Capitolo 38

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Tornai a casa tre giorni dopo l'operazione e mi vergognai. I vicini mi osservarono mentre rientravo a casa con le stampelle, già non mi era mai piaciuto essere al centro dell'attenzione, ma in quella situazione in cui apparivo debole e ferita mi dava ancora di più sui nervi. Quando poi raggiunsi camera mia, mi accorsi che qualcosa mancava e mi apparve vuota, come vuota mi sentivo io. I miei trofei erano spariti tutti.

-Sono giù in garage dentro uno scatolone- mi disse mia mamma mentre si avvicinava a me per aiutarmi a spogliarmi -La mia amica Carla mi ha consigliato di togliere momentaneamente i tuoi trofei. Quando sarai pronta potrai riportarli qui-.

-Grazie- riuscii a rispondere con un filo di voce. Mi accorsi che mia mamma aveva fatto bene. Dentro di me sentivo ancora una forte rabbia ribollirmi nelle vene, il solo pensiero dell'atletica scatenava in me un odio senza precedenti. Se avessi visto i miei trofei, probabilmente li avrei scaraventati fuori dalla finestra, almeno così erano salvi. Forse non avrei più riaperto lo scatolone, ma così era meglio che averli distrutti.

Mi sentivo davvero imbranata nei movimenti. E' buffo, per anni avevo dato per scontato che il mio corpo fosse una macchina perfetta e forte, ma adesso, dopo la caduta, mi rendevo conto di non essere invincibile: mi faceva male tutto anche nei più piccoli e semplici movimenti.

Mia mamma provò ad accompagnarmi in doccia, ma io la scansai, non ero handicappata, potevo farcela, bastava abituarsi all'idea di avere delle parti di sé fuori uso. Avvolsi il gesso all'interno di un'impermeabile e mi misi sotto il getto. Il getto. Mi ritornò in mente quella volta in cui Lorenzo mi aveva presa sotto la doccia, solo pochi giorni prima. Era stato fantastico. Mentre ora era devastante. Urlai. Mia mamma corse in bagno e io mi rannicchiai sull'angolo della doccia senza chiudere il rubinetto.

-Cosa succede? Ti sei fatta male?- mia mamma spaventata aprì la porta della doccia.

-No- la voce mi tremava.

-E allora?- non capiva -Ti do una mano?-.

-No, ce la faccio da sola- le dissi alzando la testa -Ma potresti uscire, mi vergogno-.

-Sono tua madre e tu hai urlato, per cosa poi?-.

-Niente- era per Lorenzo che mi tornava alla mente nudo e bagnato.

Cazzo! Ma perché? Teoricamente lo odiavo.

Mia mamma uscì lentamente dal bagno e socchiuse la porta. Io mi rialzai, mi lavai rapidamente e mi rivestii.

Per fortuna che era estate, era più facile indossare i pantaloncini corti con il gesso, ma lo sarebbe stato ancora di più, se non avessi avuto anche una costola dolorante,. Ogni movimento delle braccia o del busto mi provocava fitte di dolore, in fondo avevo una bella botta violacea in centro al petto! Il medico mi aveva assicurato che in un paio di giorni con una pomata si sarebbe alleviato il gonfiore. Il problema principale era muovermi con la caviglia in quello stato. Mi sentivo come una vecchia , senza contare le medicine che dovevo assumere! Fino a due giorni prima una pastiglia la vedevo solo in caso di influenza e a volte nemmeno la prendevo. Ora mi sembrava di avere la giornata scandita in base agli orari in cui dovevo prendere le pastiglie e i giorni in base alle terapie che dovevo seguire. Già dopo pochi giorni era fissata la mia prima seduta di tecar terapia. Desideravo guarire in fretta solo per togliermi l'aria da malata. Una attiva come me non poteva ritrovarsi bloccata per molto, rischiavo veramente di scoppiare e fare fuori qualcosa.

Ogni pasto poi mia mamma si divertiva a servirmi il suo piatto preferito: minestrina di verdure. Giusto, dovevo mangiare solo cibi morbidi e mia mamma era costretta a frullarmi la carne, altrimenti non sarei riuscita a mangiarla senza accusare dolore al ventre, un vero divertimento!

Corri da meWhere stories live. Discover now