Capitolo 43

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Lo amavo e non volevo più scappare. Non avrei più cercato di nasconderlo, perché ne avrei sofferto e basta. Raccontai a mia mamma com'era andata la sentenza e lei fu ben contenta del suo esito. Finalmente quelle due vipere avevano avuto la punizione che si meritavano.

Ma come ben si sa, mia mamma era più interessata a conoscere i dettagli del mio incontro con Samuele e Lorenzo, in particolare con quest'ultimo.

-Mamma sono cotta di lui, è una tortura stargli distante, sapere che può guardarsi intorno- esplosi mentre eravamo sedute in camera mia, io sulla sedia vicino alla scrivania e lei sul mio letto, con tanto di porta chiusa perché mio papà era in cucina a preparare la cena e io non volevo sentisse.

Da quella battuta, dovetti cominciare il resoconto recitato di tutte le affermazioni di Lorenzo, in modo che lei potesse analizzare meglio la faccenda. E la sua espressione dal mio racconto cambiava continuamente, neanche fosse un'attrice professionista.

-Lo devo vedere- e mi alzai in piedi alla fine.

-Fermati- mi comandò alzando la mano, io mi risedetti anche se le mie gambe tremavano per l'agitazione -Se ti ha detto che devi dimostrargli affetto può voler dire che lui sta aspettando che tu ti muova, ma nel frattempo non si muove con nessuna-.

-Può essere infatti, ma non è detto che sarà così- e mi rimisi in piedi.

-Calmati- mi disse rialzando la mano -A piccoli passi, come ha fatto lui-.

-Che è partito in quarta- ero iperattiva con gli ormoni che compivano giravolte e salti mortali in corpo.

-Vero, devo tenere presente i vostri ormoni adolescenziali- e si massaggiò sotto il mento in pensiero -Mamma!- le urlai -Devo vederlo-.

-Per stanotte ti darò delle gocce per dormire, non devi muoverti da casa-.

-E se gli telefono?-.

-Può essere un'idea peccato che sei in pre-ciclo, rischieresti di comportarti in modo troppo impulsivo-.

-Più che impulsivo, sarei sincera- mi difesi.

-Impulsiva- confermò mia madre -Ma aspetta, hai detto che domani torna in pista e lì avete una palestra, potresti andare lì per fare gli esercizi che ti ha dato da fare il fisioterapista, in fondo sei tesserata fino alla fine dell'anno-.

-Cavolo! Hai ragione, farò così, andrò lì per le nove del mattino come al solito, però devo chiamare anche Ettore per informarlo-.

Mia mamma fu d'accordo e il tempo prima di cena lo trascorsi a fare telefonate. Il fisioterapista mi spiegò come fare gli esercizi e quali fare, io per fortuna conoscevo tutte le attrezzature quindi le sue terminologie non mi suonavano estranee. Poi chiamai Ettore che fu ben contento di sentirmi e disse che non vedeva l'ora di vedermi per assicurarsi che io fossi pronta a tornare.

Infine chiamai Francesca, dovevo scusarmi con lei. Lei non mi rispose. Sembrava sempre che mi buttasse giù il telefono, ciò significava che non voleva parlare con me e io necessitavo di una nuova tattica.

La mattina seguente mi alzai alle sette, feci una veloce colazione, mi cambiai e preparai la borsa. Rivedere quei vestiti e quelle scarpe mi provocò una strana sensazione nella bocca dello stomaco. Ero pronta oppure no? Mi tornò in mente il ricordo del calcio, il suono della mia caviglia e il piede di Asia contro il mio ventre. Provai a concentrarmi sulle cose belle invece che su quelle brutte e vidi il volto di Lorenzo, il suo sguardo e il tocco della mia pelle contro la sua. E poi c'era anche Samuele. Se tornavo a correre lo avrei fatto anche per loro. Ricordai il loro volto, la loro espressione e le parole di Samuele. Dovevo tornare a correre. Mi stavano aspettando. Qualcuno credeva ancora in me e non potevo deluderlo o avrei deluso anche me stessa. Più di un mese ferma e non ce la facevo più. Un corpo allenato a muoversi, non sopportava un periodo così lungo di fermo obbligato.

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