Capitolo 36

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- Ehi, buongiorno. – mi sorrise Marta quando mi vide uscire dalla mia camera.

– Non ti ho sentita rientrare stanotte. A che ora sei tornata? – mi chiese con un sorrisetto malizioso. Invece la mia faccia era tutto l'opposto.

– Verso l'una. Ho fatto piano per non svegliarti. – presi la mia tazza e mi riscaldai un po' di latte.
Avevo dormito pochissimo e non mi reggevo in piedi, ma cercai di farmi forza perché quella sarebbe stata una giornata bella piena.

– Beh pensavo che facessi più tardi. È stata comunque una notte di fuoco? – mi chiese facendo su e giù con le sopracciglia.

– Sì. – annuii.
Mi sedetti a tavola e Spettro venne vicino a me per farsi coccolare.

– E quindi? Non mi dici nient'altro? – mi chiese con disappunto.

– Che ti devo dire? – ridacchiai mentre addentavo un biscotto.

– Non so, dimmelo tu! Come è stato? – mi chiese, curiosa come una bambina. Solo che quel tipo di domande non erano per niente da bambina.

– Bello. Divertente. – feci spallucce, e finita la mia colazione mi avviai in bagno. Lei si alzò e mi seguì, non soddisfatta della mia risposta.

– Divertente? Non hai mai usato l'aggettivo "divertente" per descrivere una notte con un ragazzo. – disse confusa.
Io mi tolsi il pigiama davanti a lei e aprii l'acqua calda della doccia, ignorando Marta completamente.

– Qual è il problema? – sbuffai.

– Beh, speravo di più su un "passionevole", "sfrenato", o "indimenticabile". – si mise le mani sui fianchi assumendo un'espressione delusa.

– Ah, ecco, sì. Indimenticabile. Direi che è stato proprio indimenticabile. – sorrisi ed annuii energicamente.

– Oh, bene allora. – si risollevò un po'.

– Ora posso farmi la doccia in pace? – le chiesi, ormai nuda nel piatto doccia. Lei alzò le mani in segno di resa ed uscì dal mio bagno.

Non appena l'acqua calda iniziò a rilassare i miei muscoli che erano parecchio tesi, la mia mente in compenso si mise in moto contro la mia volontà. Le scene di quella notte appena passata si riproducevano nella mia testa come un film, che però non avrebbe avuto molto successo.
Infatti la serata non era andata a finire come pensava Marta. Odiavo mentirle, ma sapevo che se le avessi detto la verità, mi avrebbe tempestato ancora di più di domande, ed era l'ultima cosa di cui avevo bisogno in quel momento. Su una cosa però non avevo mentito: era stata una situazione davvero indimenticabile. Più cercavo di non pensarci, più lo scrosciare dell'acqua contro il mio corpo stanco metteva in moto le rotaie del mio cervello. Sentivo ancora le labbra vogliose di Andrea che sembravano volessero mangiare le mie, e la sensazione di essere bloccata in una cosa che non volevo.
Più lui andava oltre, e più le sue mani esploravano il mio corpo, più io mi sentivo in trappola. Avevo cercato di ignorare quella sensazione all'inizio, mi convinsi che fare l'amore con un ragazzo d'oro come Andrea fosse più che giusto. Mi ripetevo che fosse giunto il momento di farlo, visto che stavamo insieme da più di un mese. Insomma, se non si faceva l'amore con il proprio ragazzo, con chi lo si faceva?
Eppure più passavano i secondi più io sentivo che fosse tutto sbagliato. Ed il problema non era Andrea.
Avevo cercato di fermarlo nel modo più dolce possibile, perché infondo lui non stava facendo niente di male. Soprattutto visto che lui pensava che anche per me quella fosse la cosa giusta da fare. Non volevo assolutamente ferirlo, non volevo farlo rimanere male. Fargli pensare che non mi fidassi ancora di lui o che non mi piacesse.
Il fatto era che Andrea mi piaceva eccome, ma solo in quel momento avevo realizzato che non faceva scattare la scintilla. Non accendeva il fuoco che era in me.
Lui sì, la sua pelle erano scottanti e i suoi occhi lucidi dal desiderio, ma io ero fredda e pietrificata. Avevo cercato di prendergli le mani per fermalo dal togliermi i vestiti, avevo cercato di parlargli ma le sue labbra non lasciavano in pace le mie, o il mio collo. Non mi aveva dato lo spazio materiale per fare un passo indietro e spiegargli con delicatezza che forse quella sera non era il momento giusto. Io però, arrivata a quel punto, non riuscivo più ad essere accondiscendente. Mi risuonavano in mente le parole che io stessa avevo pronunciato di fronte a tutte quelle donne alla festa.
Avevo detto che non avremmo dovuto assecondare nessuno, che la nostra felicità fosse l'unica cosa importante, ed io in quel momento non ero felice.
Così spinsi con forza le mani sulle sue spalle, e lui rotolò di fianco, visto che prima era sopra di me. Avevo messo in atto una recita da premio Oscar, dicendogli che ero davvero stanca, e che non fosse un rifiuto da parte mia. Avevo solo rimandato perché quella sera ero davvero troppo stanca e volevo che tra noi due fosse tutto perfetto, visto che non c'era nessuna fretta. Lui mi aveva capita e non c'era rimasto male, almeno, nonostante io mi sentissi uno schifo per averlo ingannato. Gli avevo mentito ed era andato tutto bene, ma non avevo risolto niente. Avevo solo rimandato il problema di qualche sera.


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