🌊 Zarathu, zarathu, zarathu, zarathustr, (Nietzsche, nietzsche, nietzsche) 🌊

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Recensore: kelpie (a.k.a.ciambella198)

Capitoli letti: 1 (su uno)


Buonsalve Wappaddiani e benvenuti all'ultima recensione della Kelpie, prima che si ritiri nel suo bar subacqueo e non esca più, almeno fino alla stagione cruccio di Demetra e letizia di Ade. Direi che chiudiamo in bellezza, quindi non mi posso lamentare più di tanto.


La recensione di oggi riguarda "Zarathu, zarathu, zarathu, zarathustr, (Nietzsche, nietzsche, nietzsche)" di CristianPantano93, con il quale mi scuso per l'attesa. La prassi la sappiamo.


É il secondo testo di questo autore e devo dire di non esserne rimasta affatto delusa. Per i veterani del servizio, mi riferisco a "Questa non è la lettera scarlatta". Le tematiche affrontate nei due tesi non sono distanti e, purtroppo, sono quantomai attuali.

Tuttavia, mentre nello scorso testo si parlava di misoginia nella storia umana, soffermandosi in particolare su alcuni esempi o epoche, sfruttando il tema e le vicende del romanzo "La lettera scarlatta", in questo si affrontano delle sfumature diverse, come la presunta debolezza di un sesso rispetto all'altro e quello che attualmente è chiamato "cat calling".


Credo sia necessario fare un passo indietro. Ho riflettuto molto su come approcciarmi alla recensione di questo testo, da un lato perchè vorrei che le poche anime, così coraggiose da approcciare una kelpie, leggano questo testo, dall'altro in quanto recensire una riflessione, un ragionamento, non è compito facile, e liquidarla con un "raga, è scritta bene ed ha degli spunti interessanti, leggetela" non è nelle mie corde. Cercherò quindi di ripercorrerne i vari passaggi, senza però portarvi le conclusioni, sperando non risulti troppo confusionario, nel mio continuo tentativo di spingervi a leggere il testo.

Come la precedente, non sarà suddivisa nelle solite parti, copertina, sinossi e testo, ma farò un discorso unico, in quanto le tre parti sono comunque legate fra loro.

Senza ulteriori indugi, iniziamo finalmente questa recensione.


La copertina, o meglio, imago di presentazione del testo è una foto, scelta, come riferisce l'autore stesso, in quanto da lui ritenuta come unica super partes. Questo è l'unico punto da me non compreso, e con un autore che seleziona con così cura i termini che utilizza, è lecito chiedersi il motivo: "super partes" è infatti una espressione latina, usata anche in italiano, per indicare un posizione di imparzialità, una posizione indipendente fra due o più parti in opposizione fra loro. Il mio dubbio è se sia stata usata una accezione di neutralità, nel senso del non voler rivelare il significato del gioco di parole del titolo, oppure se sia riferita al soggetto della fotografia, appunto l'autore, che in questo testo si pone come nella figura imparziale che analizza e riporta il fenomeno oggetto della riflessione. Teoricamente, potrebbe anche riflettere entrambe le cose, oppure sono solo io che leggo informazioni dove in realtà non vi sono, facendo la classica figura dell'insegnante di lettere, ma con meno competenza ed un percorso di studi totalmente diverso.

Il testo si focalizza, come preannunciato nella sinossi, nello spiegare che cosa si intende con questo titolo, cominciando da una premessa su chi siano Zarathustra e Nietzsche, come siano collegati, e sfruttando il concetto, coniato non dal secondo, ma da un poeta nostrano, D'Annunzio, il "superuomo", per collegarsi al messaggio centrale, ovvero lo smontare la percezione e visione del mondo nella quale sono presenti un sesso forte, intrinseco già nell'etimologia latina di "vir", ed uno debole. Analizzando nei secoli anche le figure associate alla donna, o al concetto di femminilità, perpetuati nel tempo. Mi ha molto colpito, ed ho apprezzato, il soffermarsi sulla natura dei rapporti umani, caratterizzati da un'alternanza di odio ed amore, con un parallelismo tra Catullo e Celentano, cantante e non cartonizzato.

A questo punto dovrei concludere, seguendo il ragionamento, spiegando a voi il razionale del titolo, cosa che tuttavia mi rifiuterò di fare, in quanto preferisco che dedichiate dieci minuti del vostro tempo a leggere questo testo e scopriate da soli la motivazione. Vi assicuro che in questa recensione ho comunque fornito tutti gli elementi necessari per la sua comprensione, eccetto uno, quello finale.


Concluderò invece dicendo che il testo per me merita di essere visto e, come già abbondantemente affermato in precedenza, lo consiglio.


Ringrazio nuovamente l'autore per avermi sottoposto questo testo e mi complimento ancora una volta per la sua padronanza della nostra lingua.




Anche per oggi, dalla kelpie è tutto.

Ci vediamo alla prossima recensione! 

The Legendary BookWhere stories live. Discover now