Capitolo 38

242 5 0
                                    

Muovevo freneticamente la gamba sotto il banco dal nervoso, e tutti i miei muscoli erano tesi come corde di violino.
Quella era una lezione importante, a cui io però non stavo prestando minimamente attenzione.
Non facevo altro che ripensare all'episodio del giorno prima, e agli occhi strani e spenti della mia migliore amica.

Avevo paura di starle troppo addosso, altrimenti stavolta ci saremmo allontanate sul serio, ma allo stesso tempo avevo paura di non agire in tempo. Di scoprire la verità troppo tardi. Sarebbe bastato anche un giorno in più, e io avrei potuto perderla per sempre. Me lo sentivo, ero a tanto così da scoprire quanto quel Tommaso fosse un verme, ma continuavo a sperare con tutta me stessa che mi stessi sbagliando. Che in realtà Marta stesse semplicemente attraversando una fase in cui non sapeva più chi era, in cui cercava solo di riscoprire se stessa. Speravo si fosse persa solo per potersi ritrovare.
Ma se fosse stato davvero Tommaso a ridurla così, a privarla del suo essere donna, sarei dovuta stare molto attenta. Quelli come lui erano imprevedibili, e pericolosi, anche se si celavano dietro la figura del povero ventenne disoccupato, vittima della società.

Fissavo il mio telefono, rigirandomelo tra le mani, mentre le parole del professore scrosciavano come l'acqua di una cascata molto lontana. Forse per la prima volta avrei dovuto chiedere degli appunti a una delle mie compagne, ma non potevo fare a meno che pensare solo ad una cosa.

Avrei dovuto chiamare Marco? Avrei dovuto allarmarlo, forse per niente, e quindi dovermi subire la sua odiosa presenza? E se si fosse stanziato a casa mia come un cane da guardia per tenere d'occhio Marta? Sarebbe stato un inferno.

Mi passai una mano tra i capelli, tirandomeli leggermente, come se facendo così avessi potuto scacciare quei brutti pensieri. Finita la lezione, mi fiondai subito verso Alice.

– Ehi Ali, non è che potrei fare una foto ai tuoi appunti? Non mi sento bene oggi e non ho prestato molta attenzione. – mormorai, massaggiandomi la fronte per essere credibile. Lei mi porse il suo quaderno ma mi guardò diverta e incredula.

– Guerra che non prende appunti? Devi stare proprio male. – ridacchiò scuotendo la testa. Io le sorrisi e feci le foto al suo quaderno.

– Oppure... non ti starai mica facendo trascinare dal tuo nuovo lavoro da modella? – mi chiese con il suo solito sorrisetto da impicciona. Si mise la borsa in spalla e insieme uscimmo dall'aula con le altre ragazze dietro di noi.

– Assolutamente no. – dissi categorica, ma lei sembrava sicura che io fossi distratta da qualcos'altro.

– Ehi, Emma, che ci dici del nostro Marco? La ragazza con cui sta adesso è solo una copertura vero? In realtà state insieme, no? – mi chiese con fare da bambina una delle nostre compagne.

– Eh?! No! Io e Marco non stiamo insieme, non lo siamo stati prima e non lo saremo mai! – dissi, ancora più categorica di prima. Lei mi guardò come se le avessi svelato l'inesistenza di Babbo Natale, e Alice intanto se la rideva.

– Non ci freghi, Emma! – disse un'altra puntandomi il dito contro. Io indietreggiai, facendo una faccia parecchio interdetta.
Ma come si permettevano di spettegolare sulla mia vita privata come se fosse un argomento di cronaca? Se Marta fosse stata con me mi avrebbe ricordato che effettivamente, io mi fossi volontariamente buttata sotto i riflettori. Diciamo che era stato più un vortice da cui ero stata risucchiata senza nemmeno accorgermene, ma in momenti come quelli avrei voluto indietro la mia vita. Ci mancavano solo le mie compagne di università a rompere le palle, che se avessero studiato medicina come studiavano la vita di Marco Riva, io non sarei stata più la prima della classe.

– Sentite – sospirai, cercando di armarmi di pazienza – io non voglio fregare nessuno. A me non interessa più niente. Non mi interessa di ciò che pensa la gente della mia vita privata, né mi interessa cosa fa Marco. Se proprio lo volete sapere, quella che probabilmente voi avrete visto su Instagram è la sua ragazza, quella ufficiale. Io invece, sono sempre e solo stata bersaglio dei suoi scherzi malefici, della sua antipatia e del suo ego smisurato. – mi misi a braccia conserte, e loro fecero per parlare ma le fermai.

Odi et amoWhere stories live. Discover now