• Capitolo 16 •

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La sera domenicale le era sempre sembrata tranquilla, estetica e rilassante, ma solo se passata per un po' all'aperto.
Si era informata e aveva scoperto che c'era una terrazza sul tetto della BigHit e, in quel momento, con tanto di cappotto e sciarpa, si stava recando proprio lì, per pensare a ciò che avrebbe dovuto fare con sua madre: sperava che andasse tutto per il meglio, anche se aveva visto soltanto un piccolo spiraglio di luce infondo al tunnel.
Inoltre, aveva letto diverse notizie scoop su internet, riguardo all'arrivo di nuovi tutor alla BigHit per i BTS, ma quasi tutte le informazioni erano precarie o false.
Si era anche messa a ridacchiare, constatando che gli ARMYs erano completamente fuori strada e immaginando quale sarebbe stata la loro reazione se solo avessero scoperto che era lei l'unica tutori dei stimatissimi ragazzi.
Tra i suoi pensieri e le sue preoccupazioni, arrivò alla terrazza dell'edificio: era spoglia, ma stranamente tenuta bene ed aveva una meravigliosa veduta della città.
Infatti, si avvicinò al cornicione, al quale si appoggiò con i gomiti.
Le luci della città, i suoni della vita, le macchine, gli aerei, i passanti, le discoteche, i pub, il lontano Itaewon: era la sua vita, dove era cresciuta, doveva aveva fatto tutte le esperienze possibili e immaginabili, anche quelle che, tornando indietro, avrebbe evitato di sperimentare.
Un senso di malinconia le pervase il petto: le mancava casa sua, non quella di qualche settimana prima, bensì quella piena di risa, scherzi, tranquillità e l'amore di una famiglia sana e perfetta, creata dall'amore di un padre, portato via da un ubriaco in una sera estiva, e di una madre, logorata dalla malattia, che cercavano di curare, lei in primo piano.
Sospirò: sarebbe mai riuscita a salvare la sua mamma, quella che l'aveva sempre confortata, viziata e aiutata anche dopo la morte di suo padre?
Tutti gli sforzi che stava facendo sarebbero serviti tre settimane dopo?
Non era triste, ma non poteva considerarsi felice: si sentiva sola, anche se non lo era.
Aveva bisogno di qualcuno che l'aiutasse a combattere e aveva bisogno dei soldi per pagare l'intervento a sua madre.
Lasciò andare le lacrime che aveva trattenuto fino ad allora e la vista le si offuscò, fin quando non sentì una voce familiare arrivare dalla rampa delle scale.
« Abbiamo lo stesso lavoro, io e te. Dovresti essere la prima a capirmi o forse le nostre agenzie lavorano diversamente.
In ogni caso, sai che quando sarò libero ti chiamerò e potremo vederci. »
Sentì dire e le sembrò la voce di Jimin, ma non si voleva voltare: magari era una chiamata privata, ma non poteva far capire che stesse "origliando", soprattutto perché le parole che disse erano abbastanza sconvolgenti.
Con chi stava parlando?

Con chi stava parlando?

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Choreographer { Park Jimin }Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora