Capitolo 4

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Il giorno dopo mi svegliai ancora stanco. Non ero riuscito a dormire bene pensando alla sera prima. Mio padre appena mi vide scendere in cucina per la colazione, mi fece subito una serie di domande su come era andata la sera prima. Io gli risposi a monosillabi e lui si arrabbiò ancora di più. Secondo lui stavo rovinando la mia vita andando a bere fino a tardi, non gli avevo mai raccontato di tutte le ragazze con cui mi ero divertito perché temevo si sarebbe infuriato ancora di più. Pensava che con i divertimenti che avevo, mi sarei rovinato la vita, avevo del potenziale che stava andando bruciato.

Dopo la colazione uscii di casa sbattendo la porta e urlando a mia madre che non sarei tornato a casa fino a sera. Lei provò a fermarmi, non le piaceva quando io e mio padre litigavamo e me ne andavo via di casa così arrabbiato. Ma in quelle circostanze uscire di casa era la soluzione migliore per me.

A scuola poi fu un tedio, le lezioni si susseguirono lentamente. O almeno così credevo perché ci furono interrogazioni a tutte le ore in cui io non ero interessato. Rimasi in silenzio ad osservare fuori dalla finestra. Cosa mi stava succedendo? Pensavo alla sera prima, al fiasco completo che avevo fatto e che non mi era mai accaduto prima. Probabilmente era davvero come aveva detto Samuele: ero stanco. Mi sentivo stanco, era vero. In fin dei conti Stefano non faceva nulla dalla mattina alla sera, studiava il minimo indispensabile per raggiungere la sufficienza perché a lui non importava nulla della scuola e dei voti. Lui voleva divertirsi, diceva che la vita è troppo breve per seguire gli schemi imposti dalla società. In parte aveva ragione e io mi ero sempre divertito alla sera con lui, mi piaceva passare da una ragazza all'altra, non ero mai stato due volte con la stessa, a parte sua cugina Giada. Per me era solo un passatempo, non ci tenevo a impegnarmi con nessuna. Mi bastava già mio padre a tenermi alla catena, non volevo anche una morosa fissa che mi bloccava, mi diceva cosa fare e con chi divertirmi, perché si sarebbe ridotto così, avrei dovuto stare solo con lei senza godermi più il panorama. C'era così tanta scelta ogni giorno che non potevo fermarmi ad una sola.

Durante la ricreazione andai con Stefano al bar e lui mi presentò l'ennesima ragazza squillo. Nel mio liceo era pieno, si passavano per brave ragazze di buona famiglia, sofisticate, un po' frigide e tirate, che puntavano al pollo con i soldi, ma in realtà volevano solo sesso. Questa era la solita alta, magra, castana, capelli lunghi e dritti, truccata ed emanava un profumo dolce. Ormai ero abituato ad identificare una facile dal profumo. Doveva essere dolce e classico, più era sofisticato più la tipa era ingessata. Proprio come questa, probabilmente aveva usato la fragranza di sua madre, perché era troppo da donna matura. Ma lei voleva apparire così. Non mi dispiacevano le ragazze che giocavano a fare le grandi. Mi fece subito gli occhi languidi e alla fine della ricreazione mi diede il suo numero scritto su un pezzo di carta che mi infilai nella tasca dei pantaloni.

Tornai in classe che stava arrivando il professore. Vidi Riccardo chino sul libro di letteratura latina, doveva essere interrogato a quell'ora. Era il più bravo della classe, ogni tanto studiavamo insieme. Non volli disturbarlo, ma nella mente mi comparve un pensiero: Anna. Mi sedetti al mio posto.

Era da quattro anni che io e Riccardo eravamo in classe insieme, non dico che lo consideravo proprio un amico, spesso temevo che lui essendo gay potesse corteggiarmi, ma andavamo d'accordo. Eppure in quei quattro anni non avevo mai saputo che lui fosse amico di Anna. Insomma passavo con lui le ore di scuola, a volte anche dei pomeriggi di studio, con lei mi allenavo ore e non sapevo della loro amicizia. Quasi me ne vergognai, era come se non conoscessi realmente nessuno dei due. Di Anna si sentivano tante storie in squadra, ma quante di quelle storie erano vere? Anna era l'unica della mia squadra che non mi aveva mai fatto un servizietto eppure le ragazze dicevano che lei si divertiva con Ettore e Giorgio, i nostri allenatori. Non mi era mai sembrata tipa a prima vista da fare cose simili, ma spesso quelle che meno appaiono in un modo, sono quelle che lo celano.

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