Capitolo 31

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Quella mattina ero saltata fuori dal letto con un'energia incredibile. Mi sentivo come se fosse stato il giorno del mio compleanno. Ovviamente non lo era, ma comunque quel giorno una ragazza sarebbe stata felice.
Ero riuscita a pianificare tutto in un giorno, e ora non stavo più nella pelle.

Entrai in cucina e Spettro mi saltò addosso come se prima non mi avesse già dato il buongiorno.

– Ehi. – mi sorrise Marta mentre stava finendo di sistemarsi per andare all'università. Io le sorrisi e le diedi un bacio sulla guancia.

– A che ora esci tu? – mi chiese.

– Fra poco. – le risposi dopo aver controllato l'ora.

– Oh, vorrei poter venire con te. Vorrei vedere tutta quanta la scena. – piagnucolò come un bambina, sognando. Le avevo raccontato tutto, ovviamente, ed era rimasta affascinata dalla mia idea. Marta era una romanticona, ero sicura che avrebbe approvato.

– Lo so. Spero che Sara rimanga contenta. – sorrisi felice.

– Certo che andrà bene! Hai avuto un'idea grandiosa! – esclamò mentre si metteva la borsa in spalla.

– Beh, vedere tutti quegli episodi di Grey's Anatomy sarà pure servito a qualcosa. – ridacchiai facendo spallucce. – È vero, è una cosa molto da Grey's Anatomy. – annuì.

– Ma non è questo il punto. – si riavvicinò a me lasciando la porta di casa socchiusa.

– Tu sei speciale Em, non dimenticarlo mai. Che tu faccia la modella, la secchiona o che diventi una mantenuta vita... sarai sempre speciale. Per me e per chi se ne accorgerà. – mi diede un tenero bacio in fronte e poi se ne andò, salutandomi con quel suo sorriso che sembrava riflettere la luce del sole di Roma che filtrava dalla finestra. Le sue parole mi fecero bene al cuore. Sapevo a cosa si stesse riferendo.
Le avevo raccontato di Andrea e non era rimasta molto contenta delle sue lamentele. Aveva detto che non importava che fosse un chirurgo, bello come pochi, e quasi perfetto, se poi non mi vedeva per quella che ero. E aveva ragione. Speravo tanto che quel giorno tutti mi avrebbero vista per davvero. Non solo il neurochirurgo, Sara e i suoi genitori, ma soprattutto Andrea. Volevo che vedesse che la modella che vestiva Dior sulle scale di Piazza di Spagna, era anche capace di risollevare l'umore di una ragazza in fin di vita.
Mi risvegliai dai miei pensieri, presi il cappotto e la borsa.

– Ciao piccolo. – abbracciai Spettro fino a soffocarlo, ma lui non protestò.

– Augurami buona fortuna. – gli dissi, e lui inclinò la testa da un lato come se non avesse capito. Io risi e mi rialzai, uscendo e chiudendo la porta di casa con un sorriso vittorioso stampato sulle labbra. Sarebbe andata bene.



Arrivai davanti alla stanza di Sara, dove trovai Andrea intento a leggere delle scartoffie.

– Eccoti. – disse quasi con sollievo. Gli diedi un bacio veloce sulla guancia e mi appoggiai al muro davanti a lui.

– Il neurochirurgo sta arrivando? – gli chiesi con ansia.

– Sì. I genitori sono già dentro. – annuì.

– Di solito come reagiscono i familiari? – gli chiesi. Avevo paura per i genitori di Sara, non avrei mai voluto essere al loro posto.

– Beh... dipende. All'inizio è una tragedia, ma poi alcuni cercano di farsi forza e di non scoraggiarsi. Chiediamo sempre di non farsi vedere tristi o disperati, perché altrimenti è proprio così che si sentirà il paziente. – mi rispose lui.

– E gli altri? – gli chiesi ancora.

– Dall'altra parte ci sono quelli che non riescono nemmeno a guardare la loro moglie o il loro figlio in quel letto d'ospedale. Passano le ore fuori dalla porta della loro stanza a singhiozzare, e durante l'operazione diventano matti nella sala d'aspetto. Spesso qualcuno di noi deve andare da loro per calmarli. – mi spiegò, e dei brividi mi salirono su per il braccio. Era terribile tutto ciò.

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