Capitolo 33

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Mia madre, dopo aver scoperto che avessi un ragazzo sul serio, non aveva fatto altro che chiedermi ogni cinque minuti quando glielo avrei presentato. Peccato che non aveva che io non ne avessi proprio l'intenzione.
Andrea sarebbe scappato a gambe levate non appena si fosse reso conto che pazzoide che era mia madre. In più, Marta non era per niente d'aiuto.

Eravamo andate a correre al parco, io lei e Spettro, come da tradizione. Mamma invece era andata a fare la spesa "come Dio comanda", aveva detto lei. Ci avrebbe preparato il suo famoso tiramisù, ma gli ingredienti che le servivano ovviamente in casa nostra non c'erano, visto che non andavano molto d'accordo con la dieta mia e di Marta.

– Ma perché non gli vuoi far conoscere Andrea? Se ne andrà domani sera, e chissà quando tornerà a Roma. Magari passeranno mesi senza che tu glielo abbia presentato. – mi disse Marta con il fiatone, cercando di convincermi. Però io non continuavo a capire quale fosse il problema. Andrea non sarebbe mica stato il mio futuro sposo, o no? Che fretta c'era? –

E anche se fosse? E poi chi te lo dice che io ed Andrea arriveremo a stare insieme per mesi? – diedi voce ai pensieri, e forse non avrei dovuto visto che la mia amica fece una faccia inorridita.

– Perché dici questo? – chiese sconvolta come se avessi detto un'eresia.

– Perché non posso sapere adesso come andrà a finire tra noi. La vita è imprevedibile, non abbiamo nessuna certezza. – dissi ovvia.

– Oh certo allora non ti laureare, perché la vita è imprevedibile. Potresti morire il giorno dopo e quindi avresti sprecato dieci anni della tua vita studiando medicina. – disse acida.

– Ma che c'entra questo? – sbuffai. Arrivammo alla fine del nostro percorso e ci fermammo vicino a una panchina per fare stretching.

– Te lo ripeto, Em. Dovresti presentarglielo. I nostri genitori ci vedono poco, e non sanno proprio tantissimo ormai delle nostre vite. Non escluderla ancora di più. – mi guardò, e i suoi occhi erano seri.

– Andrea ha dei turni impossibili. Ci riusciamo a vedere per miracolo nella maggior parte dei casi. Non ha tempo per preoccuparsi della suocera del momento. – le risposi, seria quanto lei.

Mi voltai e mi avviai verso la macchina. Dopo una manciata di secondi avevo caricato Spettro nel bagagliaio e mi ero seduta al posto di guida. Quando anche Marta salì in macchina, misi in moto per tornare a casa. La guardai un attimo con la coda dell'occhio e mi accorsi che stava scuotendo la testa senza neanche accorgersene, talmente era assorta nei suoi pensieri.

– Parla. – mormorai, stufa di quella conversazione.

– Sta cambiando qualcosa, vero? – mi chiese curiosa, ma non aveva più quel tono severo di prima. Trasalii, non sapevo per quale motivo.

– In che senso? – le chiesi confusa.

– Non lo so, dimmelo tu. Prima eri così entusiasta di aver trovato il tuo chirurgo belloccio... - fece spallucce.

– E lo sono ancora. – ridacchiai.

– E poi è una storia così meravigliosamente assurda. Voi che vi incontrate per caso, i vostri cani della stessa razza che si innamorano, e poi voi che vi rincontrate di nuovo per caso, salvando una bambina e chiamandole un'ambulanza. – disse con occhi sognanti, li stessi occhi che aveva avuto quando le avevo raccontato quegli episodi.

– Oh, e poi non ci dimentichiamo del vostro appuntamento super romantico in giro per Roma di notte. E anche quello che avete fatto per Sara... sembra tutto far parte di un bestseller. – continuò lei. Io risi della faccia da bimba che aveva, e strinsi le dita attorno al volante.

Odi et amoWhere stories live. Discover now