Capitolo 27

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Arrivò il fatidico venerdì 8 luglio, quasi non chiusi occhio quella notte. Samuele era agitato quanto me. 2150 atleti, quasi 180 nazioni, il solo pensarci mi metteva il panico. Mi alzai con giramenti di testa, gambe molli e il fiato corto, un buon inizio! Indossai la divisa da gara e mi assalì il panico. Ero davvero un membro della nazionale, indossavo il body azzurro e bianco. Samuele mi affiancò davanti allo specchio, eravamo davvero pronti? Io non ero del tutto sicuro, ma se ero riuscito a cambiare abbastanza da avere una ragazza fissa e vivere due mesi in astinenza, probabilmente l'impresa di correre i mondiali non era del tutto una cattiva idea. Stavo cambiando, stavo crescendo, ciò significava che era normale che la mia vita richiedesse più impegno.

Samuele mi batté la spalla e scendemmo in sala da pranzo. Trovai Anna che si serviva la colazione insieme a un perplesso Ivan. Era affamata come al solito, ingurgitava più chilo calorie la mattina che il resto della giornata, tazza di latte con cereali, fette biscottate con marmellata, yogurt, brioche e frutta fresca. Io alla mattina quasi non riuscivo a mettere in bocca niente, lei spazzolava mezzo tavolo di buffet. Mi servii con un po' di te e fette biscottate e presi posto vicino a lei.

-Mamma quanto mangi!- fu il commento di Samuele quando si sedette davanti ad Anna. Anche a lui quella mattina si era bloccato lo stomaco, non si era preso una colazione molto sostanziosa.

Io appoggiai la mia colazione al tavolo e la baciai. Il suo alito sapeva da latte e cereali.

-Ho fame e poi ho bisogno di carburante per oggi!- rispose a Samuele dopo il mio bacio.

-Ma non sei un po' emozionata?- Ivan continuava ad osservare stupefatto la voracità della mia ragazza mentre addentava una fetta biscottata con la marmellata di more, persino Samuele non riusciva a capacitarsi del comportamento di Anna, calcolando che di solito le donne possono sembrare più schizzinose nei confronti del cibo per paura di ingrassare.

-Si, ma ho fame- gli rispose con il boccone in bocca.

Samuele e Ivan si rassegnarono. Per loro Anna era proprio strana, lo era anche per me in effetti, ma era proprio una particolarità che mi piaceva.

-Pronti a farci fare il culo?- disse Samuele, sembrava depresso.

-No, sono pronta a fare il culo agli altri, è diverso- ecco la competizione che accendeva gli occhi di Anna e che gli fungeva da sostanza dopante naturale. Ennesima battuta che spiazzò tutti -Siamo qui per scatenare l'inferno, non per partecipare, altrimenti non sarei nemmeno qui!-.

Io, Samuele e Ivan rimanemmo in silenzio. Anna aveva ragione, se eravamo arrivati fino lì, significava che avevamo le capacità per affrontare quella competizione. Dovevamo sputare sangue, le altre nazioni incutevano paura, ma questa paura non doveva sopraffarci. Eravamo lì, tanto valeva combattere. I nostri avversari sicuramente erano spaventati quanto noi da quella gara, quindi nonostante la differenza di nazionalità e prestanza fisica, ci accomunava la stessa ansia, da quel punto di vista partivamo alla pari.

Terminai di mangiare in fretta quel poco che mi ero preso, Anna era talmente scatenata che non riusciva a stare ferma con il culo sulla sedia più di qualche minuto. Così io, Samuele e Ivan per starle al passo ingoiammo ogni boccone velocemente.

Ci dirigemmo in pista insieme ai nostri compagni, l'aria era carica di tensione, il gruppo non si dimostrò chiacchierone come i giorni precedenti durante gli allenamenti. Tutti nel panico. Fantastico! Tutto il mondo in una pista, tutti i colori di epidermide contenuti in pochi metri quadrati verdi. La mia teoria era corretta, gli atleti di ogni stato erano con le molle sotto i piedi per l'agitazione, chiaro segnale di ansia.

Anna depositò le sue cose nella zona riservata con la nostra bandiera, sembrava non stare più nella pelle, se l'avessimo legata da qualche parte per farla stare ferma, avrebbe trovato il modo per liberarsi. Doveva correre, era una sua necessità. Io in confronto mi sentivo mezzo bradipo.

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