Capitolo 2

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Non mi sentivo molto in forma, avevo mal di testa e le gambe molli. Non ero in vena di correre. Mio padre continuava a rimproverarmi perché non seguivo lo stile di vita di un atleta: andare a letto presto, evitare gli alcolici e le canne, e seguire un regime alimentare sano ed equilibrato. Ma io non ce la facevo. Mi sentivo oppresso. Ero giovane e volevo divertirmi. Mi piaceva l'atletica, era il mio sogno, ma volevo anche godermi la mia età.

Quella domenica non ci stavo proprio ne con la testa ne tanto meno con il fisico. Il mio allenatore, Giorgio, se ne era accorto subito, fin dal riscaldamento facevo fatica a correre e a tenere gli occhi aperti. Se non fosse stato per Samuele, il mio compagno di squadra che gareggiava per i 400 metri, sarei crollato sulla pista più di qualche volta. Lui cercava di tenermi sveglio, raccontandomi delle barzellette, una toccava pure Anna Valenti, la nostra compagna di squadra che vinceva tutte le gare e che durante il riscaldamento ci stava a pochi passi di distanza. Lei era sempre stata il bersaglio di tutta la squadra. Era la ragazza più forte e talentuosa che avessi mai visto, solo che si dava molte arie per questo veniva emarginata, nessuno la invitava mai ad una festa e in più non condivideva mai nulla con la squadra, a mala pena si cambiava in spogliatoio e scappava subito. Era piuttosto strana, tanto che era facile inventare barzellette divertenti su di lei. Anche se ammetto alcune erano davvero offensive. Ma era il nostro divertimento.

Al termine del riscaldamento Giorgio mi portò un bicchiere colmo di qualcosa che sapeva un odore nauseabondo.

-Bevi, taci, questa è l'ultima volta o sei fuori- disse con tono arrabbiato e infastidito. Non mi disse di preciso cosa ci fosse dentro, ma un uovo era sicuro. Fui costretto a bere. Mi sentii meglio dopo un paio di minuti, credo che quella fosse una bomba post sbornia davvero potente.

Mano a mano che mi scaldavo e facevo esercizi prima della partenza della mia batteria, i mille metri, mi sentivo sempre meglio, riacquistavo forze e la testa mi faceva sempre meno male.

Nella linea di partenza ero quasi del tutto ristabilito. Samuele aveva appena vinto i 400 metri e ora faceva il tifo per me. Anna aveva seminato tutti per l'ennesima volta, persino Giulia Gatto che era la sua seconda, era rimasta indietro, mentre tutti speravamo che una buona volta la battesse per farle abbassare la boria. Quando volsi lo sguardo sugli spalti poco prima della partenza, in cerca degli occhi attenti di mio padre, vidi Anna abbracciare Riccardo Zanetti, il mio compagno di classe gay. Come facevano quei due a conoscersi, non ne avevo la più pallida idea, ma sembravano molto uniti. Che strano? Non avrei mai detto che una come Anna potesse avere amici. Comunque non potei soffermarmi troppo a riflettere, il giudice sparò e la gara iniziò. Mi misi subito in mezzo al gruppo, non potevo sforzarmi troppo, sentivo che le forze potevano abbandonarmi da un momento all'altro, quindi dovevo controllarmi. Al primo giro l'andatura era abbastanza tranquilla, nessuno voleva buttare via energie troppo presto. Dal secondo giro iniziai a maledire gli dei dell'Olimpo tra me e me, due miei avversari accelerarono, io provai ad accodarmi a loro mentre gli altri stavano cominciando a restare indietro. Scorsi lo sguardo di Giorgio a bordo pista, era arrabbiato con me perché sapeva che avrei potuto fare meglio, avevo le capacità per battere quei due se non mi fossi sbronzato la sera prima. Mi sentii quasi male al solo sguardo di Giorgio, al quale dagli spalti si aggiungeva quello di mio padre. Dovevo dimostrare che potevo fare bene anche divertendomi fuori dall'atletica. Superai il primo dei due. Avevo il viso in fiamme e le gambe che bruciavano per lo sforzo. Il fiato cominciava a farsi più affaticato, ma dovevo tenere duro. Gli ultimi duecento metri furono i più duri, non ce la facevo più, ma il mio obiettivo oramai era guadagnarmi almeno il podio. Strinsi i denti e corsi. Attraversai il traguardo per secondo con il terzo che era un passo dietro di me e il primo ad almeno dieci. Mi accasciai ai bordi della pista, quasi in lacrime per lo sforzo, ma non potevo lacrimare, altrimenti sarei apparso debole. Mi trattenni. Ero esausto. La testa pulsava per il caldo e lo sforzo e i muscoli mi facevano così male che non sarei riuscito ad alzarmi da solo molto presto. Giorgio corse verso di me insieme a Samuele, mi versarono un po di acqua tiepida da una borraccia sul viso. Mi sentii meglio e Samuele mi aiutò ad alzarmi.

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