Capitolo 32

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Mi stavo sbracciando per farmi vedere da quella ciecata di mia madre. Ovviamente lei niente, continuava a stringere gli occhi con la bocca piegata in una smorfia buffa, guardando male tutti quelli che le passavano davanti.

– Mamma! – gridai, e tutti si girarono. Per fortuna anche lei lo fece, e tirai un sospiro di sollievo.

Con lei tutto era una fatica. Ma era anche la mamma più pazza e divertente di tutte. Sarebbe rimasta con me e Marta per qualche giorno, e aveva deciso tutto all'ultimo. Infatti non mi aspettavo una sua visita, ma ero contenta perché sapevo che con il tornado che era, sistemava sempre tutto nella mia vita. Era come se tutto si fermasse, ed io fossi la bambina che viveva in quell'appartamento minuscolo e che desiderava disperatamente un cane. Mia madre era pazza per i cani almeno quanto me, ma non lo avevamo potuto avere a causa degli spazi troppo piccoli, e perché mio padre non ne sarebbe stato tanto entusiasta. Peccato che alla fine Spettro fosse riuscito a conquistare anche il suo cuore. La casa dovevo vivevo con Marta non era poi così grande, ma di sicuro non piccola come quella dei miei. E poi Spettro lo portavo sempre con me, ovunque, e non restava mai tutto il giorno rinchiuso in casa. Quel cane si era innamorato di Roma come la padrona.

– Amore di mamma! – esclamò venendomi incontro con il suo piccolo trolley. Scommettevo che in quella valigia ci fossero solo due cambi e cinquecento teglie di lasagne. Mia madre era molto preoccupata della dieta che seguiva Marta, forse era l'unico difetto che vedeva in lei.

Mi stritolò con tutta la forza che aveva nelle sue esili braccia, ed il suo profumo mi pervase le narici. Profumo di casa. Le schioccai tremila baci sulle guance e lei fece lo stesso con me. Le coccole che amavo di più erano le sue.

– Allora? Come stai? – mi chiese, e sembrava non sapere da dove cominciare. Sapevo che avesse mille domande da farmi. Al telefono parlavamo del più e del meno, preferiva lasciare da parte i discorsi un po' più seri per quando ci saremmo viste di persona.

– Bene. – le sorrisi, prendendole il trolley.

– Vieni, ho parcheggiato lì. – gli indicai. Uscimmo dalla stazione Termini e sentivo lei che mi squadrava. Io la guardai con la coda dell'occhio e risi sotto i baffi. Le piaceva spesso ripetermi quanto fossi bella, soprattutto da adolescente, perché sapeva che avessi poca autostima. Invece ora ero cresciuta e anche cazzuta quando ce ne era bisogno, e lei non si era ancora abituata alla sua figlia universitaria.

– Oh, la mantenete bene questa macchina! – constatò soddisfatta, non appena si sedette al posto del passeggero.

– Certo ma', per chi ci hai prese? – ridacchiai e misi in moto.

– Ora che sei qui... mi dici perché hai fatto questa scappatella? Papà ti ha dato in nervoso più del solito ultimamente? – le chiesi ridacchiando. Lei mi guardò storto.

– Tuo padre mi dà sempre il nervoso. – disse con voce scocciata, ma sapevo che stesse scherzando.

– E allora? – scossi le spalle.
Di solito eravamo io e Marta a tornare nella nostra cittadina, che si trovava un po' più a sud di Roma, durante le vacanze di Natale.

– Beh volevo vederti e stare un po' con te. E non mi andava di aspettare un altro mese. Ho la sensazione che qui le cose cambino a vista d'occhio, e... non so, voglio stare al passo con i cambiamenti. – fece spallucce. Che intendeva esattamente?

– Se sei qui per controllare se stia lasciando medicina per fare la modella... - dissi, ma lei mi interruppe subito.

– No! Assolutamente! Lo so quanto ti impegni e quanto sei brava amore, è solo che volevo vedere come te la passi. E sì, volevo sapere anche qualcosa in più di questo tuo nuovo lavoro. – disse, con la paura che io credessi che mi stesse giudicando. Ma mia madre era sempre stata la mia prima sostenitrice, sapevo fosse contenta di quello che mi stava accadendo, ma odiava non sapere tutto nei minimi dettagli. Scossi la testa senza neanche accorgermene, pensando a che idea si potesse essere fatta su me e Marco.

Odi et amoOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz