Capitolo 8

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- Stai scherzando vero?! – esclamò Marta con gli occhi fuori dalle orbite. Le avevo appena raccontato di Andrea mentre eravamo in metro per andare all'università.

– No. – ridacchiai.
Non avrebbe creduto nessuno a tutte le coincidenze e le cose in comune che avevamo io e quel ragazzo, ma era la verità.
– Ma sei sicura che non sia un impostore o qualcosa del genere? – mi chiese, non sapendo bene cosa pensare di questa storia. Conoscevo quel tono, era semplicemente preoccupata per me.

– Non credo che abbia finto di essere un medico. – dissi.
– È un chirurgo, Em. Sembra un sogno. Anzi, sembra Grey's Anatomy. – disse gesticolando. – E sembra troppo bello per essere vero. – dissi quello che lei non aveva il coraggio di dirmi.
– È che non lo conosci, chi ci dice che non sia qualcun altro. Qualcuno con delle strane intenzioni, magari. – disse, seriamente preoccupata.
Marta non aveva mai creduto al principe azzurro e al "vissero per sempre felici e contenti", ed io nemmeno, ma avevo una bella sensazione su Andrea.

– Va bene, allora lo scopriremo. Mi ha dato il suo numero, posso chiamarlo per prendere un caffè quando voglio. – feci spallucce.
– E non vorrai mica andarci tutta da sola? E se ti violenta? – disse spaventata.
– Ehi, ma ti sei scordata che ha la faccia di un angelo? Certo che ci vado da sola, e ti proibisco di pedinarmi. – le puntai il dico contro. Lei sbuffò, arrendendosi. Ma per convincerla le feci vedere una foto di Andrea sui social.
– Oh, beh... è un angelo. – disse annuendo, con la bava alla bocca. Io le diedi un colpetto giocando, e scendemmo dalla metro.


Stavo uscendo dall'aula, e non vedevo l'ora di tornare a casa. Mi misi davanti al padiglione di farmacia, ad aspettare Marta. In quel momento mi si avvicinò un gruppo di ragazze, forse del primo anno.

– Ciao. – disse una, timidamente.
– Ciao. – risposi per educazione, ma non riuscii a nascondere la mia confusione. Mi conoscevano?
– Sei Emma Guerra, giusto? – mi chiese.
– Sì. Come posso aiutarvi? – chiesi con la fronte corrucciata.
– Emmh... ecco noi... - cercò di dire, ma era così imbarazzata che non riusciva a mettere due parole in fila.
– Volevamo chiederti se ci potevi portare a casa tua. – disse un'altra, schietta e senza peli sulla lingua. Ma perché mai avrei dovuto portare delle sconosciute a casa mia?
– Come prego? – chiesi, sperando di aver capito male.
– Vivi con Marco Riva, no? – mi chiese con fare da sfacciata.
– E quindi? – le risposi con lo stesso tono.
– Beh pensavamo che ci avresti aiutato ad incontrarlo. Siamo le sue ammiratrici numero uno, e visto che siamo tutte futuri medici speravamo che ci avresti fatto questo favore. – disse la terza, con un tono più gentile e un sorriso dolce.
Ma comunque la mia risposta non sarebbe cambiata. Il mondo stava girando al contrario?!
– Beh mi dispiace ma voi non diventerete medici se andate avanti così. – gli dissi in tutta onestà. Forse troppa, ma ormai avevo preso il via.
– Ma che razza di richiesta mi avete fatto?! Non mi importa se siete delle matricole disperate, voi non farete un meet and greet con tanto di foto e autografi nel mio salotto! – esclamai, e loro sussultarono spaventate.
– Ehi, che succede qui? – chiese Marta non appena si avvicinò a noi.
– Niente. Andiamo a casa. – dissi duramente, sottolineando la parola "casa" e incendiando con lo sguardo quelle lì. Presi la mia amica per un braccio e la trascinai via.


Evitai di raccontare a Marco l'episodio delle matricole impazzite, altrimenti si sarebbe ancora di più montato la testa.

Lui era uscito a fare serata con dei suoi amici romani, ed io e Marta eravamo rimaste a casa perché nella settimana evitavamo le discoteche. Ci piaceva stare sul divano a chiacchierare, o meglio, spettegolare, con Spettro che ci faceva le coccole. Marta sbadigliò come una bambina.
– Sei stanca, andiamo a dormire. – ridacchiai. Lei annuii e ci alzammo dal divano.
Lei mi diede un bacio sulla guancia prima di entrare in camera sua.
– Notte. – le sorrisi, ed io andai nella mia.


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