Capitolo 23

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Diedi un biscotto a Spettro, che aveva uno sguardo malinconico già dal qualche giorno e non riuscivo a capirne il motivo.

– Piccolo, dimmi che hai. – gli dissi dolcemente, accarezzandolo sul muso.
Lui continuò a guardarmi con quegli occhi afflitti, ed io mi rassegnai.

– Gli manca Marco, è evidente. – disse Marta entrando in cucina.

Aveva lo zaino in spalla, il telefono in una mano e le chiavi nell'altra, il cappotto infilato solo per metà e i capelli scompigliati. Cercai di trattenere una risata.

– Ti capisco, tesoro. Anche io sono triste perché Marco non c'è più. – con tutte quelle cose tra le mani, riuscì comunque a chinarsi su Spettro per dargli un bacio veloce.

– Vai di fretta? I corsi iniziano prima stamattina? – le chiesi, facendo finta di non aver sentito i suoi discorsi con il mio cane.

– Sì, vado di fretta. Sono in ritardo. – mi disse, prendendomi la tazzina di caffè dalle mani per rubarmene un sorso.

Il mio sguardo casualmente si spostò sul suo zaino, e mi irrigidii quando mi accorsi che all'interno sembravano esserci solo cose morbide e non libri.

– Marta, te lo chiedo un'altra volta. Dove stai andando? – le chiesi duramente, e lei sbarrò gli occhi, come se si fosse ricordata solo in quel momento che non ero stupida e che non poteva fregarmi.

– Da Tommaso. Sto andando da lui. – disse col tono di un'adolescente che stava per essere sgridata dalla madre.

– Vivo con te da tre anni, e so che non ci sono corsi di farmacia che iniziano così presto. Siamo amiche da vent'anni però, e non so riesco a capire perché tu ti stia comportando così. – le dissi, cercando di rimanere calma.

Potevo accettare il fatto che avesse saltato le lezioni più volte per stare con Marco i primi giorni che era arrivato a Roma, ma non potevo accettare un altro imbecille per cui lei stava buttando tutto all'aria. Lei abbassò gli occhi e non disse nulla.

– Avevi detto che avevi tutto sotto controllo, che sapevi gestire il tuo tempo al meglio. Ti ho avvertita più volte, di non stare ventiquattro ore su ventiquattro con quel tizio perché non ti avrebbe fatto bene. E perché so che ti ammazzeresti se non passassi l'esame per la seconda volta. Io ho cercato di aiutarti, Marta. Sei la sorella che non ho mai avuto, e la mia compagna di vita. Quindi ora ti siedi, e mi dici perché non mi parli più come prima, perché non ti confidi più con me. Di questo Tommaso non so niente. – le dissi ancora. Il mio tono era fermo, ma avevo anche cercato di essere dolce, per ammorbidirla.

– Non ti parlo di Tommaso perché so che hai mille pregiudizi su di lui, proprio come li avevi su Marco. Poi hai imparato a conoscerlo, hai scoperto la sua storia, hai potuto toccare con mano le sue debolezze, e spero che almeno in parte tu ti sia ricreduta su di lui. Ma è ovvio che questo con Tommaso non può succedere. Non importa cosa ti racconto di lui, tu avrai comunque le tue idee e i tuoi dubbi. So che credi che mi sia buttata tra le sue braccia per disperazione, perché desideravo essere desiderata. Forse hai anche ragione, ma guarda un po'... io mi sono buttata e ha funzionato. Invece per te è diverso. Tu ti butti in qualcosa mantenendo le tue paure e la tua diffidenza, rovinando tutto. Come è successo con Marco. Potreste arrivare lontano insieme, avere successo per davvero. Ma chissà per quale oscuro e contorto motivo tu hai deciso di mollarlo. Ed è per questo tuo modo di essere che non riesco a parlarti più. Perché siccome io non mi sto comportando più come te, non sono più un soldatino che fa tutto quello che bisogna fare e nel modo giusto, tu mi giudichi. Lo vedo, il tuo sguardo mi accusa e mi giudica di continuo. Mi dispiace, ma non siamo tutti perfetti come te in questo mondo. – disse, vuotando finalmente il sacco.

Odi et amoWhere stories live. Discover now