene ad inginocchiarsi davanti a me. «Sorellina, ascolta attentamente le mie parole», dice prendendomi il fiso tra le sue mani. «Andiamo in ospedale soltanto se sarà necessario, e ti assicuro che non avrai a che fare con aghi o cose appuntite».




Alle 02:00 A.M.

«Ryan, fai piano. Mi fa malissimo», urlo per poi tirargli un cuscino addosso.

«Scusami sorellina», risponde riappoggiandomi delicatamente il piede destra fasciato da un asciugamano con il ghiaccio dentro. «Penso che dovremmo andarci in ospedale, si sta gonfiando sempre di più».

«Anche se l'idea non mi piace, lo penso anche io che ci dovremmo andare».

«Bene, vado a svegliare papà. Qualcuno ci deve pur accompagnare», dice andando verso le scale. «Tu intanto prova a svegliare Daniel».

Daniel è appoggiato contro il divano, la testa all'indietro sul bordo, la bocca leggermente aperta e le braccia conserte. Mi giro su un fianco per poi appoggiargli una mano tra i capelli. «Fratellone, vuoi venire all'ospedale con noi oppure preferisci restare a casa a dormire».

Apre leggermente gli occhi. «Vengo con voi, ma lasciamo altri cinque minuti per potermi svegliare».

«Okay».

«Muoviti!» sento urlare la mamma dal piano di sopra.

Ryan torna da noi. «Piccola mia, ho ricevuto ordini precisi da nostra madre di aiutarti a salire le scale perché ti devi cambiare i vestiti. Non puoi andare con quei stracci dai dottori».

«Ma la mamma non ha pensato a un dettaglio», dico. «Io non riesco a salire tutte quelle scale saltellando su un piede solo, e poi non voglio che mi porti tu perché sono sicura che il giorno dopo avresti un dolore fortissimo alla schiena».

«Non è vero che sei pesante, sei leggerissima e comunque non ho ascoltato mamma e ho preso io il cambio per te», risponde. «Poi ti ricordi, quando abbiamo deciso di fare l'escursione fino alla scritta Hollywood? Avevamo all'incirca dodici anni, e tu a metà strada ti sei presa una brutta storta. Per il resto della strada ti ho portato in spalla, fino ai nostri genitori che ci stavano aspettando in cima».

«Mi ricordo benissimo quel giorno», ridacchio.

«Noi siamo Emily e Ryan, i gemelli Jackson. Ci aiutiamo a vicenda nel bene e nel male. Siamo la stessa anima divisa in due e andiamo in giro per il mondo con quattro gambe», recitiamo in coro.

«Wow, cos'è questa filastrocca, se si più chiamare così?» domanda Daniel girandosi verso di noi.

«È il giuramento che ci siamo fatti all'età di quattro anni e che poi abbiamo perfezionato nel corso degli anni», gli rispondo prendendo i vestiti che mi porge Ryan che mi guarda negli occhi e annuisce sorridendomi. Ha capito quello che sto per dire. «Ma penso che sia il caso di cambiarlo».

«In che senso?»

«Nel senso che adesso non siamo più soltanto noi due, bensì siamo in tre», dice Ryan.

Daniel sembra sul punto di scoppiare a piangere. «Grazie mille ragazzi».

Mamma entra in salotto seguita subito da papà. «Emily, perché non ti sei ancora vestita?»

«Scusami mamma».

«Tranquilla ti lasciamo vestire in pace», dice facendo segno ai miei fratelli di seguirla in cucina. «Un'ultima cosa. Cosa facciamo con Sky Blue?»

«Possiamo lasciarlo dai Raeken», propone papà.

«No, meglio se rimane qui a casa», dico. «Sicuramente tra qualche ora saremmo di ritorno, e poi non voglio disturbare i Raeken a quest'ora della mattina».

«Non saprei», mormora mamma.

«Mamma che ne dici se io vengo in moto e poi torno a casa tra qualche ora per vedere cosa combina il nostro piccolo cucciolo. In questo modo posso anche dargli da mangiare», dice Ryan.

«Hai ragione tu», risponde lei e subito miofratello si illumina. «Adesso non montarti la testa, perché non è sempre così».    

Let Me Love You 2//Theo RaekenWhere stories live. Discover now