• Capitolo 28 •

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« Vaffanculo! »
Sbatté la porta e vi ci appoggiò la testa e la schiena sopra.
Chiuse gli occhi e trattenne un gemito di frustrazione.
Le lacrime iniziarono a rigarle il viso ed i singhiozzi non le permisero di restare in piedi: si lasciò scivolare sul legno fino a sedersi a terra.
Era innamorata di quel ragazzo, il suo cuore batteva a mille, il suo stomaco era in subbuglio, il cervello le si stava fondendo quando era davanti a lui, ma era andata via, non per colpa sua.
Non meritava di ricevere un'altra bugia: lo scandalo della YG era un problema da dover prendere con le pinze e lei non era pronta a vedere gli sguardi sorpresi e delusi dei ragazzi, soprattutto di Jimin.
Lo vedeva come il gioiello più fragile tra le sette pietre preziose che stava aiutando, forse perché era innamorata, perché la faceva sentire speciale con gli sguardi di ammirazione che riceveva da lui, ma anche perché sapeva quello che aveva passato.
Si mise le mani tra i capelli: il suo passato era una palla al piede, di quelle pesanti e impossibili da slacciare.
Stava quasi per baciare Jimin, ma non poteva permettersi di farlo davvero.
Non sapeva che fare: dire la verità a Jimin e poi agli altri?
Ho-ji e Da-mi le avevano detto di farlo quando si sarebbe sentita pronta, ma lei sapeva di non poterlo mai essere davvero.
Doveva togliere la sanguisuga al più presto, altrimenti avrebbe sofferto nascosta dietro ad un velo di determinazione e bellezza, che temeva sarebbe stato stracciato proprio dai BTS, ed in particolare modo da Jimin, che si contorceva le mani nella sua stanza.

"Ho quasi baciato Yi-eun." Continuava a pensare, seduto al tavolo della cucina.
Aveva la testa tra le mani e le labbra tra i denti.
Voleva parlarle, il suo cuore diceva di correre da lei, ma non sapeva se lei ne avesse bisogno in quel momento.
Tuttavia, i suoi sentimenti per quella ragazza stavano sfondando ogni muro che si era creato per rimanere distaccato dal suo cuore, come se fossero fatti di carta.
Così mandò al diavolo tutto i suoi schemi: non era sul palco e nemmeno in sala prove. Si trattava di lui e di Yi-eun, l'unica che era riuscita a capirlo ed ad aiutarlo.
Da quando c'era lei tutto era andato per il meglio: la salute fisica e anche quella mentale. Non poteva permettersi di lasciarla sola, anche se lei non voleva parlargli. Doveva almeno provarci.
Si alzò, infilandosi la giacca, le scarpe e prendendo la chiave magnetica.
Quando avanzò verso il suo appartamento temeva che si fosse addormentata, ma dentro di lui sapeva che non era così.
Avanzò nel corridoio in penombra fino alla porta di Yi-eun, che era rimasta accovacciata lì da ore, piangendo e riflettendo su ciò che avrebbe dovuto fare, ma presto Jimin le sconvolse la mente.

Aspettava un segno, un qualcosa che le avrebbe fatto capire quale fosse la cosa giusta da fare.
Quando sentì delle nocche bussare alla sua porta sbarrò gli occhi.
« Ehi, Yi-eun, sono Jimin. So che non stai dormendo e che non sei abituata a buttare fuori tutto, ma forse è la cosa giusta da fare. Non sei sola, non cammini mai sola.»
Il suo cuore batteva forte e si chiese se si fosse addormentata e se quello era tutto un sogno, ma il dolore che provava era troppo forte per essere empireo.
« Se non vuoi parlarne va bene comunque, ma non ignorarmi più, okay? »
Jimin aspettò qualche secondo, ma alla fine rinunciò. A malincuore, sospirò e fece per tornare in camera sua, ma la porta dietro alle sue spalle fu aperta.
Voltò prima il capo dietro di sé e poi tutto il suo corpo.
Gli tremò il cuore a vedere il viso di Yi-eun solcato da interminabili lacrime.
Non ci pensò nemmeno due volte, avanzò verso di lei e entrò nel suo appartamento.
La guardò curioso e con tanta pietà: il suo cuore doleva nel vederla così.
« Jimin, io... » Cercò di dire, ma la voce era spezzata dal pianto.
Tuttavia, sembrava che stesse cercando di riporre la tristezza al suo posto, ma quella era come una coperta enorme da infilare dentro una scatola minuscola: più la spingeva dentro e più usciva fuori.
Jimin, a quel punto, le prese il viso tra le mani e le asciugò le lacrime con i pollici, guardandola negli occhi.
Yi-eun rabbrividì, sia per gli anelli freddi del ragazzo sulle sue guance rosse e sia per il suo sguardo: era lo sguardo più innamorato e rassicurante che avesse mai catturato.
« Devo dirti una cosa. » Sussurrò allora, respirando forte per trovare il coraggio.
Il ragazzo annuì per incoraggiarla.
« Io stavo per- »
Tuttavia, tutto il coraggio e la forza che aveva trovato per dirgli la verità vennero spezzati da un suono ripetitivo e acuto.
Il suo cuore cominciò a battere forte: il suo telefono non squillava mai a quell'ora della notte, quindi non significava niente di buono.
Jimin la lasciò andare, guardando il suo sguardo terrorizzato fissare lo schermo del telefono sul tavolo della cucina.

Chiamata in arrivo:
Ospedale di Seoul

Yi-eun si affrettò a rispondere
« Pronto? »
Jimin la guardò, mentre teneva una mano sul petto per cercare di regolarizzare il suo respiro.
Non riusciva a sentire nulla di quello che il mittente della chiamata stava dicendo, ma lo sguardo della ragazza diceva più di mille parole.
Passarono pochi secondi prima che Yi-eun deglutì a fatica, mentre i suoi occhi si inondavano di lacrime
« Arrivo subito. »
Jimin sapeva che stava succedendo qualcosa a sua madre.
« Mamma. » Mormorò, mettendo a posto il telefono nella sua borsa, che prese in fretta e furia insieme alla giacca.
« Cosa è successo a tua madre? »
Chiese allora Jimin, andandole a poggiare una mano sul braccio.
« Ha avuto una grave emorragia. Devo correre da lei. »
Rispose ansimando, mentre afferrava velocemente tutto quello che poteva servirle.
« Vengo con te. » La seguì dietro la porta.
« No, Jimin. Domani abbiamo le prove, devi riposare. » Yi-eun avanzò velocemente verso l'ascensore e, nonostante la sua affermazione, Jimin non demordeva.
« Non importa. » La seguì nell'ascensore.
« Jimin, non posso farti venire con me! »
Jimin alzò un sopracciglio
« Decido io per me, Eunnie: voglio venire con te! »
Yi-eun sospirò, poi schiacciò il tasto per il piano terra.
Aveva finito di controbattere, sia perché sapeva che Jimin era una testa dura, ma anche perché aveva bisogno di lui.
Era spaventata a morte, ma Jimin le prese la mano.
« Sono sicuro che andrà tutto bene. »
Yi-eun si voltò a guardarlo, con gli occhi piedi di lacrime.
Non poteva dirgli che non era vero, che tante persone glielo avevano detto, ma nessuna di loro aveva ragione.
Si limitò a sorridergli, ma dovettero sbrigarsi.
Il viaggio in macchina fu silenzioso, ma veloce.
Corsero velocemente dentro l'ospedale e Jimin si dovette travestire: aveva berretto, occhiali e mascherina per non farsi riconoscere.
Non gli importava più di tanto, voleva solo stare con lei e starle vicino.
« Signorina Choi, per fortuna è arrivata! »
Il dottor Park con una cartella in mano avanzò veloce verso di loro.
« Dottore, come sta? » Chiese Yi-eun, con la voce terrorizzata.
« Purtroppo la situazione è critica: ha perso tanto sangue mentre stava facendo la cura per i problemi che le dicevo, prima di sottoporla all'intervento. Ha bisogno di una trasfusione immediata, ma non abbiamo nessun sangue compatibile con il suo.
La prego, mi dica che lei ha il gruppo sanguigno "zero negativo". »
Yi-eun scosse la testa, ancora più terrorizzata
« Sono zero positivo. »
Il dottore si mise una mano sulla fronte e sospirò, ma una voce gli fece rialzare lo sguardo
« Io sono zero negativo, prendete il mio sangue. »
Yi-eun si voltò verso Jimin, incredula.
Jimin aveva tolto la mascherina e gli occhiali.
« Sono Park Jimin. »
Il dottore sorrise e gli strinse velocemente la mano, poi disse
« Mi segua per delle veloci analisi, per controllare che tu stia in salute, prima di procedere al prelievo. »
Jimin non se lo fece ripetere due volte, ma la sua mentre fu assalita da pesanti paranoie: sono in salute, ora? Oppure tutti questi cambiamenti nelle mie abitudini non sono servite a nulla? Sono un idol sano, oppure non è servito a nulla fare tutti questi sacrifici? Yi-eun mi ha veramente cambiato la vita?

Choreographer { Park Jimin }Where stories live. Discover now