29 Emily

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Il miglior modo di iniziare la mattinata è quando il medico che ti ha appena fatto la radiografia alla caviglia, corre fuori dalla sala per chiamare un'infermiera per portare una sedia a rotelle. Poi ritorna dicendomi che mi sono rotta la caviglia, più precisamente il malleolo peroneale.

Non vi racconto dell'umiliazione che ho provato nell'attraversare l'intero pronto soccorso sulla sedia a rotelle. Ovviamente tutto il personale dell'ospedale conosce i miei genitori, quindi l'umiliazione era al massimo del suo livello.

Adesso, io e Daniel siamo seduti in sala d'attesa aspettando i nostri genitori. Sento anche gli occhi di tutte le altre persone puntate su di noi.

«Stellina, perché piangi?» mi domanda mio fratello Daniel mentre appoggia le sue mani sulle mie guance per asciugarmi le lacrime. «Non c'è motivo di piangere, non ti hanno fatto nessun prelievo e puntura. Adesso che l'ho detto ad alta voce, mi rendo conto che era meglio se stavo zitto».

Sento i muscoli della faccia mentre cercano di formare un sorriso. Comunque lo so benissimo che la frase precedente non ha nessun senso, però spero lo stesso che mi abbiate capita. «Stellina ecco come voglio vederti io, sorridente».

Ridacchio.

Mamma ritorna da noi con un mucchio di fogli tra le mani. «Vi rendete conto che questi sono tutti i documenti che hanno dovuto fare soltanto per farci fare la radiografia e per mettere il gesso», borbotta agitando il malloppo nella mano sinistra. «Mentre questi sono i fogli per farci dimettere dal pronto soccorso, il programma con le prossime visite e quando dovranno toglierti il gesso».

Una sola domanda mi frulla per la testa. «Quando mi tolgono sto coso? L'ho messo da meno di dieci minuti e già non ce la faccio più».

«Dato che oggi è il ventisei agosto, te lo tolgono il ventisei settembre. Tra esattamente trenta giorni».

Sbuffo rumorosamente. «E io dovrei andare con sto coso a scuola?»

«Bambina mia, sfortunatamente dovrai andarci, non ci posso fare niente», risponde mamma. «Tra pochissimo dovrebbe arrivare anche vostro padre».

Il telefono della mamma si mette a suona, e un altro sorriso mi compare sulla faccia perché la musica che ha impostato mamma è una delle mie preferite. «Scusatemi ma devo rispondere», dice alzandosi e uscendo dalla porta dell'atrio.

«Secondo te con chi starà parlando?», domanda Daniel facendo un cenno verso la porta da dove si vede benissimo la mamma.

«Non ne ho la più pallida idea», rispondo scuotendo la testa.

Negli ultimi cinque minuti abbiamo visto la mamma fare avanti e indietro davanti alla porta, e sulla faccia le sono comparse tutte le emozioni che esistono al mondo.

Ad un certo punto rientra facendoci cenno di venire verso di lei. Daniel mi appoggia tutti i documenti e la borsa sulle ginocchia, prima si spingere la sedia a rotelle verso la porta.

Esattamente in quel momento papà ci raggiunge e si ferma davanti a noi. «Sarebbe meglio sbrigarsi», dice porgendomi delle stampelle per poi aiutarmi.

«Perché?»

«Ho appena parlato con Ryan, e fuori dall'ospedale ci sono una decina di paparazzi pronti a tutto per avere una nostra foto», risponde papà. «Ho parcheggiato la macchina ai piedi della rampa».

Odio i paparazzi, ma allo stesso tempo li adoro. Ci seguono ovunque, pure al centro commerciale da quando i nostri genitori sono tornati insieme.

Let Me Love You 2//Theo RaekenWhere stories live. Discover now