Capitolo 5

355 7 0
                                    

Sbadigliavo mentre una tizia di nome Alice che avevo appena conosciuto mi stava raccontando la sua vita.
Ero con le mie amiche dell'università, stavamo facendo una pausa tra una lezione e l'altra. Eravamo sedute su delle panchine nel piccolo cortile pieno di alberi.

Amavo quell'angolo, era come se il mio cervello potesse prendersi una boccata d'aria. Non amavo molto l'università in sé, ma me la dovevo far piacere per forza, altrimenti non sarei diventata un medico.

Purtroppo la nostra pausa finì in un batter d'occhio, e ci avviammo tutte insieme verso l'aula della lezione che sarebbe iniziata di lì a poco. Proprio mentre stavo varcando la soglia della porta, le mie amiche dietro di me si fermarono ed iniziarono a bisbigliare e a fare versi strani. Le maledii mentalmente e feci un passo indietro. Che cosa succedeva adesso?

Mi battei una mano in fronte per la disperazione quando vidi la situazione che si era creata nel corridoio.
Marco era lì in piedi, attorniato da decine di ragazze anche più grandi me che gli chiedevano foto e autografi. Sembrava che Marco fosse una vera e propria pop-star. Ma che ci faceva in quel corridoio?

– Emma! È Marco Riva! – mi disse una delle ragazze urlando. Non appena sentì il mio nome, Marco alzò lo sguardo ed incontrò il mio. Quando vidi che stava venendo verso di me cercai di nascondermi in mezzo alle altre. – Emma! Ti stavo cercando! – mi indicò, e tutte le ragazze mi guardarono a bocca aperta. Sapevo che dopo mi avrebbero scuoiata viva. – Marco... che ci fai qui? - lo salutai a denti stretti fingendo un sorriso.
– Ma che hai? Tutto bene? – mi guardò stranito.
– Certo. – continuai a sorridere in quel modo inquietante.
– Mi servono le chiavi di casa. Sono uscito prima di voi stamattina ma ora devo tornare a casa e non posso entrare senza chiavi. – tese la mano aperta verso di me.

Io sbuffai, frugai nella mia borsa per qualche secondo e quando trovai le chiavi gliele misi in mano. Ad ogni minuto che passava le ragazze attorno a noi avevano la mandibola spalancata di un centimetro in più.
– Perché non hai chiesto a Marta? – gli chiesi infastidita.
– Perché mi avete detto di starle alla larga per tutta la mattinata altrimenti mi avreste cacciato di casa. – fece spallucce. Infatti grazie a lui mi ricordai che proprio in quel momento la mia amica stava sostenendo un esame.
– Certo sì, infatti. – annuii.
– Bene, allora ci vediamo a casa. – mi fece il sorriso da playboy e fece per andarsene.
– Ricordati di aprirmi quando ti suono, visto che le mie chiavi ce le hai tu. – lo fulminai con lo sguardo.
– Certo bambolina... hai paura che ti apra di nuovo la porta tutto bagnato e mezzo nudo? – mi fece l'occhiolino e si morse il labbro.

Fece la sua uscita di scena lasciando tutte quante a sbavare. Tutte tranne me. Ero diventata rossa dalla rabbia. Chi gli dava il diritto di parlarmi come se fossi davvero la sua bambolina davanti alle mie compagne? Ma non ebbi nemmeno il tempo di arrabbiarmi per bene che le ragazze mi assalirono.
– Io non posso crederci. Avevi detto di non conoscerlo! – esclamò una.
– E adesso scopriamo che addirittura convivete?! – disse un'altra.
– Allora avevo ragione! L'altro giorno Marco ha messo una storia su Instagram di un cane... mi era sembrato Spettro ma credevo di sbagliarmi! – disse un'altra ancora.
– Spettro?! – dissi confusa.
– Sì! Ma non l'hai vista la foto? Non lo segui su Instagram? – mi guardò stranita.
– No. – dissi sbarrando gli occhi, letteralmente terrorizzata da quelle sanguisughe.
– Che cosa?! State insieme e non lo segui? – mi chiese un'altra.
– Eh? No! Non stiamo insieme, non fatevi venire strane idee in testa. È venuto a stare da me qualche giorno perché non ha ancora una casa ed è amico di Marta. Punto. – dissi a gran voce per farmi sentire da tutte, così almeno nessuno avrebbe più chiesto.

Proprio in quel momento comparve alle mie spalle il professore.
– Signorine, cos'è tutto questo chiasso? Avanti, entriamo. – disse in modo autoritario, ma si vedeva che stesse ridendo sotto i baffi. Bene, avevo fatto anche una figura di merda con il prof per colpa di Marco.
– E intanto la nostra Emmina vive con quel gnocco di Riva... - mormorò una mia amica mentre stavamo entrando in aula e le altre continuarono a ridacchiare.




Suonai il campanello con insistenza, e lui mi aprì un secondo dopo.
– Marco Riva! – gli urlai in faccia appena entrai in casa. Ignorai le coccole di Spettro perché aggredire il pallone gonfiato era la mia priorità in quel momento. Lui indietreggiò guardandomi divertito, e più si allontanava più mi avvicinavo a lui. Non l'avrebbe passata liscia stavolta.

– Ti rendi conto del guaio in cui mi hai messo? – gli puntai il dico contro, mentre continuavamo a camminare faccia a faccia.
– Le tue amiche sono molto simpatiche. – ridacchiò facendo spallucce.
– Tu! Tu mi hai fatto fare una figuraccia davanti ad uno dei professori più importanti di tutta l'università! – gli urlai ancora, e lui se la rideva ancora di più. Forse avrebbe smesso di ridere quando l'avrei ucciso.
– E per di più adesso le mie amiche non fanno altro che parlare del fatto che io e te viviamo nella stessa casa! – finii con le mani al muro della mia camera, e lui con le spalle attaccate ad esso, intrappolato dal mio corpo. Mise le mani sui miei polsi, per cercare di allontanarmi.

– Dai avanti, so che vuoi dire anche qualcos'altro. – mi stuzzicò, facendo quel sorriso da farmi venire voglia di spaccargli la faccia.
– E mi hai chiamato "bambolina"! Io non sono la bambolina di nessuno, hai capito?! – continuai ad urlare infuriata, e più urlavo più lui si divertiva.
– Mi piace chiamarti "bambolina" perché mi piace quando ti arrabbi. – disse con voce profonda mordendosi il labbro. Peccato che con me quella tecnica non funzionasse, e che con me non potesse giocare. Io continuai a guardarlo in cagnesco, e lui era ancora bloccato tra me e il muro.
– Guarda, sei così arrabbiata che mi hai portato fino in camera tua. Ora Spettro inizierà ad abbaiare o magari ha capito che la sua padrona aveva solo voglia di portarmi al letto. – disse provocandomi ancora di più.

Io non ci vedevo più dalla rabbia. Portarlo a letto? Ma come si permetteva? Forse non aveva capito chi fosse Emma Guerra. Cedetti al mio istinto e gli diedi uno schiaffo sulla guancia, forte e soprattutto inaspettato. Spalancò la bocca per la sorpresa, ma la richiuse subito dopo per sorridermi in quel modo.

– L'ultima cosa che voglio è portarti a letto, Riva. Non sono come tutte quelle donne che pagherebbero per avere una notte di fuoco con te. Anzi, io vorrei proprio che tu sparissi da casa mia, e da Roma. Non te la meriti, né l'amicizia di Marta e né questa città. Sei solo un viscido e sporco ragazzino che crede di potersi comprare tutto quello che vuole con i suoi soldi e la sua arroganza. Ti dirò un segreto, Riva. Io non sono in vendita. – dissi quelle parole ad un centimetro dal suo viso, sperando che così avesse colto meglio il messaggio.

Lui rimase in silenzio, per la prima volta. Mi staccai dal muro e gli indicai di uscire dalla mia camera, e puntualmente arrivò Spettro che iniziò ad abbaiare contro lui. Non dissi niente al mio cane, il pallone gonfiato si meritava anche la sua sfuriata.

Dopo qualche secondo la porta si aprì, rivelando una Marta stanca e pallida.
– Dobbiamo fare una copia delle chiavi e dargliele, quel tizio oggi mi è venuto a cercare all'università. – le dissi appena la raggiunsi in cucina.
– D'accordo. – mormorò, buttando la sua borsa sulla sedia, e lei si accasciò sull'altra.
– Oh, come è andato l'esame? – le chiesi, ricordandomi solo in quel momento.
– Bene. – disse con un sorriso debole.

Di solito mi raccontava tutti i particolari, le domande che le avevano fatto e come aveva risposto, ma questa volta non lo fece. Si alzò dalla sedia e si diresse in bagno, lasciandomi sola in cucina con... indovinate un po'?
Delle verdure da tagliare per il pranzo.

___

Capitolo scottante! Che ne pensate della sfuriata di Emma? Io personalmente la adoro! State inquadrando meglio i personaggi di Emma e Marco? E quello di Marta? Fatemi sapere che ne pensate con un commento!

- treatyourselfbetter

Odi et amoWhere stories live. Discover now