2.3 Green Eyes

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Rebecca's Pov

Los Angeles è una città descritta come tranquilla, pacata e come un luogo in cui hipster e vegani si ritrovano per cercare la pace dei sensi guardando i tramonti caldi e affascinanti di Venice Beach e spendendo dieci dollari per una singola porzione di guacamole biologico.

Ma Los Angeles non è come la descrivono o come l'hanno sempre raccontata. C'è un alto tasso di criminalità, non appena esci dal centro della città ti ritrovi nelle zone pericolose delle gang, c'è sempre rumore e musica alta ovunque tu vada, il traffico è ingestibile, le persone sono principalmente false o nullafacenti e diciamo che di pacato e tranquillo non hanno niente.

Quando lavoravo come truffatrice ero abituata a quello stile di vita, io stessa ero molto più agitata come persona, la mia vita era un continuo cercare persone rumorose e sfarzose, anche se le ho sempre ripudiate. E Los Angeles era perfetta, tutti qui sanno usare il prossimo senza rimorsi. Ora che però non devo più lavorare così, ho deciso di scegliere uno dei lavori più calmi e tranquilli mai esistiti.

O così pensavo.

"Hai tre secondi per rimettere al suo posto quel libro prima che ti colpisca con esso" Sento Harry urlare mentre io sospiro alzando gli occhi dal mio libro che sto studiando nella mia pausa pranzo.

"Harry ti prego, ho un esame tra quattr-" Lo prego ma di nuovo la sua voce stridula alle mie spalle mi interrompe.
"Ragazzino, ti sto guardando, lo so che sei tu quello che unge i libri con le tue dita sporche" Lo accusa il ricciolo ed io mi volto notando un bambino probabilmente sugli otto anni il quale sta cercando di scegliere un libro da leggere mentre Harry lo punta minacciosamente.

Quando ho scelto di lavorare in una libreria la mia idea era quella di poter vivere nella tranquillità e nel silenzio degli scaffali stracolmi di libri, con il pacifico odore di carta a riempirmi il naso e la gentilezza dei clienti colti e pacati che sarebbero venuti a chiedermi informazioni.

Forse sarebbe anche potuto essere così ma purtroppo non avevo calcolato il fattore Harry.

Harry non ha mai lavorato in vita sua, non sapeva neanche cosa fosse lavorare per qualcuno, è sempre stato abituato ad avere soldi senza neanche chiederli, è cresciuto coccolato e viziato. Ma da quando suo padre ha smesso di finanziarlo ha scoperto, non con troppa felicità, che per vivere bisogna lavorare e visto che aveva troppa paura a farlo da solo, ha cominciato a lavorare in libreria con me.

"Hey tu" Richiamo il bambino il quale posa i suoi occhi scuri su di me guardandomi spaventato mentre stringe tra le mani il suo libro.
"Per quel libro sono dieci dollari, se lo sporchi con i rimasugli di formaggio che hai sulle mani diventano quindici, vedi tu" Lo avviso e subito il bambino corre alla cassa davanti a Harry lasciando una banconota sul tavolo e correndo via spaventato.

"Come fai a gestire così bene i bambini ogni volta?" Mi domanda il ricciolo mentre prende un sorso del suo the freddo.
"Semplice, sono cresciuta con Ashton, Michael e Luke" Rispondo concludendo l'ultima riga del paragrafo sottolineato per poi allungarmi sulla sedia sentendo mal di schiena per la posizione scomoda.

"Voi due chiacchierate tanto ma lavorate sempre poco" Si lamenta Bruno entrando nella libreria appoggiandosi sul suo bastone in legno nero e guardandoci tutto ricurvo dalle lenti spesse dei suoi occhiali da vista tondeggianti.
Sorrido salutando il nostro datore di lavoro il quale ogni giorno passa per una decina di minuti per controllare che nessuno sia stato ucciso e che i libri siano ancora intatti e non a fuoco.

"Come se ci fosse tanto da lavorare di solito" Commenta Harry divertito per poi essere colpito dal bastone del vecchio ultra novantenne.
Bruno è un personaggio molto particolare, ha aperto questa libreria quando aveva venticinque anni, non ho mai capito perché lo ha fatto visto che si stava laureando in medicina, ma all'improvviso ha mollato tutto per aprire questo buco. Non ama particolarmente i libri dunque la cosa è ancora più strana, ma quando ho chiesto se potevo lavorare qui è stato felicissimo. Mi ha detto che aspettava da anni qualcuno come me, non ho mai capito neanche questa frase, ma Bruno è un soggetto molto vago.

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