Capitolo 37

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Marta stava ridendo come una matta da venti minuti. Le avevo raccontato dell'episodio del giorno prima, nello studio di Davide.
Le stavano uscendo lacrime dagli occhi ed era tutta rossa in viso. La gente attorno a noi si girava per controllare se stesse bene. Io alzai gli occhi al cielo, a corto di pazienza ormai, e la presi per il braccio, trascinandola in un negozio.

– Vuoi smettere di ridere? – bisbigliai, senza rinunciare però al mio tono autoritario.

– È che... non riesco. – prese fiato per dirmi quelle due parole e poi riprese a ridere.

– Giuro che ti lascio qui. – le puntai il dito contro, e lei cercò di ricomporsi.

Mi guardai attorno, sperando di trovare qualcosa che mi piacesse. Eravamo andate a fare shopping perché l'inverno era la nostra stagione preferita, di conseguenza, compravamo dei maglioni e dei cappotti ogni anno per riempirci il cuore di gioia e svuotarci le tasche.

– Quanto vorrei esserci stata! – disse ancora con le lacrime agli occhi e con quella faccia che mi stava palesemente prendendo per i fondelli.

– Per ridere di me più di quanto tu non stia già facendo? – sbuffai, anche perché avevo trovato una maglione di un bel colore ma il modello non mi convinceva.

– Non solo, sai? Vedere la faccia di Marco sarebbe stato bellissimo. – scosse la testa ridacchiando ancora.

– Non vi state sentendo ultimamente? – le chiesi, tanto sapevo che non sarei riuscita a cambiare argomento.
Però avrei potuto provare a spostare l'attenzione su Marco e non su di me in intimo nel bel mezzo di un corridoio davanti ad tre altre persone.

– No, e mi dispiace. È sparito, direi. Ma non mi sorprende, con lui è così. Solo che pensavo che ora che abitiamo nella stessa città ci saremmo visti di più. Quando viveva a Milano, anche se era impegnatissimo con il lavoro, trovava sempre tempo per scrivermi o per chiamarmi la sera. Ora non lo fa più. – disse, abbassando lo sguardo.

Mi dispiaceva vedere la mia amica così, ma sapevo che Marco non se ne rendeva nemmeno conto del fatto che si stesse comportando così. L'unica certezza che avevo su di lui era che per Marta avrebbe fatto i salti mortali.

– Beh, magari è proprio per questo. Visto che ora vive a Roma vorrebbe poter passare a trovarti e vederti di persona piuttosto che scriverti qualcosa in chat. – feci spallucce, correndo verso degli stivali a dir poco strepitosi.

– Oh, adesso lo difendi? – mi chiese con un'espressione più che incredula. Io le lanciai un'occhiataccia prima di maledire la vita avendo visto il prezzo inarrivabile di quegli stivali.

– Comunque, sarà anche il fatto che qui debba gestire l'azienda da solo, anche se sappiamo quanto il padre gli stia con il fiato sul collo ugualmente. - disse lei pensierosa.

– Certo. – mormorai, pensando a quando io ed Andrea lo incontrammo quella sera in ospedale.

Evidentemente il mio sguardo si era rabbuiato, perché Marta mi guardò insospettita. Cercai di cambiare espressione, non volevo che si preoccupasse. Quando poi si sarebbero visti, lui di certo le avrebbe parlato se ci fosse stato qualche problema.

– Oh beh... devi contare anche la sua nuova ragazza. Quella dovrà portargli via un sacco di tempo. – ridacchiai prendendolo in giro.

– Perché tu ci credi? – mi chiese guardandomi come a volte faceva mia madre. Come se fossi una sciocca ingenua con i prosciutti sugli occhi. Non mi piaceva molto ricevere quegli sguardi, mi faceva sentire come quando avevo dieci anni e tutti sembravano più forti e fighi di me.

– A cosa? – chiesi non capendo.

– A questa storia. Dai, sarà l'ennesima povera ragazza che è caduta in balia del suo fascino da vampiro tenebroso. – disse lei con una punta di disapprovazione.

Odi et amoWhere stories live. Discover now