Capitolo 7

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Entrai in cucina seguita da Spettro per fare uno spuntino. Sentii Marta urlare e ridere come una pazza dal soggiorno. Sbirciai dalla porta e vidi che lei e Marco stavano giocando sul divano come dei bambini.
Lui era praticamente sopra di lei con le mani sui suoi fianchi a farle il solletico.

– Oh. – mormorai.
Era una scena divertente ma a me non faceva ridere, perché Marco non mi faceva ridere.

Mangiai la mia adorata frutta, mi vestii e presi il guinzaglio di Spettro.
– Esci? – mi chiese Marta.
– Sì, andiamo a fare un giro. – le sorrisi, ma non le chiesi di venire, la volevo lasciare un po' da sola con il suo amico.

Odiavo Marco ma sapevo che la facesse divertire, quindi mi sentii in dovere di lasciarle un po' di spazio con lui. Durante il giorno si doveva sempre subire le parole acide che ci rivolgevamo a vicenda, quindi le volevo dare un po' di tregua. Non doveva essere piacevole vedere i tuoi amici farsi la guerra dalla mattina alla sera.


Scesi dalla metro a Piazza di Spagna, e il sole batteva sulla scalinata rendendola ancora più bella. Mi guardai intorno, chiedendomi quale fosse la futura casa di Marco.

A distogliermi dai miei pensieri fu ovviamente il mio cane, che mi fece letteralmente staccare i piedi da terra, trascinandomi con la sua forza.
Aveva iniziato a tirare e a correre, e fui costretta a fare altrettanto. Non facevo altro che chiedere scusa a destra e a manca, a tutte le persone contro cui andavo a sbattere per colpa di Spettro.

Poi finalmente capii quale fosse la questione: Lady. Non appena la cagnolina ci vide iniziò a tirare Andrea verso di noi. I golden retriever iniziarono ad abbaiare e a saltarsi addosso, giocando.

– Emma! – esclamò sorpreso il ragazzo.
– Ciao. Mi ha fatto attraversare tutta la piazza correndo, per lei. – dissi ridacchiando, accarezzando Lady.
– Credo che si siano innamorati. – rise Andrea.
– Già. E non so se sia un bene o un male. – dissi sincera.
Quando Spettro si metteva in testa una cosa era la fine, mi avrebbe fatto correre per tutta Roma per cercarla.

Andrea rise e rimasi un attimo a studiarlo. Il vento di ottobre gli scompigliava i capelli dorati, i suoi occhi di quel profondo blu e il suo sorriso erano disarmanti. Indossava solamente una camicia bianca di lino, infilata in dei pantaloni blu. Riuscii ad intravedere il suo fisico tonico e ancora stranamente abbronzato. Ma da dove veniva quello? E non aveva freddo? Una signora vicino a noi iniziò ad urlare, e dovetti staccare gli occhi da Andrea.

– Aiuto! – urlava disperata, con la sua bambina tra le braccia che sembrava essere svenuta. Andrea corse verso di lei ed io feci lo stesso.
– Che è successo? – le chiese, prendendo la bambina e posandola a terra. Non avrà avuto più di dieci anni, ed era inerme sui sampietrini.
– Io... non lo so... d'improvviso ha perso i sensi. – disse la madre nel panico più totale.
– Sono un medico, le posso dare un'occhiata. – disse Andrea, ed io rimasi a bocca aperta. Non potevo crederci, la cosa faceva paura sul serio. Andrea era un medico.
– Oh, grazie al cielo. – la donna sembrò essere un po' più sollevata, mentre Andrea toccava la bambina dappertutto.
– Cosa credi che abbia? – gli chiesi, accucciandomi sulla bambina.
Andrea non mi rispose e continuò a rigirarla con un'espressione confusa.
– Signora, alla bambina capita spesso di svenire? – le chiesi.
– No. – mi rispose.
– Ha sbattuto la testa? – le chiesi ancora.
– No, stava benissimo un attimo fa. Per fortuna sono riuscita ad afferrarla al volo. – mi spiegò la madre. Mi scambiai uno sguardo con Andrea.
– Allora se è così ci deve essere un problema all'interno, qualcosa di serio. – disse lui.
– Chiama un'ambulanza, Emma. – mi porse il suo telefono e io feci come mi aveva detto. Restò accanto alla bambina ed io cercai di rassicurare la madre fino a che l'ambulanza non arrivò, portandole via.


Odi et amoWhere stories live. Discover now