Capitolo 9

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Entrai in cucina stropicciandomi gli occhi. Non so con quale forza mi ero riuscita ad alzare dal letto, ma dovevo assolutamente andare all'università.

– Ehi, sembra che ti sia passato sopra un tram. Tutto bene? – mi guardò preoccupata Marta.
– Uh-Uh. – mormorai, sedendomi a tavola per fare colazione.
– E che cosa sono quelle occhiaie? Non hai dormito? – disse come se avesse visto un mostro.
– No. Spettro non mi ha fatto dormire. – inventai l'unica scusa che mi venne in mente. – Oh, strano. – mormorò pensierosa.

Effettivamente era una gran cavolata, visto che Spettro non faceva mai cose del genere, ma non potevo certo dirle cosa avevo fatto in realtà. Mi sarei rovinata la reputazione se le avessi detto di aver aiutato il pallone gonfiato.

– Marco? – le chiesi, e lei sembrò felice del fatto che mi interessassi di lui.
– Sta ancora dormendo. Deve essere tornato tardi. – fece spallucce con aria tranquilla, ed io risi tra me e me.
– Ho scritto ad Andrea. – dissi d'un tratto.
– E? – chiese impaziente di sapere.
– Ci vediamo nel pomeriggio, nell'ospedale dove lavora. Purtroppo non ha molto tempo libero, come immaginavo, ma voleva vedermi a tutti i costi. – dissi soddisfatta.
– O mio dio! Chiedigli se ti fa assistere ad un intervento! – esclamò eccitata.
– Marta, vola basso. E poi non so se voglio essere un chirurgo. – dissi, uscendo di casa. Lei mi guardò storto prima di ridere e salutarmi.


Mi ero preparata per vedermi con Andrea, e quando uscii dalla mia camera rimasi delusa vedendo che Marta non fosse a casa. Mi avrebbe dato la carica, e mi avrebbe detto se il mio outfit andasse bene, ma non importava.

– Ciao. – Marco spuntò dal corridoio passandosi una mano nei capelli aggrovigliati. – Ciao. – gli sorrisi di sfuggita, e mi chinai su Spettro per dargli un biscotto.
– Esci? – mi chiese, mentre prese un bicchiere d'acqua.
– Sì. – annuii.
Non avevo voglia di chiedergli come stesse, sembrava essersi ripreso, visto che aveva dormito dodici ore.
– Tu non vuoi portarmi a letto. – disse.

La sua voce era ferma, non era stata una domanda. Era come se fosse veramente consapevole del fatto che io non avevo intenzione di fare niente con lui. Io lo guardai confusa.

– Non sei rimasta. Hai fatto finta di rimanere all'inizio, ma poi te ne sei andata. – disse, e sembrava esserne divertito. Aprii la bocca per parlare ma lui mi fermò.
– Non mi era mai capitato prima. Tutte quelle che vogliono portarmi a letto, ci rimangono nel mio. Quindi presumo che tu non voglia. – fece spallucce.
– L'hai capito finalmente. – ridacchiai, e lui con me. Ma c'era un problema: se si ricordava di avermi richiesto di restare, si ricordava anche tutto il resto?
– Quindi... ti ricordi... tutto? – gli chiesi, avendo paura della risposta.
– Sì. È strano perché ieri sera ho bevuto di tutto, e stavo parecchio male, ma mi ricordo. – disse con la fronte aggrottata, e potevo vedere la notte scorsa attraversargli la mente. – Ah. – dissi secca, e terrorizzata. Lui mi scoppiò a ridere in faccia, ed io sollevai le sopracciglia. Cosa c'era di tanto divertente?
– Non preoccuparti Emmina, non dirò niente a Marta. – disse scuotendo la testa, divertito.
– Davvero? – dissi sollevata.
– Certo, non voglio mica la ramanzina per aver bevuto. Perché so che lei me la farebbe. – disse.
– Oh sì che te la farebbe. – pensai a Marta picchiare Marco come se fosse suo figlio e scoppiai a ridere.
– Perfetto, allora sarà il nostro segreto. – dissi, prendendo la borsa e le chiavi.
– Lei non saprà nulla di questa storia, del fatto che mi hai spogliato, mi hai lavato la faccia, mi hai rimboccato le coperte e che sei stata sul mio letto insieme a me per cinque minuti. – disse con il suo sorriso beffardo.

Io lo uccisi con lo sguardo, non mi era piaciuto il fatto che avesse detto tutto ad alta voce, era come se mi fossi resa conto solo in quel momento che fosse successo davvero.

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