Capitolo 2

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La sveglia suonò come tutte le mattine, mi stropicciai gli occhi e mi alzai dal letto.

Spettro mi venne subito incontro per darmi il buongiorno. – Ciao piccolo. – lo accarezzai e mi recai in cucina seguita da lui.

Mi scaldai il latte, e notai che nel lavandino c'era già la tazza sporca di Marta, quindi lei si era svegliata già da un pezzo. Il che era molto strano, visto che quasi tutte le mattine toccava a me svegliarla perché lei non sentiva mai la sveglia. Feci spallucce ed accantonai il pensiero, feci la mia colazione con calma e poi andai in bagno.

In tutto quel tempo non avevo ancora incrociato Marta, sembrava essersi chiusa in camera sua da anni. Mi tolsi il pigiama e l'intimo, buttandoli per terra in un angolo. Aprii l'acqua ed iniziai la mia adorata mezz'ora di doccia bollente. Lavai per bene i capelli e il corpo, mi piaceva farlo di prima mattina, così sarei andata all'università fresca e profumata.

Chiusi l'acqua e nel bagno tornò il silenzio. Infatti mi accorsi che Spettro stava abbaiando in modo strano, di solito non lo faceva mai. Aggrottai le sopracciglia confusa, mi legai l'asciugamano attorno al corpo e un altro in testa, per vedere cosa stesse succedendo.
Non feci in tempo nemmeno a fare un passo che la porta del bagno si aprì di colpo.

Saltai per lo spavento e urlai, perché non si trattava di Marta. – Ma che diavolo?! – riuscii solo a dire, guardando il ragazzo davanti a me con gli occhi spalancati. Lo squadrai per un attimo e lui fece lo stesso con me.
Aveva i capelli color pece, così neri e lucenti da sembrare surreali. La pelle era olivastra e gli occhi color verde smeraldo, contornati da folte e lunghe ciglia nere.
Era un po' più alto di me, e il maglioncino blu che indossava fasciava perfettamente il suo corpo scolpito.
Lo guardai negli occhi e notai che essi stessero percorrendo ogni centimetro della mia pelle, dalla testa ai piedi.
Mi strinsi ancora di più nell'asciugamano per evitare che vedesse qualcosa di troppo, e dopo quelli che mi sembrarono anni riuscii a parlare.

– Non ti hanno insegnato a bussare? – gli chiesi acida.
– Ehi, calma bambina. Non ti agitare. Non sapevo che ci fosse qualcuno in bagno. – disse con un sorriso beffardo. Si vedeva benissimo che stesse cercando di non scoppiare a ridermi in faccia.
"Bambina"? Ma chi si credeva di essere quello lì?
– Bene, ora te ne vai e mi lasci asciugare in pace o hai intenzione di rimanere lì impalato a fissarmi? – gli chiesi, sempre più scontrosa.
– Piacere di conoscerti, Emma Guerra. – disse sempre con quel sorriso. Mi fece l'occhiolino e uscì dal bagno chiudendo la porta dietro di sé. Feci un sospiro e mi appoggiai con le mani al lavandino. Mi guardai allo specchio e sbuffai. Quei giorni non sarebbero stati per niente facili.


- Dov'è quel tizio? – dissi furibonda a Marta entrando in cucina.
– Zitta che ti sente! È in camera degli ospiti... ma che hai? – mi chiese vedendo la mia faccia nera dalla rabbia.
– Non mi piace per niente! È scontroso e crede di essere Dio sceso in terra. E perché non mi hai detto che sarebbe arrivato alle sette del mattino? Ha aperto la porta del mio bagno mentre avevo solo un asciugamano addosso. – dissi puntandole il dito contro.
– Perché mi ha avvertito all'ultimo momento. Comunque non preoccuparti per il bagno, gli ho detto che deve usare il mio. – alzò gli occhi al cielo.
– Ciao bellezze. – disse Marco entrando in cucina con un sorriso smagliante. Non appena lo vide, Spettro ricominciò ad abbaiare. Almeno non piaceva nemmeno a lui. Io risi sotto i baffi soddisfatta.
– Ma che ha questo cane? – chiese lui guardandolo male.
– Spettro, basta così. – dissi, e il cucciolo fece silenzio.
– Spettro? Che diavolo di nome è? – disse guardandomi come se fossi pazza. Io mi misi a braccia conserte e lo fulminai con lo sguardo, senza rispondergli.
– Aspetta... non dirmi che l'hai chiamato come il metalupo di Jon Snow? – disse soffocando una risatina. Io annuii accarezzando il mio cane con fare protettivo. Quel verme non avrebbe mai dovuto toccare il mio Spettro.
– Beh, allora forse mi potrebbe diventare simpatico, se smettesse di abbaiarmi contro però. – disse credendo di essere simpatico.
– Certo... io vado, vieni con me? – chiesi a Marta.
– No, resto qui con Marco. – mi rispose lei.
– Non vieni all'università? – le chiesi stranita. Marta non aveva mai saltato un giorno in vita sua.
– Non cadrà mica il mondo. – fece spallucce. Mi avviai verso il portone di casa e la presi per un braccio.
– Senti, non mi interessa se gli piace il Trono di Spade, quello non mi convince per niente. – le sussurrai.
– Te l'ho detto, non la devi prendere sul personale... lui ci gioca con le donne. – disse come se fosse normale il comportamento di quel pallone gonfiato.
– Bene, allora io giocherò con lui. – le dissi prima di sbattere la porta dietro di me e andare via.


Arrivai davanti all'aula dove si teneva la lezione di quella mattina, ma un gruppo di ragazze era ammucchiato sulla porta.
– Ragazze, che succede? – chiesi, richiamando la loro attenzione.
Erano tutte chinate sui loro telefoni.
– Emma! Non hai saputo? Non hai visto la storia su Instagram di Marco Riva? – disse una di loro, elettrizzata.
– Marco Riva? – ripetei paralizzata.
Non sapevo il cognome del ragazzo che aveva aperto la porta del mio bagno, ma qualcosa mi diceva che si trattasse proprio di lui.
– Sì! Guarda! – mi fece vedere sul suo telefono la foto di Marco. Era proprio lui, in tutta la sua sfacciataggine.
– Ha detto che oggi è venuto a Roma perché si è trasferito qui! – disse un'altra, saltellando come una bambina.
– Non capisco... è un tipo famoso? – chiesi confusa.
– Certo! Sul serio non lo conosci?! – mi chiese schioccata.
– È un ricco imprenditore. Ha solo venticinque anni ma lavora già nell'azienda di famiglia. Sui social è uno dei più seguiti perché fa anche il modello. – mi spiegò un'altra ragazza.
Io spalancai gli occhi dalla sorpresa. Mi era appena piombato in casa un modello ricco e figlio di papà, ma nonostante questo non ero entusiasta. Forse perché era un perfetto stronzo.
– Piazza di Spagna... - mormorai, capendo finalmente perché si poteva permettere una casa del genere.
– Lo conosci per caso? – mi chiese lei.
– No. – trasalii.
– Non lo conosco e non voglio conoscerlo. – incrociai le braccia al petto, mi feci largo tra quelle ragazze e presi posto nell'aula.


Tornai a casa poco prima dell'ora di pranzo.
– Ehi. – mi salutò Marta che stava cucinando una delle sue prelibatezze che faceva di rado, e che non era per niente salutare. Mi affacciai in salotto e vidi Marco spaparanzato sul divano come se stesse a casa sua, mentre faceva le coccole a Spettro.
– Perché quello lì è sul nostro divano che accarezza il mio cane mentre tu sei qui a cucinare cose buone per lui? – le chiesi infastidita.
– Em, smettila di chiamarlo "quello lì". – ridacchiò lei.
– Va bene. Si chiama Marco Riva, ha venticinque anni e lavora nell'azienda di famiglia, come hobby fa il modello e per puro caso è diventato un influencer su Instagram. – mi lavai le mani per aiutare la mia amica.
– Oh, vedo che ti sei informata. – disse lei compiaciuta.
– Involontariamente. Le ragazze all'università non fanno altro che parlare del suo trasferimento a Roma come se fosse un dono dal cielo. – scossi la testa, ancora scioccata. Perché tutte quelle ragazze intelligenti e in gamba dovevano sbavare per quello lì? Forse perché non sapevano come fosse in realtà?
– Emma... lo so che non è una persona facile, è che può essere snervante a volte, ma sarà qui solo per qualche giorno. Cerca di sopportarlo, fallo per me. – Marta usò i suoi occhi dolci per convincermi, ma non potevo prometterle nulla.
– Allora? Che si mangia? – disse Marco spuntando dal nulla affiancato dal mio cane. Io mi scambiai uno sguardo con la mia amica, che ridacchiò.

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Allora, che ve ne pare? Avete già capito che tipino è Marco? Oppure secondo voi è molto più di ciò che sembra? Emma riuscirà ad accettarlo? Votate se la storia vi sta piacendo!

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Odi et amoWhere stories live. Discover now